Il messaggio di questa penultima domenica dell'anno liturgico mi riporta a porre la mia attenzione all'attesa di quel mondo, annunciato da Gesù, che va oltre le apparenze che ci circondano. Il regno nuovo, instaurato dal Risorto e che gusteremo alla fine dei tempi, sta inondando già ora le nostre esistenze, anche se le apparenze sembrano mostrarci il contrario.
Caudio Arletti, nel suo commento alle letture di oggi, scrive tra l'altro: «Il Figlio di Dio incarnato, in quanto uomo e rivelatore agli uomini, non conosce il tempo del Padre, tanto questo tempo è al di fuori di ogni causalità umana. Non si possono fare calcoli e ben lo mostra l'esortazione del v. 28: "Dal fico imparate [...]"(Mc 13,28). L'immagine del fico presuppone un osservatore attento: Dio non usa mai effetti speciali. Chiede a noi di percepire la sua azione discreta e continua. Tutto passerà inosservato, se non sappiamo notare quanto cambia attorno a noi. Se non viviamo nell'attesa, perché mai dovremmo aguzzare gli occhi per scorgere i segni di Dio? Forse troppe volte la routine di ogni giorno ci fa dimenticare il divenire lento ma costante della nostra storia. Essa ci impone un determinato stile di vita».
Molti sono oggi i segni premonitori di un mondo che vuole spingersi verso orizzonti migliori, verso una pienezza di cui l'umanità sente urgentemente l'esigenza.
Il mondo - tutti ne hanno sentore - tende, vuol tendere all'unità: ma quanto è difficile scorgere la strada per una fraternità veramente vissuta e partecipata. E molti, stanchi dell'attesa, cominciano a dubitare o a non crederci più…
Un particolare, nella chiesa per esempio, di questo "segno" di novità è la "riattivazione" del diaconato come ministero proprio e permanente, quale segno sacramentale di Gesù che serve e dà la vita.
Sono convinto che accorgersi di questo avvenimento presupponga una vigilanza attenta ai segni di quello Spirito che vuol farci entrare in una dimensione comunionale del servizio, aliena da qualsiasi forma di potere, in una chiesa "serva" e "povera", in cui chi ha responsabilità di governo è veramente, con tutta la propria esistenza, al servizio della comunità; e la comunità dei credenti trova la pienezza del suo essere nell'esistere per gli altri. Presuppone una chiesa-comunione che sa farsi prossimo all'umanità che la circonda, senza nulla chiedere…
La diaconia della chiesa e nella chiesa (e in particolare quella ordinata) vuole essere un segno, accanto agli altri che lo Spirito suscita con grande abbondanza di carismi, nell'umanità di oggi, per una vera fraternità universale.
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