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domenica 11 maggio 2014

Il Diaconato in Italia – Indice 2014



Il Diaconato in Italia
Periodico bimestrale di animazione per le chiese locali

Indice 2014 (anno 46°)







Titolo dell'annata:
LA DIACONIA DELLA MISERICORDIA E DELLA SPERANZA


Temi monografici:

n° 184 – gennaio/febbraio 2014
Misericordia luogo diaconale:
fortezza e mitezza dell'amore


n° 185 – marzo/aprile 2014
Diaconi ministri della speranza
nelle periferie del mondo


n° 186 – maggio/giugno 2014
Il mistero dei diaconi
per una profezia nella storia


n° 187 – luglio/agosto 2014
Una chiesa povera per i poveri
perciò diaconale


n° 188/189 – settembre/dicembre 2014
Donna e famiglia diaconale
e sfide per l'evangelizzazione




(Vai ai testi…)



sabato 10 maggio 2014

Atti del Convegno Diaconi 2013 [2]
 Diaconi per la Chiesa a 50 anni dal Concilio


Segnalo due interventi, che ho riportano nel mio sito di testi e documenti, a conclusione del Convegno Nazionale dei Diaconi (cf. Atti del Convegno - Napoli, agosto 2013).
Uno di Enzo Petrolino, presidente della Comunità del Diaconato in Italia, da titolo "Il diaconato a 50 anni dal Concilio Vaticano II"; l'altro del card. Crescenzio Sepe, Arcivescovo di Napoli, nell'omelia della Messa al termine del Convegno, "Diaconi per la Chiesa universale".

Riporto alcuni stralci dell'intervento di Petrolino, dove l'autore inserisce il discorso sul diaconato permanente nel contesto di tutta la prospettiva ecclesiale del Concilio Vaticano II, riportandolo all'oggi.
«Provo a descrivere gli aspetti che ritengo costituiscano, oggi, la questione del diaconato. Vorrei evidenziare anzitutto alcuni punti critici, per poi indicare anche le ragioni della speranza. È in primo luogo indispensabile ed urgente interrogarci sul servizio che, come diaconi, abbiamo offerto alla comunità cristiana e al mondo in questi anni postconciliari: questo ci consentirà di capire in che misura abbiamo contribuito ad allargare l'orizzonte della diaconia di Cristo all'intera vita e missione della Chiesa in questo nostro tempo.
Capire, cioè, se attraverso il nostro agire è maturata nelle nostre comunità una "coscienza diaconale", ovvero la consapevolezza di quella comunionalità - inaugurata e fortemente voluta dal Concilio - che si traduce nella partecipazione e nella corresponsabilità a tutti i livelli e nelle sue diverse forme».
«La caratteristica del Cristianesimo - lo sappiamo - è l'incarnazione e l'incarnazione è un "mistero di solidarietà, di compagnia, di comunione". È questa una forte provocazione per evitare che il diacono si chiuda nel recinto del sacro, ed aiutarlo - al contrario - a farsi ministro di una Chiesa che è chiamata, come amava ripetere Giovanni Paolo II, a trovare se stessa "fuori" di se stessa. Questa dovuta e necessaria conversione verso i poveri collocherà i diaconi nel loro giusto contesto ecclesiale e ministeriale, rendendo finalmente visibile lo stretto legame della mensa del corpo di Cristo con la mensa dei poveri, e dell'eucaristia con la carità».
«Credo si possa affermare che la dimensione secolare della vocazione dei diaconi è vissuta in modo ancora troppo debole. Tale vocazione, cioè, sembra essere giocata troppo sulla dimensione pastorale e molto meno su quella secolare, che risulta troppe volte poco vissuta, poco capita, poco valorizzata. Non appare ancora sufficientemente chiaro, infatti, che la presenza dei diaconi nella famiglia, nella scuola, nelle professioni, nella politica, nella cultura, non si limita a una questione privata, giocando solo sulla coerenza della testimonianza personale, ma costituisce un modo peculiare di contribuire alla missione della Chiesa. Questa comprensione del valore missionario della vocazione diaconale vissuta nel mondo forse è troppo poco presente nella coscienza delle nostre comunità e nella stessa coscienza dei diaconi».

