Ho letto l'intervista rilasciata da don Giuseppe Gambardella, parroco a Pomigliano, dal titolo Per chi suona la campana?, sulla vicenda dello stabilimento della Fiat, che "segna profondamente il volto della città e la vicenda personale di tante famiglie".
Si nota tutta la sofferenza di quelle persone costrette ad affrontare una situazione più pesante delle loro forze; "si nota l’allentamento del patto operai-collettività. La lunga attesa di una soluzione logora il senso della solidarietà".
"La chiesa locale non sembra indifferente…: Abbiamo preso posizione nobili e di forte spessore intellettuale, ma manca come un corpo capace di sostenere con forza quanto si afferma. Il lavoro che si svolge nella comunità parrocchiale, dove vivono tante famiglie coinvolte dalla questione, genera un senso di appartenenza e di consapevolezza ma si è in pochi e senza momenti aggregativi continuativi. È come uno che chiama nel deserto".
Guardando a questa vicenda ed alla constatazione di come manchi "un corpo capace di sostenere con forza quanto si afferma", mi fa riemergere sempre più pressante nell'animo l'urgenza di una azione educativa nelle comunità ecclesiali, in cui si sperimenti la presenza di quella "diaconia di Cristo" che si manifesta nella costruzione e nel rafforzamento di quella fraternità che fa di ogni comunità cristiana un luogo speciale per lo sviluppo di una nuova umanità.
Luogo dove la speranza non viene meno e la carità si fa condivisione; scuola dove si impara ad essere uomini nuovi per una società rinnovata dal vangelo, oltre ogni impegno politico particolare.
In essa il diacono è segno speciale di questa carità di Cristo, che si è fatto uno di noi.
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