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sabato 2 febbraio 2013

Essere profeti, oggi


4a domenica del T.O. (C)

Appunti per l'omelia

Nel passo autobiografico proposto dalla I lettura (Ger 1, 4-19), il profeta Geremia ricorda il momento in cui, in un'esperienza profonda di incontro con Dio, ha percepito la sua vocazione: «Prima di formarti nel grembo materno ti ho conosciuto...». Prima ancora che i genitori abbiano deciso la nascita del loro figlio, Dio è presente a lui. E Geremia scopre con immenso stupore con quanto amore è stato voluto e quale disegno Dio da sempre ha pensato per lui. «Ti ho stabilito profeta delle nazioni», portavoce di Dio non solo presso il suo popolo, ma anche presso i pagani. Missione scomoda, quella del profeta, che gli procurerà resistenze e persecuzioni.
Geremia è figura di Cristo e, in un certo senso, anche dei cristiani chiamati ad annunciare il Vangelo con la parola e con la vita in un ambiente spesso refrattario e ostile. Testimoni coraggiosi e fedeli che, anche se non di rado soli e in minoranza, sanno contestare il male e riaffermare oggi valori irrinunciabili, quali il diritto alla vita, la sacralità del matrimonio, il valore dell'essere genitori, la giustizia, la fraternità…
Gesù, nel brano del vangelo odierno (Lc 4,21-30) in continuazione con quello di domenica scorsa, applica alla sua persona e alla sua missione il testo di Isaia (62,1-2): «Oggi si è compiuta questa Scrittura…». La reazione dell'uditorio, dapprima favorevole degenera in un deciso rifiuto. Gli abitanti di Nazaret si meravigliano che "parole di grazia" come quelle udite potessero uscire dalla bocca di un loro compaesano, di cui conoscevano la vita e sapevano di chi era figlio…
Come può Dio manifestarsi in un uomo che ha origini così umili? È lo scandalo dell'Incarnazione! Quanto è difficile dare credito ad un futuro nuovo, diverso…
«Nessun profeta è bene accetto nella sua patria...»! Con questa affermazione Gesù delinea il suo destino di profeta inascoltato e rifiutato dai suoi. È l'annuncio dell'indurimento del suo popolo nei confronti del Vangelo. È la missione di Gesù che va oltre al suo popolo, perché è universale, come è stato anche per i profeti Elia ed Eliseo che fecero del bene alla vedova fenicia e a Naamàn, il Siro. Gesù, compiendo i miracoli a Cafarnao, dove abitavano moltissimi pagani, mostra che la salvezza di Dio è destinata a tutti i popoli. La sua missione non privilegia un dato territorio, ma si rivolge alle persone. Non è un diritto che gli abitanti di Nazaret possono accampare, ma è un dono di Dio, il quale esprime tale gratuità scegliendo come destinatari dei suoi miracoli i lontani e gli esclusi.
La strada dell'evangelizzazione universale passa necessariamente attraverso la sofferenza, o meglio attraverso la fedeltà fino alla morte di Gesù e dei suoi inviati. «Egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino». È Gesù che viaggia senza sosta per portare dovunque il Vangelo. Come anche i cristiani oggi, impegnati come già Geremia nell'attività profetica dell'evangelizzazione, non possono non riferirsi a questa scena. Neppure possono trascurare il fatto che Gesù, iniziando il suo ministero pubblico, appare come un evangelizzatore mancato, fallito. Proprio Lui, che è l'evangelizzatore per eccellenza, comincia con un insuccesso notevole.
Anche questo fa parte del disegno di Dio per Lui e per tutti gli altri missionari.



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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Tutti gli davano testimonianza (Lc 4,22)
(vai al testo) - (pdf, formato A5/A4c)

Commenti alla Parola:
  di Marinella Perroni (VP 2013)
  di Claudio Arletti (VP 2010)
  di Enzo Bianchi



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