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sabato 28 febbraio 2015

Nell'ascolto ci si scopre "figli" e "fratelli"


2a domenica di Quaresima (B)
Genesi 22,1-2.9-13.15-18 • Sal 115 • Romani 8,31-34 • Marco 9,2-10
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

«Questi è il Figlio mio, l'amato»: è la seconda e ultima volta che il Padre parla. Dopo la trasfigurazione, il Padre non dirà più nulla. Ma nella morte e risurrezione Gesù si rivela la Parola in cui il Padre si esprime, rivelando definitivamente il suo disegno sull'umanità. Per questo dice: «Ascoltatelo!».
A differenza degli altri evangelisti, Marco non racconta le apparizioni del Risorto, eppure tutto il suo vangelo va riletto alla luce della morte e risurrezione di Gesù. L'invito a «non raccontare ad alcuno» può essere letto in questa luce.
Non è facile comprendere perché la via di Gesù passi attraverso la croce. Non è facile comprendere che anche nel dolore, nella sofferenza, nel peccato, nelle fatiche, nella fragilità umana si compia il progetto del Padre. La trasfigurazione diventa una specie di "verifica".
Collocata al centro della vita di Gesù, la trasfigurazione è figura di quella risurrezione che la sua Parola opera nel cuore della vita e della storia, che ha il suo inizio nell'ascolto, si compie nel battesimo, si alimenta nell'eucaristia e si completa nella visione del suo volto. La trasfigurazione diventa così la rivelazione della verità di Dio sull'uomo, che si compie nel mistero pasquale («Veramente quest'uomo era Figlio di Dio», esclamerà un pagano sotto la croce: Mc 15, 39).
Ascoltare significa, allora, seguire Gesù e sperimentare che la sua Parola ci libera dal male, dalla febbre, dalla lebbra, dalla paralisi e ci ridà la mano per toccarlo, per accogliere la sua vita, per ricevere il suo pane che ci apre occhi e orecchi per riconoscerlo (Mc 1, 21-8, 29). Soprattutto ci libera dal male più grande: dal sentire Dio "antagonista" del nostro bene e ritrovarlo Padre, riscoprendo il nostro rapporto di figliolanza innestato in quello di Gesù, il "figlio amato"!
L'ascolto non è solo un fatto conoscitivo (bei discorsi, belle idee, belle ideologie), ma è anzitutto mettere in pratica. Si trasforma così in un'esistenza pasquale, dove si passa dall'egoismo all'amore, dalla tristezza alla gioia, dall'inquietudine alla pace, dall'impazienza alla pazienza, dalla malevolenza alla benevolenza, dall'infedeltà alla fedeltà, dalla durezza di cuore alla mitezza, dalla balìa delle passioni alla padronanza di sé, dallo sparlare al "bene-dire", dire bene.
Qui dentro si può trovare in germe la realizzazione del "sarete come Dio" (cf Gen 3,15), suggerito dal demonio, ma realizzato solo nell'ascolto del Figlio.
Allora possiamo veramente chiederci: come viviamo i momenti di buio, di fatica, di morte? E davanti alle difficoltà come reagiamo? E quanto ascoltiamo e viviamo la Parola e come la testimoniamo?



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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Rabbì, è bello per noi essere qui (Mc 9,5)
(vai al testo) - (---> pdf, formato A4, stampa a/r per A5)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata (4/03/2012)
Fu trasfigurato davanti a loro (Mt 9,2)
(vai al testo)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
Il dolore trasformato in amore (2/03/2012)

Commenti alla Parola:
  di Luigi Vari (VP 2015)
  di Marinella Perroni (VP 2012)
  di Claudio Arletti (VP 2009)
  di Enzo Bianchi


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