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Il card. Sepe riprende il concetto di un diacono che esce dal tempio per incontrare la gente là dove vive, secondo le aspettative dal Concilio.
«Il Diaconato permanente è frutto della Chiesa del Concilio, della Chiesa cioè aperta al mondo, della Chiesa che sa uscire dalle proprie mura per incontrare l'uomo e tutti gli uomini nelle condizioni e situazioni particolari nelle quali si trovano a vivere».
«Voi, cari diaconi, se volete essere figli del Concilio, dovete incarnare nella società di oggi la fede che sa aprirsi all'altro, che sa uscire dalle mura sacre; una fede che sa dialogare con l'altro nella realtà nella quale la comunità degli uomini si trova a vivere. Una fede vera è una fede che si fa serva, una fede che si incarna nella carità; una fede intimista, una fede autoreferenziale non è la vera fede in Cristo; non è quello che Cristo ci ha invitati a portare nel mondo, non è la fede missionaria».
«Non si può perciò pensare, come qualche volta succede, che il diacono c'è solo per il culto, per la Parola, per cui basta semplicemente partecipare alle celebrazioni liturgiche della domenica o a quelle del sabato per dire che abbiamo realizzato il nostro dovere e la missione diaconale affidataci. Non basta.
Bisogna sapere andare al di là e cercare Dio che è presente in ogni uomo, in ogni parte; Dio che si trova in ogni città, vicolo, piazza, casa…».
«Non bisogna dividere la sacralità dalla umanità perché questa umanità è stata resa sacra proprio da Cristo, che è diventato uomo, che si è rivolto ad ogni uomo…».
«Uscire dal tempio, andare incontro alla gente che vive situazioni di marginalità morale e materiale, non avere paura di gettarvi nella mischia; non avere paura di sporcarvi le mani, ma avere il coraggio, come il Signore, di porsi accanto al fratello, di accompagnarlo e rendere ragione della speranza che c'è nei vostri cuori».

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venerdì 9 maggio 2014

Gesù, l'unico Pastore


4a domenica di Pasqua (A)

Appunti per l'omelia

La quarta domenica di Pasqua è detta "del Buon Pastore". Il testo evangelico odierno (Gv 10,1-10) apre un lungo discorso dove Gesù rivela chi è per gli uomini e soprattutto per i suoi discepoli, che cosa fa per loro e come essi si comportano con Lui. Gesù presenta se stesso in contrapposizione a coloro che non sono pastori, ma «ladri e briganti»: cioè i responsabili di Israele, che non promuovono il vero bene del popolo, e quanti, mossi da un falso messianismo, procurano la sua rovina.
Le immagini che Gesù porta, pur ispirandosi alle usanze della vita pastorale nella Palestina di allora, si riferiscono all'immagine biblica, molto nota, di Dio pastore che ama il suo popolo, raffigurato come un gregge: si prende cura di esso, condanna i falsi pastori, lo riconduce dall'esilio e lo raduna dalla dispersione.
Più direttamente ancora, Gesù si richiama alla situazione che sta vivendo a Gerusalemme: durante la festa delle Capanne e nel Tempio offre la sua rivelazione. Egli è la "luce del mondo" e lo ha mostrato guarendo un uomo cieco dalla nascita (cf Gv 9). Quest'uomo ha ricuperato la salute integrale arrivando alla fede piena in Gesù e testimoniandolo coraggiosamente, al punto da subire l'espulsione dalla comunità. Gesù rivolge il presente discorso agli avversari che hanno scacciato il cieco guarito. Si presenta ad essi come il vero Pastore del popolo. In effetti, nell'Antico Testamento le "pecore" indicano spesso i membri del popolo di Israele. Il termine "recinto", poi, non designa mai un recinto per le pecore, ma indica quasi sempre il vestibolo davanti alla Tenda nel deserto o davanti al Tempio. Indica quindi simbolicamente il Tempio di Gerusalemme, che rappresenta il giudaismo. Il pastore legittimo delle pecore, colui che entra per la porta, è Gesù, nuovo Pastore di Israele, che si è presentato al Tempio di Gerusalemme per rivelarsi ai Giudei durante la festa delle Capanne. Tutte le pecore del recinto, cioè tutti i Giudei, hanno potuto conoscere la sua dottrina, ma solo alcune di esse sono le «sue pecore». Tra esse il cieco guarito. Egli le «conduce fuori», come Dio aveva fatto uscire il suo popolo dalla schiavitù d'Egitto. Gesù costituisce così un nuovo gregge, la Chiesa. Ed i rapporti tra il Pastore e le sue pecore sono descritti in questi termini: «cammina davanti ad esse e le pecore lo seguono». Egli cioè le guida ed esse vivono con Lui, condividono il suo progetto, attuano la sua volontà.
Ma questa rivelazione iniziale di Gesù è piuttosto oscura e non viene compresa. Gesù allora riprende l'immagine della «porta» e del «pastore» sviluppandole e applicandole a sé: «Io sono la porta delle pecore». Una volta uscite dal recinto del giudaismo, le pecore devono passare attraverso la porta che è Gesù per accedere alla salvezza e alla vita: «Se uno entra attraverso di me, sarà salvato». Altrove Gesù dirà: «Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14,6). La salvezza sta appunto nel rapporto pieno col Padre.
La "porta", però, non è soltanto un luogo di passaggio attraverso cui si entra, ma appartiene già al recinto stesso. Riferita a Gesù, l'immagine della "porta" non significa soltanto che per accedere alla salvezza, per incontrare il Padre, occorre passare attraverso di Lui, che è appunto il "mediatore" della salvezza. Ma indica inoltre che questi beni della vita e della salvezza le pecore li trovano in Gesù. Vale a dire, Gesù non è soltanto la porta, la via di accesso; è anche il nuovo recinto, il nuovo Tempio in cui i suoi possono trovare i beni messianici e incontrare il Padre.
Al di là dei suoi primi destinatari, i nemici di Gesù, la sua rivelazione oggi raggiunge noi e intende comunicarci una certezza di fede: Gesù è l'unico Pastore, l'unica Porta.
Gesù è l'unico che ci dà la vita vera e piena, l'unico che ci salva. L'unico che ci ama.
L'iniziativa parte da Lui: «Chiama le sue pecore, ciascuna per nome»!
E le sue pecore «conoscono la sua voce». Sono felici di appartenergli, hanno un'intesa profonda con Lui. «Lo seguono». È la "sequela" che esprime la relazione essenziale del discepolo col proprio maestro, e significa riconoscenza lieta e colma di stupore: «Eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al Pastore e custode delle vostre anime» (1Pt 2,25).
Allora posso dire anch'io con tutto me stesso, con il cuore colmo di gioia e di riconoscenza: «Il Signore è il mio Pastore, non manco di nulla!».



