Questo Blog continua nella nuova versione
venuto per servire
(clicca qui per entrare)


venerdì 7 febbraio 2014

Il nostro vero essere per gli altri


5a domenica del T.O. (A)

Appunti per l'omelia

Gesù, dopo aver tratteggiato la fisionomia del discepolo con il discorso delle beatitudini (cf Mt 5,1-11), si rivolge ora ai suoi in modo diretto e con alcune immagini rapide e significative, ricordando loro ciò che sono e ciò che devono essere... per pura grazia: «Voi siete il sale della terra... voi siete la luce del mondo» (cf Mt 5, 13-16).
Da ciò possiamo dedurre la necessita della Chiesa e dell'indispensabilità dei cristiani. Anche se combattuti e perseguitati, dimenticati, irrisi, emarginati, i cristiani sono per la comunità degli uomini quello che è il sale, quello che è la luce. Il sale, come mezzo per conservare gli alimenti e preservare dalla corruzione e dalla degenerazione; ed anche come condimento che dà sapore alle vivande. Con questa immagine appare chiaro il compito dei discepoli di Gesù: sono quelli che col Vangelo annunziato e vissuto salvano la società dalla degenerazione, dall'andare in frantumi, quasi anticorpi contro la decomposizione sociale. Sono, poi, coloro che in ogni situazione portano il gusto di vivere, aiutano a riscoprire il significato dell'esistenza, danno un sapore e senso nuovo al cammino spesso monotono e sfiduciato che gli uomini stanno facendo.
Affermazioni che ci mettono i brividi per la nostra inadeguatezza e le vertigini per quanto Dio progetta per noi, nonostante i nostri tradimenti.
«Voi siete la luce del mondo». Noi moderni, che viviamo nell'età della tecnica avanzata, forse avvertiamo meno il valore e la necessità della luce, come raramente conosciamo il disagio e il terrore del buio. Ma gli uomini antichi sapevano bene cosa volesse dire trovarsi al buio: quando sopraggiunge il buio, tutto si blocca, la vita in qualche modo si paralizza, non sai più dove andare. Prende senso allora l'immagine di Gesù: il mondo è immerso nel buio, gli uomini sono disorientati, brancolano a tastoni e stentano a comprendere l'enigma della loro esistenza, del loro destino, della storia. È come se avessero smarrito il senso della propria identità, con il conseguente senso di angoscia ed il pessimismo diffuso. Così, in questo mondo avvolto dal buio, una luce comincia a brillare e gli uomini si riprendono dal loro smarrimento: questa luce sono i cristiani, è la Chiesa. Anzi, più precisamente Gesù non parla di "una" luce, ma afferma che i discepoli sono "la luce". E ciò perché è Lui stesso la "luce" (cf Gv 8,12; 1,4-9). I cristiani, infatti, non brillano di luce propria, ma è Cristo Luce che risplende in loro e attraverso di loro, quale «città che sta sopra un monte», quale «lampada che fa luce a tutti quelli che sono nella casa».
È veramente immensa la dignità dei cristiani! Ma al dono è strettamente legato l'impegno e la responsabilità, perché se i cristiani non svolgono nei confronti della comunità degli uomini la loro funzione specifica di essere sale e luce, significa che hanno perduto la loro identità, «a null'altro servono che ad essere gettati via e calpestati dalla gente». Come se il sale diventasse "insipido"; come se la luce, invece che brillare e bruciare, fosse spenta o ridotta a lucignolo fumigante.
Ma l'impegno dei cristiani va ancora più oltre: compiendo le loro «opere buone» con gesti concreti d'amore verso i fratelli in necessità, il popolo di Dio brillerà come luce davanti alle genti che riconosceranno la presenza del Signore (cf Is 58,7-10), portando il cuore degli uomini a «glorificare il Padre».
Questa è la missione che tutti i credenti in Cristo sono chiamati ad attuare, anche quelli che non fossero in grado di portare un annuncio diretto. Lo faranno con la qualità della loro vita, intessuta di opere buone, con l'adesione costante alla volontà di Dio. Opere che, appunto, risplendono, incantano e attraggono, perché in esse si manifesta qualcosa della "gloria" di Dio, qualcosa cioè di quell'amore che i cristiani ricevono dal Padre e con cui le compiono. Come ebbe a dire Madre Teresa di Calcutta: "La vostra vita grida più forte delle vostre parole".



-------------
Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Vedano le vostre opere buone (Mt 5,16)
(vai al testo) - (pdf, formato A5/A4c)


Commenti alla Parola:
  di Gianni Cavagnoli (VP 2014)
  di Marinella Perroni (VP 2011)
  di Enzo Bianchi


1 commento:

  1. Sì condivido una vita grida più di tante parole. Il silenzio è più forte di tanto clamore e sul serio conserva la fede, come il sale gli alimenti. Buona domenica!

    RispondiElimina