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domenica 26 ottobre 2014

Lavorare per l'unità della Chiesa


Ripensando alle omelie quotidiane di Papa Francesco alla Messa in Santa Marta, mi sono soffermato sull'omelia di venerdì scorso, 24 ottobre, quando il Papa parla dell'unità della Chiesa, del compito che i cristiani hanno di lavorare per questa unità, di essere "mattoni" che edificano sulla "Pietra".
Ho sentito importante per me questo "compito", perché mi riporta sempre al senso più genuino della mia e nostra diaconia: quella carità, quel servizio alla comunità che conduce all'unità, una diaconia che è umile servizio, fatto nella debolezza della nostra condizione.

«Fare l'unità della Chiesa, costruire la Chiesa, questo tempio, questa unità della Chiesa… è il compito di ogni cristiano, di ognuno di noi», ribadisce il Papa. Ma per costruire un tempio bisogna rispondere ad alcuni quesiti. Anzitutto "dove?". È necessario cioè cercare un'area su cui edificarlo. Una volta trovata «la prima cosa che si fa è cercare la pietra di base», la pietra angolare: «la pietra angolare della Chiesa, è Gesù», mentre «la pietra angolare dell'unità della Chiesa è la preghiera di Gesù nell'ultima cena: Padre, che siano uno». Proprio questa è «la forza» e «la pietra sulla quale noi edifichiamo l'unità della Chiesa. Senza questa pietra non si può. Non c'è unità senza Gesù Cristo alla base: è la nostra sicurezza».
Trovata la pietra angolare, c'è il passaggio successivo: "Chi?", «chi costruisce questa unità?». Questo «è il lavoro dello Spirito Santo», risponde Papa Francesco, perché Lui «è l'unico capace di fare l'unità della Chiesa», anche «nella diversità dei popoli, delle culture, delle persone». Per questo Gesù lo ha inviato: «per fare crescere la Chiesa, per farla forte, per farla una».
Quindi la terza domanda: "Come?", in che modo si costruisce questo tempio? La risposta questa volta la offre San Paolo, il quale - al contrario dell'Apostolo Pietro che «diceva che noi eravamo pietre vive in questa costruzione» - «ci consiglia di non essere tanto pietre, ma piuttosto mattoni deboli».
Di conseguenza «i consigli che dà Paolo per aiutare lo Spirito Santo a costruire questa unità sono consigli di debolezza, secondo il pensiero umano». E infatti «umiltà, dolcezza, magnanimità sono cose deboli, perché l'umile sembra che non serva a niente; la dolcezza, la mitezza sembrano non servire; la magnanimità, l'essere aperto a tutti, avere il cuore grande...».
Per di più Paolo aggiunge: «sopportandovi a vicenda nell'amore», ma «avendo a cuore di conservare l'unità». Così «noi diventiamo più pietre forti in questo tempio quanto più deboli ci facciamo con queste virtù dell'umiltà, della magnanimità, della dolcezza, della mitezza».
Ed è esattamente «lo stesso cammino» compiuto da Gesù, il quale «non ritiene di essere uguale a Dio: si abbassò, si annientò; si è fatto debole, debole, debole fino alla croce, e divenne forte». Il Papa ha ricordato che noi siamo chiamati a fare «lo stesso: quanto più noi siamo mattoni, così con queste virtù, più saremo utili allo Spirito Santo per fare l'unità della Chiesa». Al contrario, «l'orgoglio, la sufficienza non servono».
Alla fine si può dire - ha rimarcato il Papa - che «è lo Spirito a fare questa costruzione, questo tempio che è la Chiesa vivente, sulla pietra di base che è Gesù, che è una; sulla pietra di base che è la preghiera di Gesù per l'unità».
Tutti i cristiani sono chiamati allora a seguire questo cammino e farsi costruttori dell'unità della Chiesa. E come l'architetto deve tracciare una piantina prima di edificare, anche i cristiani hanno una loro planimetria da seguire che è «la speranza di andare verso il Signore, la speranza di vivere in una Chiesa viva, fatta con pietre vive, con la forza dello Spirito Santo».
«Soltanto sulla piantina della speranza possiamo andare avanti nell'unità della Chiesa». E papa Francesco conclude: «Siamo stati chiamati ad una speranza grande. Andiamo lì! Ma con la forza che ci dà la preghiera di Gesù per l'unità; con la docilità allo Spirito Santo, che è capace di fare da mattoni pietre vive; e con la speranza di trovare il Signore che ci ha chiamati, trovarlo quando avvenga la pienezza dei tempi».

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