Riprendo le interviste ai vescovi delle diocesi italiane sul diaconato permanente e i diaconi delle loro diocesi, pubblicate nella rivista L'Amico del Clero della F.A.C.I. (Federazione tra le Associazioni del Clero in Italia).
Le interviste sono curate da Michele Bennardo.
Michele Bennardo, diacono permanente della diocesi di Susa, ha conseguito il Dottorato in Teologia presso la Pontificia Università Lateranense. È professore di religione cattolica nella scuola pubblica e docente di Didattica delle competenze e di Didattica dell'Insegnamento della Religione Cattolica e Legislazione scolastica all'ISSR della Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale, Sezione parallela di Torino. È autore di numerosi testi e articoli e dal 2005 collabora con L'Amico del Clero.
Ho riportato le varie interviste nel mio sito di testi e documenti.
Nel numero 11 (novembre 2015) de L'Amico del Clero è pubblicata l'intervista al Card. Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze.
Alla domanda "Come giudica per la Chiesa in generale, e per l'arcidiocesi di Firenze in particolare, il ripristino del diaconato permanente?", il card. Betori ha risposto, tra l'altro: «Ritengo un grande dono dello Spirito per la Chiesa la possibilità aperta dal Concilio Vaticano II di ripristinare nelle Chiese particolari il diaconato come grado proprio e permanente della gerarchia (Lumen Gentium, 29). Naturalmente quando dalla proposta si passa all'attuazione, oltre ai benefici si sperimentano anche le difficoltà, ma questo è vero per tante prospettive nuove aperte dal Concilio, un fatto che non ci deve scoraggiare, ma al contrario impegnare a una fedeltà creativa. La Conferenza Episcopale Italiana, come sappiamo, ha dato forma a tale prospettiva con un documento del 13 novembre 1970, Il ripristino del diaconato permanente in Italia. Il diaconato, in questo documento, è visto come una forza di grazia capace di produrre positivi cambiamenti nella compagine ecclesiale, di rendere più profonda la comunione ecclesiale, di ravvivare l'impegno missionario, di promuovere il senso comunitario dello spirito familiare del popolo di Dio, di accentuare la dimensione comunitaria e missionaria della Chiesa e della pastorale; tutto ciò per una più diffusa e capillare evangelizzazione, per la salvezza dell'umanità […]».
E alla domanda: "Quali iniziative ritiene si possano intraprendere, a livello di pastorale vocazionale diocesana, per incrementare il numero di diaconi permanenti?", ha risposto: «Il Signore ci ha concesso, senza nostro merito, un'abbondanza di vocazioni diaconali in questi ultimi anni. Il nostro non è dunque un problema di incremento, ma di individuazione di una più precisa collocazione ecclesiale, ribadisco in funzione missionaria. Penso comunque, a parte qualche iniziativa che può essere presa anche a livello diocesano, che sia proprio l'impostazione della pastorale, a livello parrocchiale o comunitario, una pastorale cioè tutta ministeriale, di comunione e corresponsabilità, soprattutto una pastorale più missionaria che genera, in maniera naturale, anche vocazioni diaconali.
Ho in mente una parrocchia della mia diocesi, impostata in questo modo, nella quale in pochi anni sono sorte varie vocazioni. Dicono, comunque, alcuni dei nuovi aspiranti al diaconato permanente, che si sono ispirati in genere a un diacono che per la sua fede, la sua coerenza di vita e la sua dedizione pastorale ha fatto nascere in loro il desiderio di intraprendere il cammino diaconale. Come in tutta la vita cristiana anche nella vocazione ciò che è decisivo è la testimonianza».
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Nel numero 12 (dicembre 2015) de L'Amico del Clero è pubblicata l'intervista a Mons. Mario Meini, Vescovo di Fiesole.
Alla domanda: "Quali requisiti ritiene siano indispensabili per un candidato al diaconato permanente?", Mons. Meini ha risposto: «Innanzitutto la maturità umana e cristiana. Fede umile e carità generosa. Quando sono sposati anche una serena dedizione alla famiglia (il servizio diaconale non può mai essere un pretesto per trascurare la famiglia e la famiglia non può costituire un motivo per trascurare l'impegno diaconale). Tra i requisiti insisterei anche sull'attitudine a servire la Chiesa senza voler emergere. Come si addice ad ogni ministro del Signore».
E alla domanda: "Quali iniziative ritiene si possano intraprendere, a livello di pastorale vocazionale diocesana, per incrementare il numero di diaconi permanenti?", ha risposto: «Non penso a particolari iniziative e non ritengo opportuna la pubblicità fatta di parole. Penso piuttosto alla testimonianza viva dei diaconi più bravi e più impegnati, perché gli esempi trascinano. Penso soprattutto alla preghiera fiduciosa della comunità cristiana e alla sensibilità di coloro che accompagnano i fratelli nel discernimento spirituale».
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