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giovedì 28 giugno 2018

La pace con il fratello, garanzia della pace con Dio



"Rilettura", alla fine del mese, della Parola di Vita di giugno.

«Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9).

Essere operatori di pace comporta diffondere una cultura dell'accoglienza: promuovere il dialogo tra persone e gruppi, diversi di per sé per storia, tradizioni culturali, punti di vista, mostrando apprezzamento ed accoglienza per questa varietà e ricchezza. Accogliere l'altro è innanzitutto accettarlo come lui è, comprenderlo, ascoltarlo, svuotandosi di qualsiasi giudizio, delle proprie idee, per accogliere completamente il suo pensiero, anche se è diverso o contrario al mio.
Agire così significa testimoniare che la pace è possibile. La pace è possibile se tra di noi, nella vita di ogni giorno, testimoniamo rapporti di fraternità. La pace infatti è effetto dell'unità. Quando c'è unità fra noi e Dio, allora la pace interiore sostiene i rapporti fra le persone. La pace è frutto della salvezza che Dio opera, è quindi prima di tutto un suo dono.
Il primo passo per la pace è quindi avere la pace dentro di noi. La pace interiore rivela il nostro rapporto con il trascendente; è una potenza spirituale costante e coerente in ogni situazione perché la nostra vera pace è in Dio. Chi è unito a Dio è unito anche a tutte le persone senza esclusione, perché frutto dell'unione con Dio. Allora, può essere portatore di pace chi la possiede in se stesso. Occorre essere portatori di pace anzitutto col proprio comportamento di ogni istante, vivendo in accordo con Dio e la sua volontà.
Chi è in pace con il suo fratello è in pace con Dio: la pace con il fratello è garanzia della pace con Dio. Gli operatori di pace manifestano la loro parentela con Dio, agiscono da figli di Dio, testimoniano Dio che ha impresso nella società umana l'ordine, che ha come frutto la pace.
Allora, l'operatore di pace fa il primo passo. Il primo passo è non restare in noi stessi e di conseguenza non giudicare le intenzioni dell'altro che possiamo non comprendere… Invece è riuscire a guardare ogni giorno l'altro come lo vedessimo la prima volta, senza sommare al pensiero attuale quello dei giorni precedenti. Fare questo primo passo faciliterà il leggere quelle cose che l'altro ha in cuore. Allora è importante cercare occasioni di riconciliazione con ci sta vicino, in famiglia, sul lavoro, a scuola, in parrocchia, nelle associazioni…
Lavorare per la pace è qualcosa che ognuno, nel suo ambito, può fare: essere di esempio, non prendere posizione secondo le emozioni, stare dalla parte della giustizia e della verità senza trascurare la carità reciproca. Non aspettare che Dio faccia un miracolo, con un tocco di bacchetta magica, ma fare noi la nostra parte e vivere ciò che chiedo nella preghiera, come san Francesco: "Dove c'è odio postare l'amore, dove c'è offesa portare perdono, dove c'è discordia portare unione…".
Provare e riprovare a costruire la pace, senza indietreggiare davanti alle difficoltà nelle relazioni. Non desistere al primo tentativo fallito, ma continuare a provare, mettendo più amore e comprensione al tentativo successivo. Ecco la strategia: dall'intransigenza alla tolleranza, dalla tolleranza al dialogo, dal dialogo al rispetto e all'accettazione dell'altro, dal rispetto e dall'accettazione alla comunione… E come obiettivo ultimo l'unità! La pace si costruisce nel coro delle differenze e a partire da queste differenze si impara dall'altro, come fratelli, secondo le parole di papa Francesco.
Per poter avere la pace occorre anche perdonare e avere occhi nuovi. Gli occhi sono la lampada del corpo. Se l'occhio è limpido tutto il corpo vivrà nella luce. Luce che è amore, vincolo della perfezione. Solo l'amore reciproco può creare un legame tra noi che si rinnova ogni giorno e non ha residui dei momenti passati, ma vive con intensità il momento presente. Nel momento presente il nostro sguardo deve essere nuovo ed illuminato solo dall'amore. Avere occhi nuovi è avere una visione di misericordia. È una vera rivoluzione culturale, che stravolge la nostra visione spesso chiusa e miope.
Superare gli ostacoli alla pace, significa operare per l'altro e con l'altro, andando oltre le barriere poste da interessi contrapposti, dal desiderio di manifestare la propria potenza. Significa anche impegnarci a conoscere i germogli di pace e fraternità che già rendono le nostre città più aperte ed umane. Significa dare spazio al pensiero dell'altro, accettando le differenze senza sentirle come un peso, non giudicando le intenzioni dell'altro e non ingigantendole, cercando piuttosto di osservare l'altro per quello che è nel presente, cercando di vedere l'altro come fosse la prima volta. Fatto questo passo, è più facile riuscire a leggere quello che l'altro ha in cuore, spesso oscurato dal suo modo di fare che può sembrare fastidioso.
Tutto questo "operare per la pace" porta a vivere gli uni per gli altri. Vivere gli altri implica l'abdicare a se stessi. Se l'amore poi diventa reciproco si avverte uno scatto nella vita interiore, si conosce in maniera nuova i doni dello Spirito, si testimonia Cristo e la nostra fratellanza in Lui. Ci sentiamo fratelli perché uno è il nostro Padre. E se discutiamo tra noi come fratelli, che si riconciliano subito, che tornano sempre ad essere fratelli, come dice papa Francesco.
Allora costruire la pace significa custodirla in noi stessi. Se possiedo la pace in me, cioè se ho Dio nel mio cuore, la porto ovunque. Se, come dice san Giovanni della Croce: "Dove non c'è amore, metti amore", allora posso anche dire: "Dove non c'è pace, è lì che la debbo portare". Se possiedo la pace in me, allora sarò suo ambasciatore nel mondo. Vivere in pace non è semplicemente assenza di conflitto, non è neanche il quieto vivere, con un certo compromesso sui valori per essere sempre e comunque accettati, anzi è uno stile di vita squisitamente evangelico, che richiede il coraggio di scelte controcorrente.

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