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venerdì 31 maggio 2013

Il Dono che è per tutti


SS. Corpo e Sangue di Cristo (C)

Appunti per l'omelia

«Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me» (1Cor 11,24). Quando ci riuniamo per l'Eucaristia noi non siamo soltanto un gruppo di discepoli che si ritrovano insieme per ricordare con commozione e gratitudine immensa un incredibile gesto d'amore, il più grande gesto d'amore della storia, compiuto dal loro Maestro. Ma questo gesto d'amore, con cui Cristo si è offerto in sacrificio, nella celebrazione è reso presente qui e ora. L'Eucaristia è quindi memoria e presenza. Presenza che ci coinvolge.
«Voi annunziate la morte del Signore, finché egli venga» (1Cor 11,26). Non è un semplice annuncio ma un proclamare come realtà presente la "morte del Signore", cioè del Cristo risorto. È rendere attuale qui e ora il suo sacrificio, cioè la sua morte che sfocia nella sua risurrezione. "Finché Egli venga", perché non si attende la venuta di un morto. Il Cristo risorto, presente nell'Eucaristia, possiede tutta la realtà del mondo futuro, anche se non del tutto svelata. Colui che verrà nella gloria a fare nuova ogni cosa è già presente nell'Eucaristia e ci incontra.
Come il popolo di Dio, Israele, era nato al Sinai, così la Chiesa è nata nella cena di Gesù, e rinasce in ogni Eucaristia, grazie a quel sangue. Questa realtà vertiginosa del sacrificio di Cristo e della Nuova Alleanza si realizza in ogni Eucaristia, è resa presente non perché noi restiamo spettatori passivi o indifferenti, ma perché ce ne appropriamo. I gesti che Gesù compie, quando con cinque pani e due pesci sazia una moltitudine di persone, sono un richiamo alla cena eucaristica (cf Lc 9,11-17). Si tratta appunto di un banchetto sacrificale. Ricevendo il cibo eucaristico realizziamo una comunione con Gesù, con Dio e tra noi, che non è possibile descrivere con parole umane. È la vita del Signore risorto che viene travasata in noi, è il suo Spirito, cioè l'Amore-Persona nel seno della Trinità, che ci viene comunicato. "Noi veniamo trasformati in ciò che riceviamo", dice San Leone Magno; cioè in Gesù. E san Tommaso precisa: "L'effetto proprio di questo Sacramento è la trasformazione dell'uomo in Cristo".
Così ad ogni Eucaristia che celebriamo, noi riconosciamo quel Dono inestimabile e lo accogliamo con gioiosa gratitudine. Mancare a questo appuntamento per negligenza è deludere Colui che con immenso amore offre il Dono. È fare un torto alla famiglia ecclesiale di cui faccio parte; è fare un torto a me stesso, perché la Messa della domenica, non è "obbligatoria", ma "necessaria". Chi si rifiuta di partecipare è uno che rinuncia a quell'incontro che dà senso alla propria vita e la sostiene. Se sono denutrito, come posso camminare? Se non bevo alla sorgente dell'amore, come posso pretendere di amare?
L'Eucaristia a cui partecipo diventa un'esperienza autentica di incontro con Dio e tra fratelli. Incontro che si prolunga in una vita trasformata dall'amore scambievole e dall'attenzione concreta a tutti i poveri. Che senso ha un'Eucaristia dove tra i presenti manca l'amore e la riconciliazione? Non per nulla nell'ultima cena, e quindi in ogni Eucaristia, Gesù dice ai discepoli: "Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi". Ma prima ancora dice: "Prendete, mangiate". Cioè dona la sua persona, la sua capacità di amare. Quindi aggiunge: con l'amore che vi ho comunicato amatevi a vicenda. Così, se è importante andare alla Messa, è molto più importante sapere come si esce dalla Messa: se soltanto sfiorati dall'Incontro oppure cambiati nel profondo, rinnovati, col cuore pieno di gioia e di speranza, pronti ad amare e testimoniare il Risorto.
Sulla porta di una chiesa si poteva leggere questa scritta: "Di qui si entra per amare Dio. Di qui si esce per amare il prossimo". Davanti alla folla sterminata di persone tormentate da ogni genere di fame, Gesù continua a dire ai suoi discepoli che nutre con l'Eucaristia: «Voi stessi date loro da mangiare» (Lc 9,13).
Nell'Eucaristia Gesù offre se stesso, il suo corpo, la sua vita per dare risposta ad ogni interrogativo umano, per saziare completamente la fame di ogni uomo e di ogni donna: fame di verità, di vita, di felicità.
Così l'invio che ci viene rivolto a nutrirci di Lui ci porta ad essere noi stessi, a nostra volta, dono per gli altri, nella condivisione delle loro sofferenze e delle loro gioie.



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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Voi stessi date loro da mangiare (Lc 9,13)
(vai al testo) - (pdf, formato A5/A4c)

Commenti alla Parola:
  di Marinella Perroni (VP 2013)
  di Claudio Arletti (VP 2010)
  di Enzo Bianchi




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