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venerdì 27 settembre 2013

Scoprire in tempo il senso della vita


26a domenica del T.O. (C)

Appunti per l'omelia

Con un'altra parabola Gesù rivela il rischio terribile che corrono coloro che si godono tranquillamente i propri beni pensando soltanto a se stessi.
Il brano evangelico si articola in due scene. La prima descrive la situazione di un ricco e quella di un povero sulla terra.
Il ricco è il tipico gaudente che non si cura d'altro che di assaporare le gioie della vita senza pensare né a Dio né agli altri né alla vita futura. Nemmeno si accorge che alla porta della sua casa giace un povero ammalato, coperto di piaghe, tormentato dalla fame. Il ricco esclude l'altro, lo rimuove dall'orizzonte delle sue attenzioni e preoccupazioni. Il povero viene visto come disturbo, fastidio, minaccia alla qualità della propria vita. La ricchezza, quando diventa idolo, chiude il cuore dell'uomo a Dio e al prossimo.
In netto contrasto con la condizione e l'atteggiamento del ricco Gesù presenta il povero: è un uomo giusto che, nell'estrema miseria, non perde la fiducia, ma è convinto che "Dio lo aiuta". È il significato del nome "Lazzaro": Dio ha un debole per i poveri, li difende.
La distanza che separa i due è abissale, nonostante la prossimità spaziale. L'uno è fortunato, beato; l'altro è disgraziato.

Inaspettatamente si apre una seconda scena. Si svolge nell'aldilà ed è inaugurata dalla morte, per la quale il ricco e il povero sono uguali. Essa li colpisce entrambi. La separazione e il contrasto fra i due rimane, anzi si fa drammaticamente grave e definitivo. Ma i loro destini si invertono, sono capovolti.
Il povero viene portato «accanto ad Abramo», mentre il ricco precipita «negli inferi tra i tormenti».
La descrizione della vita successiva alla morte che Gesù fa nella parabola è immaginaria. Egli non intende tracciare una geografia dell'aldilà. Semplicemente si adatta alla mentalità giudaica. Questa si raffigurava il mondo futuro come diviso in due scomparti, di gioia l'uno, di sofferenza l'altro, da cui ci si poteva anche vedere e parlare.
Nel dialogo tra il ricco anonimo ed Abramo, il ricco riconosce che il genere di vita praticata sulla terra lo ha condotto a tale stato di disperazione. Per questo vorrebbe che i suoi cinque fratelli fossero avvertiti di cambiare vita per evitare così il suo stesso destino pieno di tormenti.
La risposta di Abramo, alla richiesta di inviare messaggeri dall'aldilà, è perentoria: «Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro». Come a dire, la Parola di Dio può e deve bastare. Il Vangelo di Gesù, che risuona qui e ora per me è più che sufficiente. Per convertirsi l'uomo non ha bisogno di cose straordinarie. Deve solamente ascoltare la Parola di Dio, che manifesta la sua volontà e mette espressamente in rilievo la responsabilità sociale nei confronti dei poveri. Per ascoltare, però, la Parola di Dio e quindi la sua volontà, occorre avere un cuore aperto e pronto. Se invece il cuore è indurito dall'egoismo e non si interessa di Dio e del prossimo, allora anche miracoli e messaggeri dall'aldilà sono inutili.
La vita presente è decisiva. Dal modo con cui sappiamo gestirla dipende la nostra sorte eterna. Se la viviamo nell'attenzione ai fratelli più poveri, condividendo con loro i nostri beni (e non solo materiali), eviteremo il rischio di quella condanna senza appello che ha colpito il ricco della parabola.



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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Hanno Mosè e i profeti: ascoltino loro (Lc 16,29)
(vai al testo) - (pdf, formato A5/A4c)

Vedi anche:
Preferenza per gli ultimi (26 settembre 2010)


Commenti alla Parola:
  di Marinella Perroni (VP 2013)
  di Claudio Arletti (VP 2010)
  di Enzo Bianchi


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