Papa Francesco, alla catechesi di ieri mercoledì 22, ha invitato tutti «a riconoscere con gioia i doni di Dio presenti in altre comunità». È bello poter guardare a tutti i discepoli di Gesù, a qualsiasi tradizione appartengano, con quell'occhio puro che sa cogliere la presenza dello Spirito ed apre ad un dialogo sincero, non su conquiste da fare o da vantare, ma sul comune desiderio di servire l'unico Signore e dare quella testimonianza di comunione «perché questo scandalo venga meno e non sia più tra noi».
Questo dialogo e questa apertura del cuore e della mente rappresenta una diaconia essenziale ed insostituibile affinché le nostre comunità siano e crescano secondo il Cuore di Dio. E questo a partire dalla "nostra" comunità, quella in cui siamo inseriti ed operiamo; a riconoscere in seno alla propria chiesa di appartenenza i doni che lo Spirito elargisce per l'utilità comune, senza gelosia o presunta superiorità.
«Paolo rimprovera i corinzi - dice papa Francesco - per le loro dispute, ma anche rende grazie al Signore "a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza" (1,4-5). Queste parole di Paolo non sono una semplice formalità, ma il segno che egli vede prima di tutto (e di questo si rallegra sinceramente) i doni fatti da Dio alla comunità. Questo atteggiamento dell'Apostolo è un incoraggiamento per noi e per ogni comunità cristiana a riconoscere con gioia i doni di Dio presenti in altre comunità. Malgrado la sofferenza delle divisioni, che purtroppo ancora permangono, accogliamo le parole di Paolo come un invito a rallegrarci sinceramente delle grazie concesse da Dio ad altri cristiani. Abbiamo lo stesso Battesimo, lo stesso Spirito Santo che ci ha dato la Grazia: riconosciamolo e rallegriamoci».
«È bello – conclude il papa - riconoscere la grazia con cui Dio ci benedice e, ancora di più, trovare in altri cristiani qualcosa di cui abbiamo bisogno, qualcosa che potremmo ricevere come un dono dai nostri fratelli e dalle nostre sorelle».
Se il Vangelo ci comanda di amare il nostro prossimo come noi stessi, è altrettanto vero: "amare la chiesa altrui come la propria", presupposto per una reciprocità che dà testimonianza di quell'amore vicendevole che ci fa riconoscere come discepoli di Gesù (cf Gv 13,35).
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