Papa Francesco al Regina Coeli di ieri, Lunedì dell'Angelo, ha parlato di fraternità, quale «frutto della Pasqua di Cristo».
Ha detto fra l'altro: «[…] la fraternità è il frutto della Pasqua di Cristo che, con la sua morte e risurrezione, ha sconfitto il peccato che separava l'uomo da Dio, l'uomo da sé stesso, l'uomo dai suoi fratelli. Ma noi sappiamo che il peccato sempre separa, sempre fa inimicizie. Gesù ha abbattuto il muro di divisione tra gli uomini e ha ristabilito la pace, cominciando a tessere la rete di una nuova fraternità. È tanto importante in questo nostro tempo riscoprire la fraternità, così come era vissuta nelle prime comunità cristiane. Riscoprire come dare spazio a Gesù che mai separa, sempre unisce. Non ci può essere una vera comunione e un impegno per il bene comune e la giustizia sociale senza la fraternità e la condivisione. Senza condivisione fraterna non si può realizzare una comunità ecclesiale o civile: esiste solo un insieme di individui mossi o raggruppati dai propri interessi. Ma la fraternità è una grazia che fa Gesù.
La Pasqua di Cristo ha fatto esplodere nel mondo un'altra cosa: la novità del dialogo e della relazione, novità che per i cristiani è diventata una responsabilità. Infatti Gesù ha detto: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35). Ecco perché non possiamo rinchiuderci nel nostro privato, nel nostro gruppo, ma siamo chiamati a occuparci del bene comune, a prenderci cura dei fratelli, specialmente quelli più deboli ed emarginati. Solo la fraternità può garantire una pace duratura, può sconfiggere le povertà, può spegnere le tensioni e le guerre, può estirpare la corruzione e la criminalità. L'angelo che ci dice: “É risorto”, ci aiuti a vivere la fraternità e la novità del dialogo e della relazione e la preoccupazione per il bene comune. […]»
Queste parole sulla fraternità e sulla novità del dialogo e della relazione mi riportano a quanto si legge nel Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi permanenti: «La diaconia di Cristo ha come destinatario l'uomo, ogni uomo, che nel suo spirito e nel suo corpo porta le tracce del peccato, ma è chiamato alla comunione con Dio. […] Cristo si è fatto servo, assumendo la nostra carne; e di questa diaconia la Chiesa è segno e strumento nella storia. Il diacono, dunque, per il sacramento, è destinato a servire i suoi fratelli bisognosi di salvezza» (n. 49).
«Il diacono ricordi, pure, che la diaconia della carità conduce necessariamente a promuovere la comunione all'interno della Chiesa particolare. La carità, infatti, è l'anima della comunione ecclesiale» (n. 55). «I diaconi si proporranno come animatori di comunione. In particolare, laddove si verificassero delle tensioni, non mancheranno di promuovere la pacificazione per il bene della Chiesa» (n. 71), «favorendo in sommo grado il mantenimento, fra gli uomini, della pace e della concordia» (n.13).
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