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venerdì 5 luglio 2013

La nostra responsabilità nell'annuncio del Vangelo


14a domenica del T.O. (C)

Appunti per l'omelia

Ascoltando il brano di Isaia (66, 10-14), proposto per questa domenica, riconosciamo che l'annuncio splendido rivolto a Gerusalemme, ci riguarda direttamente. È la Chiesa questa città raffigurata come una madre che accoglie con esultanza i suoi figli, prima dispersi, e li nutre: «Sarete allattati e vi sazierete al seno delle sue consolazioni… Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò…». Sembra un sogno, ma è la realtà che attendiamo nella sua pienezza.
Così, il vangelo (Lc 10,1-12.17-20) ci ricorda che questa realtà va condivisa con altri, annunziata a tutti: è la realtà del Regno di Dio che si fa presente in Gesù.
Gesù ha già inviato in missione il gruppo dei Dodici (Lc 9,1-6). Ora manda «altri settantadue discepoli». È una missione temporanea, che prepara e annuncia quella definitiva che essi riceveranno da Gesù risorto. Il numero 72 esprime simbolicamente il fatto che il vangelo di Gesù è destinato a tutti i popoli. A ogni uomo della terra i discepoli di Gesù devono annunciare il loro Signore e Salvatore. Non solo, ma a tutti i discepoli, nessuno escluso, Gesù affida il suo vangelo. Ad essi è affidata questa missione che è universale ed è destinata a tutti gli uomini.
Che cosa annunciare? «Dite loro: è vicino a voi il Regno di Dio»: Dio stesso è qui, vi cerca, vuole unirvi a Lui per farvi felici. Annunciate questo avvenimento! Ciò è possibile se siamo testimoni, persone nella cui vita è arrivato il vangelo, la buona notizia che Gesù è risorto: è Lui il Regno; in Lui Dio si fa presente, si rivela e si dona. La buona notizia che Dio è Amore, che ci è Padre e che cerca ostinatamente i suoi figli, anche quelli che non ne vogliono sapere o non sanno neppure di avere un Padre che li ama e non può fare a meno di loro come essi di Lui. La notizia strabiliante che il destino ultimo dell'uomo, di ogni uomo, è la vita e non la morte, è la felicità e non la disperazione, è la comunione e non la solitudine e l'incomunicabilità. Chi ha incontrato il Regno di Dio in Gesù, chi ha ricevuto la Buona Notizia, non può non desiderare e impegnarsi perché ogni uomo della terra diventi partecipe della sua stessa scoperta, della sua stessa gioia. Se non succede, non sarà un indizio inquietante che il Vangelo mi ha soltanto sfiorato, ma non riesce ancora a invadere e a unificare la mia vita?
Se l'oggetto dell'evangelizzazione è la persona di Gesù, in che modo e con quali gesti si compie l'annuncio?
«...Pregate il signore della messe...». L'iniziativa rimane di Dio. È sua l'opera di evangelizzazione. Il dialogo della preghiera è invocazione rivolta a Lui perché susciti e sostenga gli operai del vangelo, perché renda efficace la loro parola e tocchi il cuore di chi ascolta. Quando non è possibile parlare di Gesù alla gente, e comunque sempre prima di parlare, è decisivo parlare con Gesù della gente, affidandogli i destinatari della nostra parola.
«...Non portate borsa né sacca...». Gesù indica lo stile di sobrietà, di povertà, di semplicità, di essenzialità, che deve caratterizzare gli inviati. Essi testimoniano, così, che l'unico tesoro a cui è legato il loro cuore è il Signore che annunziano. Quando il vangelo trasforma la vita di chi lo annunzia, tale testimonianza è senza dubbio l'annuncio più efficace.
«...Guarite i malati...»: la solidarietà e l'attenzione concreta a chi soffre. Solo l'amore è credibile e rende feconda la missione.
«...Li inviò a due a due...»: in compagnia, perché si sostengano a vicenda; perché la testimonianza comune sia più valida e incisiva; perché, vivendo l'amore reciproco e realizzando così la comunione, consentano a Gesù di essere presente tra loro e con loro. È la Chiesa-comunione che evangelizza e non il singolo. Anche quando fossi solo a testimoniare Gesù e a parlare di Lui, io coinvolgo sempre la comunità cristiana di cui faccio parte, e ciò nella misura in cui sono inserito in essa e vivo la "comunione".
Gli inviati di Gesù sono animati da un'umile ma sicura consapevolezza: è Lui che li manda, sia pure in condizioni di grave precarietà, «come agnelli in mezzo a lupi». Il servizio di annuncio e di testimonianza che svolgono, se per loro è compito e urgenza a cui non possono sottrarsi, per i destinatari è appello che li coinvolge direttamente e che non possono rifiutare senza caricarsi di una grave responsabilità davanti a Dio. È il senso del gesto di scuotere la polvere dai piedi che i "missionari" sono invitati a compiere, quando non vengono accolti. È la consapevolezza che attraverso la loro opera il Regno di Dio avanza vincendo il potere di satana: «Vedevo satana cadere dal cielo...».
La nostra responsabilità è questa: "Il cristiano è un uomo a cui Dio affida tutti gli uomini" (san Giovanni Crisostomo).



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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Pregate dunque il Signore della messe (Lc 10,22)
(vai al testo) - (pdf, formato A5/A4c)

Commenti alla Parola:
  di Marinella Perroni (VP 2013)
  di Claudio Arletti (VP 2010)
  di Enzo Bianchi


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