Un articolo di Luca Bassetti, pubblicato su Il diaconato in Italia n. 180 e riguardante la preghiera che Gesù rivolge al Padre, mi ha fatto riflettere sul nostro personale rapporto con Dio che è Padre.
Alcuni passaggi: «Gesù permane nella sua relazione con il Padre, attraverso la preghiera, e ottiene la risposta del Padre, che trova gioia in lui con un improvviso atto di trasporto, riconoscibile come autentico compiacimento, per una perfetta relazione filiale [Battesimo]».
«Tutto ciò è possibile al Figlio solo nella preghiera, quella relazione misteriosa e intima con il Padre, che coincide con lo stesso atto generativo e che perciò costituisce la vita ricevuta dal Figlio e da lui a sua volta donata nella gratitudine e nell'obbedienza al Padre [Trasfigurazione]».
«(La preghiera) si manifesta come richiesta di un'accettazione abbandonata della volontà del Padre… Nel momento supremo della sua esistenza, in cui egli decide di consegnarsi, Gesù vive un'intimità così profonda con il Padre da ottenere la forza di resistere alla tentazione e per abbandonarsi al suo volere, tanto da anticipare, nella preghiera stessa, lo spargimento del suo sangue, il dono della sua vita, ricevendo subito la rassicurazione consolante del messaggero, che gli manifesta il suo gradimento a Dio, cioè la sua conformità al modo di essere del Padre (Orto degli Ulivi]».
È impressionante come tutta la vita di Gesù sia una "esternazione" del suo rapporto filiale col Padre. La vera preghiera è proprio questo!
C'è una cosa sola da fare: non avere altri modelli che Gesù! Nella mia relazione con Dio, nella mia preghiera, cosa vale di più? Il mio pregare è un immergermi in quella dimensione soprannaturale che caratterizza la mia figliolanza divina? Il mio vivere è manifestazione di questo colloquio che lega tutte le fibre del mio essere?
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