Del numero 168 della Rivista Il Diaconato in Italia (Per una nuova evangelizzazione: il volto missionario della Chiesa oggi) ho riportato, nel mio sito di testi e documenti, alcuni articoli che ritengo di particolare attualità.
In particolare segnalo l'articolo di Giovanni Chifari, da titolo Nuova evangelizzazione e corresponsabilità.
Alcuni stralci.
Le radici remote: «Là dove si innalza la croce sorge il segno che v'è giunta ormai la Buona Novella della salvezza dell'uomo mediante l'Amore. Là dove s'innalza la croce, v'è il segno che è iniziata l'evangelizzazione... Con essa abbiamo ricevuto un segno... È iniziata una nuova evangelizzazione, quasi si trattasse di un secondo annuncio, anche se in realtà è sempre lo stesso. La croce sta alta sul mondo che volge» (Giovanni Paolo II). Dobbiamo chiederci quanto queste parole riescano a legare la memoria degli eventi del passato con la profezia del tempo presente, nel quale lo Spirito continua a parlare alle Chiese (cf. Ap 2,7). Ma anche chiederci: cos'è cambiato? Cosa c'è di nuovo? Quale intelligenza spirituale del nostro tempo? Quale apporto del diacono permanente?
L'osservazione dell'indebolimento progressivo e costante dell'evangelizzazione classica, «segno di una crisi di fede», può essere tuttavia opportunità per riscoprire «un'evangelizzazione nuova nel suo ardore come primo servizio che la Chiesa può rendere a ciascun uomo e all'intera umanità». Itinerario che richiede analisi e verifica dell'autocoscienza ecclesiale, di un'identità, servizio e missione, alla quale si chiede di mostrare il volto di Dio, il suo amore e la sua volontà di salvezza.
Servizio e missione: che dovrà ripartire dalla «rilettura della memoria della fede», in vista di «nuove responsabilità» e «nuove energie» per proclamare il Vangelo.
"Missione" da abbracciare senza sufficienza e ripiegamento narcisistico. Annunciare il Vangelo di Cristo, è un servizio, ma anche una missione che si estende in ogni ambito della vita dell'uomo, dalla famiglia, la scuola, la cultura, il lavoro, il tempo libero e gli altri settori della vita sociale.
Sul diaconato (speranze e lacune).
In modo diretto il documento sulla N.E. fa riferimento al diaconato, nell'ultima domanda del terzo capitolo, in quella parte del testo dedicata alla «verifica di tutti i luoghi e le azioni di cui la Chiesa dispone per annunciare al mondo il Vangelo». Riportiamo per intero la domanda: «In che modo il ministero del diaconato, ripristinato di recente, ha trovato in questo mandato evangelizzatore uno dei contenuti della sua identità?» (L 22, domanda n. 30). La sottolineatura «ripristinato di recente», mentre da un lato da l'idea di una sorta di rodaggio che riguarda l'esercizio del diaconato, dall'altro delinea il cammino che c'è ancora da fare per una sua piena accettazione e comprensione. Quest'ultima passa certamente dall'analisi e approfondimento dell'identità teologica, sacramentale ed ecclesiale del diaconato permanente.
Il tratto che contraddistingue la «grazia fondamentale specifica» (ON 7) trova nell'ambito della missione e dell'evangelizzazione un luogo di esercizio della propria diaconia. Colpisce scorrendo il documento degli Orientamenti e Norme, che l'identità e il ruolo del diaconato sia a volte accostato al termine "disponibilità", che traduce la partecipazione «al servizio ecclesiale secondo la specificità e la misura dell'Ordine ricevuto» (ON 7). Disponibilità dice, infatti, l'abbandono fiducioso del discepolo e il primato dell'opera di Dio, della quale si è servi e strumenti. Il ministero diaconale sembra pertanto svolgere un ruolo significativo in quel processo di autocomprensione ecclesiale, custodendo e testimoniando la disponibilità della Chiesa alla missione sia ordinaria che ad gentes (cf. ON 8), contribuendo a far crescere la Chiesa, vivendo la propria identità e conformazione a Cristo Servo, come «realtà di comunione, di servizio e di missione» (ON 6).
Sul piano strettamente pastorale, invece, la verifica dei percorsi in atto, il coinvolgimento non sempre auspicato ed anche accolto, rivela la necessità di un cammino di maggiore approfondimento e ricerca di un contributo chiamato a «condurre a un profondo rinnovamento del tessuto cristiano delle comunità ecclesiali mediante la testimonianza della carità» (ON 8). La nota dei Lineamenta per certi aspetti stenta ad accogliere tale cooperazione. L'apporto del diaconato all'esigenza di rinnovamento del tessuto cristiano delle nostre comunità, sebbene avvertito come necessario e decisivo, sembra come evaporato e poco percepito. Una prospettiva che potrebbe consentirne il recupero è forse quella della "corresponsabilità" che la Nota dopo Verona auspica come stile che traduce la consapevolezza dell'identità, responsabilità e servizio di ognuno. Quando il testo dei Lineamenta, deve approfondire il tema delle Chiese locali soggetti delle trasmissione (della N.E.) invece non lo fa, e neanche fa riferimento al diaconato.
Se la «ricchezza e la varietà di ruoli e ministeri» che compongono la Chiesa, includono certamente il riferimento al diaconato, perché esso non è presente in quelle figure delle quali si dice che "fioriscono" intorno al Vescovo per compiti e competenze? Allo stesso modo la figura del diacono è dimenticata quando si parla della formazione e del sostegno dei soggetti dediti all'evangelizzazione e all'educazione al n. 22.
La nota dei Lineamenta segnala inoltre la necessità che nel processo evangelizzatore la Chiesa «trovi energie per rimotivare quei soggetti e quelle comunità che mostrano segni di stanchezza e di rassegnazione», ritenendo ciò necessario per garantire «il volto futuro delle nostre comunità».
C'è bisogno dunque di mediatori, e anche qui, i diaconi hanno qualcosa da dire e Qualcuno da testimoniare. Diaconi come coloro che «fedeli alla terra», e "aperti al cielo" annunciano un volto di Chiesa che è tale "solo se esiste per gli altri".
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