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venerdì 18 luglio 2014

Non siamo una comunità di "perfetti"


16a domenica del T.O. (A)

Appunti per l'omelia

Il vangelo di questa domenica prosegue nell'esposizione delle parabole del Regno, quelle della zizzania e del grano buono, del granellino di senape e quella del lievito (cf Mt 13,24,43).
Ci soffermeremo sulla prima, di cui Gesù dà in seguito una spiegazione particolareggiata ai discepoli. È costruita su una serie di contrasti: il padrone semina nel suo campo il grano buono, ma il "nemico" vi semina la zizzania. I due semi germogliano e crescono insieme. Alla mietitura saranno separati.
Alcuni interrogativi angustiavano i discepoli di allora, e anche di oggi: come mai molti oppongono tanta resistenza alla parola di Gesù e non vivono secondo il vangelo? Come mai nella società e, anzi, all'interno della comunità cristiana convivono, vicini e mescolati insieme, buoni e cattivi, credenti e non credenti...? Pare sensata e ragionevole la proposta, che i servi fanno al padrone, di estirpare la gramigna. Gesù, invece, invita a entrare nelle ragioni del "padrone", il quale esorta alla pazienza escludendo per il momento ogni intervento radicale, ma rimandando al tempo della mietitura. In effetti, il grano e la zizzania nella fase di crescita sono esteriormente molto simili e non è facile distinguerli, come invece quando saranno maturi.
Il messaggio che possiamo cogliere è abbastanza chiaro e articolato. Se il vangelo di Gesù viene rifiutato, se i cristiani sperimentano spesso il fallimento nella loro azione evangelizzatrice, se il male in tante forme imperversa, tutto ciò è opera del "nemico". È il realismo evangelico che vieta ogni lettura ingenua della società e della storia.
In tutto il tempo che intercorre tra il primo annuncio del vangelo e il giorno del giudizio finale, nella società e nella stessa comunità cristiana coesistono e si intrecciano bene e male, credenti e non credenti senza una linea di netta separazione.
Questa situazione, che crea nei discepoli forte disagio, smania di epurare il male e i presunti cattivi, non sfugge al Dio e al suo controllo. Egli sa che la messe non sarà compromessa ed il male non avrà la meglio. In questo tempo occorre lottare contro la tentazione, sempre ricorrente in varie forme nella storia, di voler creare un popolo puro, una comunità di "perfetti". È in fondo la pretesa di anticipare il "giudizio" che è riservato alla fine della storia e che spetta all'unico Signore.
Questo, invece, è il tempo della crescita di ciò che è stato seminato, il tempo della missione che vede impegnati i discepoli nell'evangelizzare e testimoniare Cristo, ma in una situazione di "mescolanza" di buoni e di cattivi. Ciò richiede che essi esercitino la pazienza nel tollerare la "gramigna", anzi nel dialogare con tutti in un atteggiamento umile e benevolo, escludendo ogni condanna perentoria.
Capire e attuare il messaggio della parabola significa, perciò, rimanere sereni e fiduciosi nella situazione di "mescolanza"; sperare cioè nel futuro del seme buono; cercare di riconoscere la presenza del bene anche là dove sembra dominare soltanto il male; investire ostinatamente sulla potenza dell'amore che non si stanca di dialogare. Sicuri che questa strategia può trasformare l'umanità intera. Nessun fanatismo quindi, nessuna intolleranza, imparando da Dio che è indulgente e spia ogni mossa di possibile ripresa e di ravvedimento, e, «che, dopo i peccati, concede il pentimento» (cf Sap 12,13-19). E confidando nella forza della preghiera, o meglio nella potenza dello «Spirito che viene in aiuto alla nostra debolezza... e intercede per i santi secondo i disegni di Dio» (cf Rm 8,26-27).
Una cosa è comunque certa: questa situazione non durerà sempre. Inesorabilmente arriverà il giorno del giudizio, quando i buoni e i cattivi saranno separati e avranno un destino completamente diverso. È quanto Gesù sottolinea nello spiegare la parabola ai discepoli: gli angeli «raccoglieranno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente... I giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro». Queste parole contengono una promessa molto consolante, ma anche un appello a convertirsi seriamente finché si è in tempo.
La parabola della zizzania mette in guardia contro l'atteggiamento di una comunità che tende a considerarsi una comunità di "perfetti" e vorrebbe isolarsi, liberandosi dell' "erbaccia", non curandosi dei più deboli e non accorgendosi che questo atteggiamento scandalizza i "piccoli", quei cristiani fragili e ancora immaturi nella fede.



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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Il regno dei cieli è simile al lievito (Mt 13,33)
(vai al testo) - (pdf, formato A5/A4c)

Commenti alla Parola:
  di Gianni Cavagnoli (VP 2014)
  di Marinella Perroni (VP 2011)
  di Enzo Bianchi


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