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sabato 10 settembre 2011

Il perdono, ricchezza di Dio


Di fronte alla domanda dell'apostolo Pietro se è da magnanimi perdonare sette volte, la risposta di Gesù, come ci viene raccontato dal vangelo di Matteo (Cf Mt 18,21-25), non ha equivoci: ci rivela il vero volto di Dio.
Riporto alcuni stralci del commento della teologa Marinella Perroni, che sintetizzano il nostro rapportarsi nella comunità dei credenti ed oltre.


«Il tratto distintivo della comunità dei discepoli non può essere altro che il perdono. Per Gesù, Dio è il Dio del perdono, la giustizia di Dio sta nella sua misericordia. Il perdono deve divenire lo stile di vita comunitario…
Il perdono non è un esercizio ascetico di pazienza fraterna, e la cifra emblematica di "settanta volte sette" non ne costituisce un'unità di misura ma, piuttosto, un'attestazione di incommensurabilità.
Troppo spesso la tradizione teologica ha insistito sul fatto che Gesù compie la volontà di Dio nel momento in cui accetta la morte. È del tutto lecito però chiedersi se il Dio amante della vita potesse avere per il suo Messia progetti di morte. Il compimento della sua volontà non sta, invece, proprio nella volontà di capovolgere l'auspicio di Lamech e attestare che anche agli uomini è possibile ciò che è possibile a Dio, cioè perdonare?
Il perdono, prima di essere una prassi, deve essere un modo di pensare, un atteggiamento del cuore e della mente, un convincimento profondo. Gesù lo chiede a Pietro, perché lo chiede alla sua Chiesa. La Chiesa è realmente la "sua" Chiesa nella misura in cui diviene luogo di condono di ogni debito».

Se la comunità cristiana è il luogo del "condono di ogni debito", il luogo dell'accoglienza nella misericordia di Dio, nonostante la sua storia recente e passata, è lecito chiedersi quale sia il mio e nostro "essere" in questa comunità, nella quale siamo chiamati a "servire" e dare certezza del "perdono di Dio", arginando le fughe causate dalla mancanza di amore.


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