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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Chiama le sue pecore, ciascuna per nome (Gv 10,3)
(vai al testo) - (pdf, formato A5/A4c)

Commenti alla Parola:
  di Gianni Cavagnoli (VP 2014)
  di Marinella Perroni (VP 2011)
  di Enzo Bianchi


mercoledì 7 maggio 2014

Diaconi nella Chiesa di papa Francesco
 (Atti del Convegno Diaconi 2013 [1])


Ho riportato nel mio sito di testi e documenti l'intervento che p. Bartolomeo Sorge ha tenuto al Convegno Nazionale del Diaconato, che si è tenuto a Napoli nell'agosto scorso.


Così l'inizio dell'articolo:
«Oggi la cultura secolarizzata ha fatto suoi molti valori della cultura cristiana (quali la dignità della persona, la solidarietà, la qualità della vita) e li presenta come meramente «laici», ignorandone la radice religiosa. Il cristianesimo, cioè, non è visto come un fenomeno di natura trascendente, ma tutt'al più come una "religione civile", utile sotto diversi aspetti alla vita sociale. Questo processo di secolarizzazione, ha portato con sé l'eclissi del senso morale, sfociando nel «relativismo etico»: "È avvenuta - rilevano ancora i nostri vescovi - alla fine del secondo millennio cristiano una vera e propria eclissi del senso morale. Con questo non vogliamo né possiamo dire che la gente sia più cattiva di un tempo: piuttosto è diventato difficile perfino parlare dell'idea del bene, come di quella del male, senza suscitare non tanto reazioni, quanto molto più semplicemente una forte incomprensione"» […]

Ecco alcuni sottotitoli:
L'impostazione pastorale di papa Francesco è profetica.
La svolta di papa Francesco: prima la testimonianza di fede, poi la dottrina.
Rilettura profetica della Gaudium et spes: i nodi che il Concilio non potè sciogliere; il taglio alla radice di ogni forma di clericalismo.
Una Chiesa povera: la Chiesa «non pone la sua speranza nei privilegi offerti dall'autorità civile. Anzi essa rinuncerà all'esercizio di certi diritti legittimamente acquisiti, ove constatasse che il loro uso potesse far dubitare della sincerità della sua testimonianza» (GS 76).

