Oggi, 16 aprile, compleanno di Benedetto XVI.
Riporto quanto Fabio Ciardi ha pubblicato nel suo blog per questa occasione, mettendo in risalto quanto sia "parlante" il silenzio di Benedetto, carico di quella preghiera silenziosa che Gesù rivolgeva al Padre.
Ecco l'articolo:
Buon compleanno, Benedetto!
I riflettori sono tutti puntati su papa Francesco. Ha i suoi settantasei anni suonati, ma per un papa non sono molti, anzi appare giovane, dinamico, creativo. Continua ad essere oggetto quotidiano dei discorsi della gente. I suoi libri e i libri su di lui sono schizzati in cima alle classifiche, così come i filmati che circolano su youtube.
Il vecchio papa invece è entrato in un cono d'ombra mediatico. Forse oggi ci sarà un breve ritorno di fiamma, per ricordare i suoi 86 anni. Domani sarà di nuovo il silenzio, anche se non l'oblio.
È proprio il silenzio la nota che sembra caratterizzare questo momento della sua vita. Non tanto il silenzio su di lui, ma il silenzio di lui. Sappiamo che è nella residenza di Castelgandolfo, ma non si affaccia più al balcone e non lo si sente più né il mercoledì all'udienza, né la domenica all'Angelus. Sappiamo dov'è, ma non sappiamo cosa fa: abbiamo visto soltanto una foto strappata da un settimanale alla sua privacy e un breve filmato in occasione della visita di papa Francesco. Per il resto niente, sembra scomparso.
Non parla più il vecchio papa. O meglio, non parla a noi. Continua a parlare, ma la sua voce si dirige altrove, in alto. L'aveva annunciato al momento del suo ritiro: "Il Signore mi chiama a 'salire sul monte', a dedicarmi ancora di più alla preghiera e alla meditazione". È il suo modo nuovo di servire la Chiesa, con la dedizione e l'amore con cui l'aveva fatto da papa, "un modo più adatto alla mia età e alle mie forze".
Non vediamo cosa fa, ma sappiamo cosa fa. Fa come Gesù, che di notte si ritirava sul monte a pregare. Cosa diceva Gesù al Padre in quei suoi colloqui solitari e prolungati? Rimane il suo segreto. Ma l'ultima sera, dopo aver cenato con i suoi, Gesù parlò al Padre ad alta voce, consentendoci di entrare in quel colloquio. Pregava per i suoi discepoli, per quanti il Padre gli aveva affidati, per la comunità futura, per l'umanità intera, perché tutti fossero uno. Forse soltanto in quel momento, grazie a quella preghiera, i discepoli si resero conto di quanto Gesù li aveva amati e li amava.
Se potessimo entrare nella cappella di Benedetto XVI ci troveremmo anche noi davanti a un Gesù che continua a pregare il Padre per noi, e come i discepoli anche noi ci renderemo conto di quanto egli ci ha amato e ci ama. Come c'è un Gesù che passa tra le folle e annuncia il Vangelo e compie miracoli, c'è un Gesù che alza gli occhi al cielo e sostiene la vita e l'opera della Chiesa.
Nel suo silenzio Benedetto parla dunque a Dio, ma con suo silenzio parla anche a noi. In modo nuovo rispetto a come ha parlato in questi anni. Quanto è eloquente il suo silenzio. Dice che senza la presenza del Signore il nostro lavorare rischia d'essere vano, che senza radici l'albero non cresce e senza fondamenta la casa crolla. Proclama la fecondità dell'umiltà che, secondo l'etimo latino, rimanda all'humus, alla terra buona, capace di dare frutti buoni, quelli che ogni stagione può e deve dare, e non altri. Ricorda che il vero potere è quello di dare la vita, di aver cura dell'altro, di servire. Benedetto XVI continua a fare quello che si era proposto quando apparve alla loggia di san Pietro il giorno della sua elezione: "sono un umile servitore nella vigna del Signore".
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