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sabato 5 marzo 2011

La grazia del discepolo


"Il Figlio dell'uomo è venuto per servire e dare la vita…" (cf Mc 10,45).
Mi chiedo spesso: il nostro conformarci a quel Gesù, di cui dovremmo essere icona vivente, deve fare i conti con le nostre infedeltà e le storpiature della nostra vita. L'inadeguatezza poi al compito assegnatoci è qualcosa che pesa e si fa sentire.
Ma Gesù, chiamandoci, lo sapeva, lo sa… e questo conforta e dà pace. Anzi, è un motivo in più per confidare totalmente in Lui, nella certezza che in questa sofferenza, tipica di chi è mandato per una missione, troviamo la luce e la forza per proseguire nell'opera intrapresa, troviamo il senso di ogni cosa. È Lui, il Crocifisso abbandonato, il modello di ogni diaconia; in Lui, fattosi tenebra interiore, troviamo la luce piena della sua divinità.
E risuonano in tutta verità le parole di san Paolo: "Siamo tribolati, ma non scoraggiati; sconvolti, ma non disperati; subiamo persecuzioni, ma non siamo perduti…, portando sempre nel nostro corpo la morte di Cristo, perché anche la sua vita si manifesti in noi (2Cor 4,8-10).
Continuo così, nella pace, a portare avanti il compito che Lui mi ha affidato, con la certezza che "saremo saldi e senza timori, dimenticando ogni affanno, ricordandolo come acqua passata… e la nostra vita splenderà più del sole a mezzogiorno e l'oscurità sarà come l'aurora" (cf Gb 11,15-17).
È in questo nostro rapportarci col Signore Gesù che si sperimenta la grazia del discepolo.


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