Un particolare rilievo è stato dato, in questa relazione, all'apporto del card. Martini e di don Tonino Bello, ricordati rispettivamente nel 1° e nel 30° anniversario della loro morte.
Di don Tonino Bello ha riportato ampi stralci di una lettera scritta in occasione dell'ordinazione del primo diacono permanente della diocesi di Molfetta.
A questo proposito rimando al testo della lettera che ho riportato a suo tempo su questo blog.

Vai al testo completo…


lunedì 5 maggio 2014

Mese di maggio con papa Francesco


Il mese mariano 2014 con papa Francesco


Una raccolta di testi mariani tratti dagli interventi di papa Francesco sulla Vergine Maria: una traccia per un bel cammino per il mese di maggio, proposto da fr. Massimo della Chiesa francescana della Vergine Immacolata di Frascati (RM).
Proposta attuativa: Al termine della S. Messa, prima della Benedizione finale, si legge il brano proposto o la breve preghiera, si esegue un canto mariano e poi si conclude la celebrazione.



Nel mio sito di Testi e Documenti ho riportato tutta la raccolta, giorno per giorno (vai ai testi…).

(NB: I titoli sono miei)


  1 Maggio – San Giuseppe Lavoratore
  2 Maggio – L'ascolto di Maria
  3 Maggio – La decisione di Maria
  4 Maggio – L'azione di Maria
  5 Maggio – L'Immacolata nel disegno di Dio
  6 Maggio – Maria, la Madre
  7 Maggio – Il "sì" di Maria
  8 Maggio – Maria, la Tutta Bella
  9 Maggio – In Maria la Parola di Dio si è fatta carne
10 Maggio – In Maria la gioia piena
11 Maggio – Stile mariano dell'evangelizzazione
12 Maggio – Maria, mossa dallo Spirito Santo
13 Maggio – Vergine dell'ascolto e della contemplazione
14 Maggio – Maria, donna della fede
15 Maggio – Maria, sostegno nella fede
16 Maggio – Scelta per essere Madre di Dio
17 Maggio – La fedeltà di Maria
18 Maggio – Tutto è dono di Dio
19 Maggio – Maria, donna dell'ascolto
20 Maggio – Affidamento a Maria
21 Maggio – Custoditi fra le braccia di Maria
22 Maggio – Maria, aiuto nelle sfide della vita
23 Maggio – Maria sempre ci porta a Gesù
24 Maggio – Maria ci apre la porta a Dio
25 Maggio – Maria concepisce prima nella fede poi nella carne
26 Maggio – Offrire la nostra vita con l'umiltà e il coraggio di Maria
27 Maggio – Maria ci precede nel pellegrinaggio della fede
28 Maggio – Maria, la vera discepola di Gesù
29 Maggio – Maria, la Madre della gioia
30 Maggio – Maria, modello della fede della Chiesa
31 Maggio – Maria, modello di carità


(vai ai testi…)

venerdì 2 maggio 2014

In cammino con il Risorto


3a domenica di Pasqua (A)

