"Rilettura", alla fine del mese, della Parola di Vita di luglio.
«Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza» (2Cor 12,9).
Dio può operare sulla nostra debolezza. Infatti, "Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti" (cf 1Cor 1,27).
"È quando sono debole che sono forte" afferma san Paolo (cf 2Cor 12,10). La nostra ragione si ribella ad una simile affermazione, perché vi vede una lampante contraddizione o semplicemente un ardito paradosso. Invece essa esprime una delle più alte verità della fede cristiana. Gesù ce la spiega con la sua vita e soprattutto con la sua morte.
Vista così la vita, si comprende che ogni contrarietà è un'occasione per una ulteriore crescita, che ogni ostacolo è una pedana di lancio per un amore più grande, più profondo, più vero. Ogni pregiudizio ed ogni paura vendono superati: con il dialogo possiamo andare incontro a quella speranza che va oltre le paure. I pregiudizi, infatti, nascono dal fatto che ci crediamo migliori degli altri. Pertanto, l'amore che si fa sacrificio, non fa distinzioni: la paura che ci impedisce di andare incontro all'altro può diventare una barriera seria; l'amore, invece, va oltre le apparenze e i sospetti: è una forza che supera pregiudizi e paure.
«Ti basta la mia grazia!». Ogni insicurezza va superata. Sono insicuro quando mi affido solo alle mie capacità. Queste sono sì importanti, ma devo nel contempo saper confidare anche nelle capacità degli altri e, soprattutto, nella fiducia in Dio. È Lui che manifesta la sua luce e ci aiuta a superare tutte le nostre insicurezze: «Coraggio, io ho vinto il mondo!» (Gv 16,33).
Una delle nostre insicurezze è la paura di perdere la propria identità, per esempio nei confronti degli stranieri… Ma con Dio, che non fa differenza di persone, come non mettersi in cuore la fratellanza universale? Figli dello stesso Padre, possiamo scoprirci fratelli e sorelle di ogni uomo o donna che incontriamo.
Ma sappiamo bene che l'amore si rinnova in ogni momento, non è statico. Per questo, la "debolezza" dei propri limiti può essere superata con l'amore che ci rinnova in ogni momento. Solo perché la carità è partecipazione all'agape di Dio possiamo andare oltre i limiti naturali ed amare anche i nemici e dare la propria vita per i fratelli. Solo l'amore può far nuove tutte le cose: cambia il nostro modo di guardare il mondo per farcelo vedere con gli occhi di Dio: fidiamoci di Dio, Egli opererà sulla nostra debolezza, sul nostro nulla.
In ogni insuccesso, allora, possiamo individuare un possibile lato positivo. Non sempre la nostra razionalità o sensibilità è capace di coglier questa verità, soprattutto nelle difficoltà di dialogo. Nonostante i fallimenti è sempre possibile superare le sconfitte. Anche gli atleti, se si fermassero ai fallimenti e alle sconfitte non vincerebbero mai. Invece si preparano meglio per la gara successiva. Ogni fallimento è come un apprendistato: posso riprovare. Non ho amato o ho amato troppo poco? Posso ricominciare ad amare. Riconoscendo ed accettando la nostra debolezza, possiamo abbandonarci pienamente nelle braccai del Padre, che ci ama come siamo e vuole sostenerci nel nostro cammino.
Allora possiamo sbizzarrire la nostra fantasia nell'amare, come disarmarsi per essere liberi di amare. Quando nutriamo un grande affetto per qualcuno ci piace sorprenderlo con cose nuove… Sbizzarriamo la fantasia, inventiamo mille modi per renderci utili. La strategia migliore è domandarsi ad ogni situazione: cosa farebbe Gesù al mio posto? e Lui sa sorprenderci! E quando è Lui che agisce, possiamo star certi che compie opere che valgono, irradiano un bene durevole e vanno incontro alle vere necessità dei singoli e della collettività.
Nello sforzo di far proprie le necessità del prossimo, dobbiamo iniziare con piccoli gesti nella vita di tutti i giorni: fare attenzione alle piccole cose, piccole gentilezze con l'intenzione di amare il prossimo, salutare sempre, sorridere, far visita a chi è malato, congratularsi per i successi del nostro prossimo. Condividere, nella semplicità, la vita di ogni giorno, protesi nell'amare. In altre parole: accogliere in sé l'altro, a tal punto che le preoccupazioni e i bisogni degli altri diventino nostri, per giungere così ad una vera comunione di vita.
Anche se non sempre è così, saper riconoscere le proprie sconfitte con sano equilibrio. Tutti facciamo continuamente esperienza delle nostre ed altrui fragilità fisiche, psicologiche e spirituali… Ci sentiamo deboli e incapaci di risolvere tali difficoltà, persino di affrontarle, limitandoci al massimo a non far male a nessuno. In queste situazioni di sofferenza, di disagio e di fallimento, dobbiamo metterci davanti a Dio senza maschera, perché Lui conosce il nostro intimo e scruta i pensieri più nascosti. Non è un giudice spietato, ma un padre amorevole che vuole sempre il meglio per i suoi figli. Quando riconosciamo i nostri difetti e le nostre sconfitte con sano equilibrio e senza pretese, sentiremo la voce di Dio nel nostro cuore: «Ti basta la mia grazia: la forza infatti si manifesta nella debolezza».
Non scoraggiarsi quindi per le proprie fragilità, ma confidare prima di tutto in Dio. Egli agisce sempre nella nostra vita. La consapevolezza della nostra fragilità può scoraggiarci, ma la fede di non essere soli ci dà coraggio e forza per andare avanti. Perché con Dio, quando siamo deboli, siamo forti. Anche Gesù è stato più forte proprio quando è stato più debole. Gesù avrebbe potuto dare origine al nuovo popolo di Dio con la sola predicazione o con qualche miracolo… No, perché la Chiesa è opera di Dio ed è nel dolore e solo nel dolore che fioriscono le opere di Dio. Dunque nella nostra debolezza, nell'esperienza della nostra fragilità si cela un'occasione unica: quella di sperimentare la forza di Cristo morto e risorto.
Guardando a Gesù nel momento del suo abbandono, potremmo superare ogni difficoltà e costruire rapporti di reciprocità, di unità con gli altri. E irradiare il bene operando con generosità. Perché chi è generoso irradia il bene, agisce motivato dall'amore, non usando misure umane per valutare la generosità, ma usando la misura dell'amore, anche con piccoli gesti. La generosità non è quantitativa, ma qualitativa: va da cuore a cuore. Perciò, l'irradiazione del bene che ne deriva è silenziosa, ma efficace, frutto del nostro credere nell'aiuto di Dio. Infatti, "anche i capelli del nostro capo sono tutti contati" (cf Lc 12,7).
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