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venerdì 14 febbraio 2014

La giustizia che ha la sua radice in Dio


6a domenica del T.O. (A)

Appunti per l'omelia

Leggere alla lettera il discorso della montagna di Gesù e le esigenze della nuova giustizia che Egli ci propone, superiore a «quella degli scribi e dei farisei» (cf Mt 5,17-37), non può che impressionare per la radicalità di cui è impregnata.
Facilmente siamo tentati di dare voce alla parte "farisaica" che è in noi o semplicemente alle categorie moraliste che ancora ci dominano, tentando così di sminuirne la portata e il suo coinvolgimento.
«Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 5,20). Così, molto spesso, di fronte alle esigenze di Gesù e col rischio di rimanere esclusi dal suo regno, facciamo risuonare le nostre giustificazioni, che spengono la giustizia.
Verso gli altri, che ci stremano con le loro incongruenze: "Se tutti fanno così, perché io no?"… "Se sono i ricchi e i potenti che rubano e uccidono, perché io no?"… Ma Gesù è perentorio: «Avete inteso che fu detto… ma io vi dico…» (cf Mt 5,21.22).
Verso noi stessi, che sentendoci vittime delle nostre tendenze negative che facciamo fatica a controllare: "Se la mia parte animale è così, che ci posso fare?... "È la società che ci condiziona… è la televisione che ci invade fin nella nostra intimità"… Ma Gesù è senza mezzi termini: «Avete inteso che fu detto… ma io vi dico…» (cf Mt 5,27.28.32).
Verso Dio. E risuonano le parole di coloro che si dicono praticanti: "Ho fatto tanto per lui, e lui non mi ascolta, non mi risponde, non mi ha fatto la grazia, non mi ha dato il lavoro che volevo!". E quelle degli scettici: "Guarda le tragedie del mondo, la fame, la guerra, i cataclismi: non dovrebbe Dio mantenere le promesse di vita? E se non le mantiene lui, perché dovrei farlo io?". Ma anche per i giuramenti e le promesse, Gesù insiste: «Avete inteso... ma io vi dico...» (cf Mt 5,33.34).
È questo un brevissimo sguardo emotivo sul nostro modo di intendere la giustizia, di fronte al quale, ovviamente, le esigenze della nuova legge di Gesù stridono e inquietano. Forse, però, il vero punto nevralgico sta nel termine di paragone: se infatti mi confronto con me stesso e la mia fragilità o con gli altri, inevitabilmente avrò delle buone giustificazioni sul mio atteggiamento e sui miei comportamenti, anche quando sono sbagliati. Ma non avrò giustizia.
Perché la giustizia che ci propone Gesù, quella di Dio, nasce da un presupposto fondamentale: essa è frutto di un rapporto, una relazione nuova proprio con chi ha dato origine alla giustizia: Dio. Da qui nascono le esigenze del Vangelo, che sono per me (non per gli altri) assolutamente radicali! Ecco cosa ci dona e propone Gesù: una giustizia radicale.
Radicale, innanzitutto perché va alla radice. È Dio che per primo non ha ucciso, né di fronte ai tradimenti del suo popolo né con il suo volto onnipotente e maestoso; piuttosto, ha dato per noi la vita di suo Figlio, che si è lasciato uccidere al posto nostro. Dio non ci ha rinnegato né ripudiato, nonostante noi, popolo sposato e prediletto, che abbiamo più volte scelto l'adulterio; piuttosto, è tornato a sedurci, a conquistare il nostro cuore, a stringere definitivamente un'Alleanza sponsale, mosso unicamente dall'amore, che potremmo umanamente definire "pazzesco".
Radicale, poi, che significa totalizzante, che porta a compimento, che dà frutti in abbondanza e porta alla pienezza dell'amore. Dalla radice viene la vita piena e traboccante, perché dalla radice scorre la linfa vitale dell'amore, rendendo tutta la pianta capace di amare allo stesso modo. Attaccato alla radice il mio cuore è sazio e "il mio calice trabocca".
Allora, la giustizia radicale non si limita a rispettare i precetti della Legge facendo del minimo che debbo fare la mia unità di misura, ma si esprime nel massimo della donazione di sé! L'altra faccia della giustizia di Dio, infatti, è la sua misericordia, capace di sconvolgere le aspettative di chi sbaglia, perché non va in cerca del colpevole per condannarlo, ma insegue e persegue la colpa per debellarla.
Per Dio noi siamo più importanti, valiamo di più, delle nostre colpe! Così anche il nostro atteggiamento verso gli altri: la dignità della persona umana, fatta ad immagine di Dio, vale di più delle colpe che può aver commesso!



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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Sia il vostro parlare: "Sì, sì", "No, no" (Mt 5,37)
(vai al testo) - (pdf, formato A5/A4c)


Commenti alla Parola:
  di Gianni Cavagnoli (VP 2014)
  di Marinella Perroni (VP 2011)
  di Enzo Bianchi


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