Appunti per l'omelia

L'annuncio pasquale che Pietro rivolge a una grande folla, il giorno di Pentecoste (cf At 2,14-33) è una notizia sconvolgente: Dio ha risuscitato Gesù dai morti! Questo annuncio risuona oggi ai nostri orecchi ancora nuovo e provocatorio. Ci interpella con la stessa forza di allora: "Voi per opera di Gesù credete in Dio, che lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria e così la vostra fede e la vostra speranza sono fisse in Dio". È l'esperienza che ci consente di rivivere il racconto evangelico dei discepoli di Emmaus (cf Lc 24,13-35).
La domenica di Pasqua Clèopa e un altro discepolo si allontanano da Gerusalemme profondamente delusi e amareggiati a causa della crocifissione del loro Maestro. Ma vi ritornano pieni di gioia recando l'annuncio pasquale. Tra questi due momenti si situa il loro cammino, durante il quale Gesù si unisce a loro senza essere riconosciuto, e la cena a Emmaus nella quale i loro occhi si aprono al Risorto.
«Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo». Gesù è quello di prima, ma è anche diverso: risorgendo dai morti è entrato in una dimensione radicalmente nuova, quella cioè di un corpo glorificato, permeato e trasfigurato dalla realtà di Dio. Se fosse tornato alla vita terrena di prima (come è stato per Lazzaro, uscito dalla tomba) i discepoli non avrebbero difficoltà a identificarlo. Ma per riconoscerlo nella sua nuova dimensione occorre la fede, che in essi però è spenta. Considerano infatti la morte del Maestro un fallimento irreparabile. Per essi non c'è futuro oltre la morte.
Ed è anche l'esperienza di tante persone oggi: la rassegnazione fatalistica davanti alla morte, l'incapacità di sospettare una vita nuova al di là della morte!
Ed è qui che comincia l'esperienza con Gesù, che inizia con lo sgombrare ai due uomini la via della fede. Prima, però, Gesù si avvicina a loro, si fa compagno di viaggio e li interroga, si interessa della loro vita, si lascia coinvolgere dai loro problemi, li provoca a uscire fuori dalla apatia e cammina con loro: se li fa amici, ottiene la loro fiducia. Ed essi si sentono amati, capiti, pronti ad affidarsi alla sua parola. Egli apre loro una prospettiva nuova, mostra, spiegando le Scritture, il cammino percorso da Gesù: la sua morte in croce non manifesta il suo fallimento, ma la sua incondizionata fedeltà a Dio. Per questo il suo cammino non finisce con la morte, ma attraverso di essa conduce alla gloria, alla comunione piena, eterna con Dio. È una vera conversione quella che la parola di Gesù opera lentamente in loro. Ora non sono più tristi, ma sentono «ardere il cuore» e desiderano prolungare la relazione con Lui: «Resta con noi…». Accolti da Lui, ora lo accolgono.
I discepoli sono, così, gradualmente portati a riconoscere il Risorto, a incontrarlo nel modo più intimo e forte. Ciò avviene a tavola, nel momento della fraternità conviviale, quando Egli spezza il pane, ed i loro occhi si aprono e lo riconoscono.
L'evangelista, usando vocaboli che evocano l'ultima cena di Gesù e il rito eucaristico, vuole assicurare i cristiani che, quando si riuniscono per "spezzare il pane", incontrano il Risorto, come accadde a Emmaus. Tutta la struttura, infatti, del racconto sembra proprio ricalcare lo schema della celebrazione eucaristica: alla "mensa della Parola" segue la mensa eucaristica, dove l'incontro col Risorto e col suo sacrificio pasquale si realizza pienamente.
La gioia della scoperta è tale che i due rifanno il cammino, questa volta da Emmaus a Gerusalemme, per comunicare ai fratelli la loro esperienza e per proclamare insieme: «Il Signore è davvero risorto!».
È la notizia sempre fresca e nuova che la Chiesa si sente responsabile di portare a ogni uomo, come il dono più grande che gli possa essere offerto.



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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero (Lc 24,31)
(vai al testo) - (pdf, formato A5/A4c)

Commenti alla Parola:
  di Gianni Cavagnoli (VP 2014)
  di Marinella Perroni (VP 2011)
  di Enzo Bianchi


giovedì 1 maggio 2014

Accogliere e custodire il dono più prezioso


In una giornata bella, piena di sole, nella splendida cornice della "Festa della famiglia", presso il centro di Spiritualità "Santa Maria dell'Acero", che la diocesi di Velletri-Segni celebra ogni 1° maggio, anche quest'anno, come lo scorso, sono stati ammessi ufficialmente al cammino per il diaconato permanente due amici, Claudio Barone e Giuseppe Baroni, con i quali da qualche anno condividiamo il cammino di formazione e discernimento.
Nella gioia e nella commozione di questo giorno abbiamo goduto per quanto il Signore sta operando.
Una vera festa di famiglia, dove la chiesa domestica (impreziosita anche dalle famiglie di questi nostri fratelli candidati al diaconato, che hanno deciso di offrire, con la loro vita ed il loro impegno, un sevizio speciale nella chiesa diocesana) si inserisce luminosa, pur nelle difficoltà quotidiane, nella più grande chiesa locale, attorno al proprio vescovo.
Facciamo nostro l'augurio che il vescovo, mons. Vincenzo Apicella, ha rivolto a tutti di saper accogliere e custodire quanto il Padre ha di più caro, il suo Figlio Gesù, come è stato per san Giuseppe.