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venerdì 23 ottobre 2015

Nel buio… Qualcuno ti chiama!


30a domenica del Tempo ordinario (B)
Geremia 31,7-9 • Salmo 125 • Ebrei 5,1-6 • Marco 10,46-52
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare
Un mendicante cieco: un "ultimo", seduto lungo la strada come chi si è fermato e si è arreso, un naufrago della vita. Improvvisamente passa Gesù, uno che non permette all'uomo di arrendersi… Ed ecco che tutto sembra mettersi di nuovo in moto. Bartimeo comincia a gridare: Gesù abbi pietà di me! Perché il peggio che ci possa capitare è di innamorarsi della propria cecità.

Molti lo rimproveravano, perché tacesse…
La folla fa muro e lo sgrida, perché i poveri disturbano, sempre: ci fanno paura, sono là dove noi non vorremmo mai essere, sono il lato doloroso della vita, ciò che temiamo di più. Ma è proprio sulla povertà dell'uomo che si posa sempre il primo sguardo di Gesù, non sulla moralità di una persona, ma sul suo dolore: «Coraggio! Alzati, ti chiama!».

Gettato via il suo mantello…
Il cieco non parla, grida; non si toglie il mantello, "lo getta"; non si alza in piedi, "ma balza in piedi". La fede è questo: un di più illogico e bello, una dinamica nuova in tutto ciò che fai. La fede è qualcosa che moltiplica la vita, secondo le parole di Gesù: «Sono venuto perché abbiate la vita, e l'abbiano in abbondanza». Credere fa bene, la fede produce una vita buona, il rapporto con Gesù è l'avvio della guarigione di tutta l'esistenza. Il cieco comincia a guarire già nell'accoglienza e nella compassione di Gesù. Ha bisogno, come tutti, che per prima cosa qualcuno lo ascolti: ascolti le sue ferite, la sua speranza, la sua fame, il suono vero delle sue parole, uno che gli voglia bene!

Va', la tua fede ti ha salvato
Bartimeo guarisce come uomo, prima che come cieco; l'ultimo comincia a riscoprirsi uno come gli altri perché chiamato con amore. «Balza in piedi» e lascia ogni sostegno, per precipitarsi, senza vedere, verso quella voce che lo chiama, orientandosi solo sulla parola di Gesù, che ancora vibra nell'aria. Come lui, ogni cristiano si orienta nella vita senza vedere, solo sull'eco della parola di Dio ascoltata con fiducia là dove risuona: nel vangelo, nella coscienza, negli eventi della storia, nel gemito e nel giubilo del creato.

Che vuoi che io faccia per te?
Se un giorno anch'io sentissi, con un brivido, queste stesse parole rivolte a me, che cosa chiederei al Signore? Una domanda che è come una sfida, una prova per vedere che cosa portiamo nel cuore.
Gesù insegna instancabilmente qualcosa che viene prima di ogni miracolo, insegna la compassione, che rimane l'unica forza capace di far compiere miracoli ancora oggi, di riempire di speranza il dolore del mondo. Noi saremo come Cristo, non se faremo miracoli, ma se sapremo far sorgere nel mondo il tempo della divina compassione.


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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Coraggio! Alzati, ti chiama! (Mc 10,49)
(vai al testo) - (---> pdf, formato A4, stampa f/r per A5)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata (28/10/2012)
Che cosa vuoi che io faccia per te? (Mc 10,51)
(vai al testo)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
Credere è "vedere", ma soprattutto "seguire" (26/10/2012)

Commenti alla Parola:
  di Luigi Vari (VP 2015)
  di Marinella Perroni (VP 2012)
  di Claudio Arletti (VP 2009)
  di Enzo Bianchi


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