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domenica 16 ottobre 2011

Dare a Dio tutto!


A Cesare quello che è di Cesare, a Dio quello che è di Dio!
Al di là di ogni interpretazione che si vuole dare a queste parole di Gesù, quello che mi colpisce immediatamente è la risposta di Gesù a una domanda non richiesta, di dare cioè a Dio ciò che gli spetta. Cioè tutto!
Se Lui è il Primo nelle mie scelte, nella mia vita, nel mio operare, allora tutto prende senso ed ogni proposta, anche in ordine alla responsabilità verso la cosa pubblica, diventa credibile. Viceversa, come posso dare a Dio ciò che Lui mi chiede, se non sono un buon cittadino, un buon lavoratore, un buon genitore?…
Non ci sono due misure, una per Cesare e una per Dio. Tutto è servizio all'uomo e quindi a Dio; e tutto è servizio a Dio e quindi all'uomo!
I cristiani come possono coniugare l'alta diaconia della politica, se nella comunità dei discepoli non ne fanno esperienza? Ed in seno a questa comunità, come la diaconia ordinata rende possibile questa maturazione?
Sappiamo bene che il credente è colui che "sta nel mondo senza essere del mondo" (cf. Gv 17,11-16). Così, nello splendido scritto delle origini del cristianesimo, nella Lettera a Diogneto, si legge: "I cristiani non si distinguono dagli altri uomini né per territorio, né per lingua, né per abiti. Abitano città greche o barbare, danno esempio di uno stile di vita meraviglioso e paradossale. Essi abitano una loro patria, ma come forestieri; a tutto partecipano come cittadini e a tutto sottostanno come stranieri; ogni terra straniera è patria per loro e ogni patria è terra straniera".


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