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giovedì 1 febbraio 2018

La "fonte" che si alimenta nel dono di sé


Parola di vita – Febbraio 2018
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«A colui che ha sete darò gratuitamente acqua della fonte della vita» (Ap 21,6) [1]

L'apostolo Giovanni scrive il Libro dell'Apocalisse per consolare ed incoraggiare i cristiani del suo tempo, di fronte alle persecuzioni che in quel momento si erano diffuse. Questo libro, ricco di immagini simboliche, rivela infatti la visione di Dio sulla storia e il compimento finale: la Sua vittoria definitiva su ogni potenza del male. Questo Libro è la celebrazione di una meta, di un fine pieno e glorioso che Dio destina all'umanità.
È la promessa della liberazione da ogni sofferenza: Dio stesso «asciugherà ogni lacrima (…) e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno» (Ap 21,4).

«A colui che ha sete darò gratuitamente acqua della fonte della vita».

Questa prospettiva ha i suoi germogli nel presente, per chiunque ha già cominciato a vivere nella ricerca sincera di Dio e della sua Parola che ci manifesta i Suoi progetti; per chi sente ardere in sé la sete di verità, di giustizia, di fraternità. Provare sete, essere alla ricerca, è per Dio una caratteristica positiva, un buon inizio ed Egli ci promette addirittura la fonte della vita.
L'acqua che Dio promette è offerta gratuitamente. Dunque è offerta non solo a chi spera di essere gradito ai Suoi occhi per i propri sforzi, ma a chiunque sente il peso della propria fragilità e si abbandona al Suo amore, sicuro di essere risanato e di trovare così la vita piena, la felicità.
Chiediamoci dunque: di che cosa abbiamo sete? E a quali sorgenti andiamo a dissetarci?

«A colui che ha sete darò gratuitamente acqua della fonte della vita».

Forse abbiamo sete di essere accettati, di avere un posto nella società, di realizzare i nostri progetti… Aspirazioni legittime, che possono spingerci però ai pozzi inquinati dell'egoismo, della chiusura sugli interessi personali, fino alla sopraffazione sui più deboli. Le popolazioni che soffrono per la scarsità di pozzi con acqua pura conoscono bene le conseguenze disastrose della mancanza di questa risorsa, indispensabile per garantire vita e salute.
Eppure, scavando più a fondo nel nostro cuore, troveremo un'altra sete, che Dio stesso vi ha messo: vivere la vita come un dono ricevuto e da donare. Attingiamo dunque alla fonte pura del Vangelo, liberandoci da quei detriti che forse la ricoprono, e lasciamoci trasformare a nostra volta in sorgenti di amore generoso, accogliente e gratuito per gli altri, senza fermarci di fronte alle inevitabili difficoltà del cammino.

«A colui che ha sete darò gratuitamente acqua della fonte della vita».

Quando poi tra cristiani realizziamo il comandamento dell'amore reciproco, permettiamo a Dio di intervenire in maniera tutta particolare, come scrive Chiara Lubich:
«Ogni attimo in cui cerchiamo di vivere il Vangelo è una goccia di quell'acqua viva che beviamo. Ogni gesto d'amore per il nostro prossimo è un sorso di quell'acqua. Sì, perché quell'acqua così viva e preziosa ha questo di speciale, che zampilla nel nostro cuore ogniqualvolta l'apriamo all'amore verso tutti. È una sorgente - quella di Dio - che dona acqua nella misura in cui la sua vena profonda serve a dissetare gli altri, con piccoli o grandi atti di amore. E se continuiamo a dare, questa fontana di pace e di vita darà acqua sempre più abbondante, senza mai prosciugarsi. E c'è anche un altro segreto che Gesù ci ha rivelato, una specie di pozzo senza fondo a cui attingere. Quando due o tre si uniscono nel suo nome, amandosi dello stesso suo amore, Lui è in mezzo a loro. Ed è allora che ci sentiamo liberi, pieni di luce, e torrenti di acqua viva sgorgano dal nostro seno. È la promessa di Gesù che si avvera perché è da lui stesso, presente in mezzo a noi, che zampilla acqua che disseta per l'eternità» [2].

Letizia Magri

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[1] Nel mese di febbraio viene proposta questa Parola di Dio, che un gruppo di fratelli e sorelle di varie Chiese ha scelto in Germania, da vivere lungo tutto l'anno.
[2] Cfr. C. Lubich, La fonte della vita, Città Nuova, 46, [2002], 4, p. 7.


Fonte: Città Nuova n. 1/Gennaio 2018

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