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mercoledì 27 febbraio 2019

La pace si persegue amando


"Rilettura", alla fine del mese, della Parola di Vita di febbraio.

«Cerca e persegui la pace» (Sal 34,15).

Cercare e perseguire la pace. I conflitti iniziano dalle differenze. Se vediamo le differenze come arricchimento reciproco le trasformeremo in occasioni di dialogo, che non è dibattito sulle idee, ma un saper ascoltare e rispettare. Lo spazio di cui l'altro ha bisogno per esprimersi è dentro di me. E questo dipende dalla mia disponibilità con un ascolto profondo e totale. Ciò è possibile se ho la pace dentro di me, se ho già la pace nel mio cuore.
Per accogliere l'altro devo aprire il cuore e svuotarlo di tutti i miei concetti e di tutti i miei pregiudizi, in modo che l'altro trovi in me un cuore che ama, che si "svuota" per riempirsi di lui, accettandolo così com'è. Quando non siamo in grado di accettare l'altro perché diverso da noi, il limite è dentro di noi, non nell'altro, perché siamo in grado di accettare solo chi è uguale a noi o chi ci fa comodo. Aprire il cuore significa allargare gli orizzonti e accogliere ognuno con le sue particolarità. Quanto monotono sarebbe il mondo se fossimo tutti uguali!
Solo così potremmo essere costruttori di fraternità, costruendo ponti e non barriere. Ci sono diversi fossati che possono separarci gli uni dagli altri, come l'indifferenza, l'odio, il rancore, l'incomprensione. L'amore è in grado di superare questi fossati e costruire ponti di fraternità fra noi. Nel proporci come promotori di fraternità, sottolineiamo solo ciò che ci unisce, cercando di scoprire il positivo che c'è nell'altro e ci uniamo a tutti coloro che vogliono un mondo più unito. Forse non potremmo far tacere tutte le armi che insanguinano tante regioni della terra, ma possiamo agire in prima persona a ridare vita a rapporti feriti in famiglia, nella nostra comunità cristiana, sul luogo di lavoro, nel tessuto della nostra città.
Per avere la pace nel mondo bisogna essere in pace con Dio e, di conseguenza, con noi stessi e tra di noi. È più facile, infatti, vivere in pace con tutti se siamo in pace con noi stessi, perché la pace nasce prima di tutto nel nostro cuore. Il seme della vera pace ha la sua radice in Dio: è Lui che la semina nel nostro cuore e la fa germogliare.
Costruiamo, poi, la pace quando amiamo il nostro prossimo come noi stessi. Come cristiani, per il battesimo, siamo già in rapporto intimo con Gesù: è Lui il Dio vicino, che ci ha promesso la pace; è Lui la pace.
Nel vivere così scopriamo la natura come un dono d'amore. E nel contemplare la natura non sempre ci ricordiamo di ringraziare Dio: ringraziare per l'amore che pervade tutto il creato. L'amore di Dio è in ogni cosa, in ogni creatura. Se si scopre che tutto il creato è dono del Padre che ci vuole bene, sarà molto più facile trovare un rapporto armonioso con la natura.
Siamo chiamati allora a custodire la natura con riconoscenza. Infatti, la vocazione del custodire riguarda tutti, credenti e non. È il custodire l'intero creato, è l'avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l'ambiente in cui viviamo. Noi, esseri umani, siamo parte della natura. Il nostro ruolo è di proteggerla, preservarla, avere una relazione sana e sostenibile con lei. Quando per gratitudine e riconoscenza ci prendiamo cura della natura, lei risponde con più generosità. Pertanto, se l'uomo non è in pace con Dio, la terra stessa non è il pace. Le persone religiose avvertono la "sofferenza" della terra quando l'uomo non l'ha usata secondo il piano di Dio, ma solo per egoismo, per un desiderio insaziabile di possesso.
La pace si persegue nel ravvivare i rapporti. E come in un caminetto acceso dove occorre di tanto in tanto scuotere la brace perché la cenere non la copra, così è necessario ravvivare il proposito di amarci con un amore rinnovato. L'impegno forte ed esigente è cercare di vederci ogni giorno come fossimo nuovi, non ricordandoci affatto delle offese ricevute, ma comprendendo tutto con un'amnistia completa del nostro cuore, ad imitazione di Dio che perdona e dimentica.
È così che conquisteremo la pace: con l'amore. Quando amiamo, conquistiamo la pace doppiamente: la pace con le persone e la pace interiore. Non è una sensazione di pace. È molto di più. È quando eliminiamo sentimenti negativi del nostro cuore, sostituendoli con mitezza, pazienza, comprensione, misericordia. È quando sostituiamo il risentimento con l'amore, prendendo l'iniziativa di perdonare e di chiedere perdono. Quando amiamo, lo Spirito di Dio è in noi, il Consolatore che ci aiuta a condividere con gli altri i frutti della pace di Dio che abbiamo sperimentato. Egli ci indicherà la strada per amare le persone che abbiamo intorno, evitando contese, giudizi superficiali e maldicenze, per aprire il cuore all'accoglienza dell'altro.
Coloro che amano rigettano ogni tipo di violenza.


venerdì 22 febbraio 2019

Misericordiosi come il Padre


7a domenica del Tempo ordinario (C)
1 Samuele 26,2.7-9.12-13.22-23 • Salmo 102 • 1 Corinzi 15,45-49 • Luca 6,27-38
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

A voi che ascoltare, io dico: Amate…
Il brano evangelico di questa domenica, dopo la proclamazione delle beatitudini e dei "guai", ci riporta il corpo centrale del discorso di Gesù tutto incentrato sull'amore.
«A voi che ascoltate, io dico: Amate...». Gesù si rivolge ai discepoli, cioè a noi, richiamando la sua autorità e interpellandoli direttamente. Tutte le sue esigenze si concretizzano nel comandamento dell'amore. L'amore: la carta d'identità del discepolo, ciò che lo caratterizza in modo inconfondibile.
I comandi di Gesù sono rivolti a persone che da Lui hanno accolto il Vangelo, cioè il lieto annuncio che Dio li ha perdonati e li ama. Solo chi ha fatto l'esperienza della riconciliazione con Dio e ha ricevuto la sua pace è in grado di capire le esigenze radicali di Gesù sull'amore.

Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano…
Quali le caratteristiche dell'amore che Gesù richiede? Innanzitutto è universale, indirizzato a tutti, perfino ai "nemici", sia pubblici che personali. Questo amore non è certo una tenerezza spontanea, ma è una "benevolenza" attiva che proviene da una volontà tenace, anche se sofferta. Non è un amore puramente psicologico, ma un "volere" realmente il bene dell'altro e impegnarsi a farlo con gesti concreti, tra cui il primo è il pregare per il nemico, affidandolo a Dio.
Questo amore non si arrende neppure di fronte all'ingiustizia palese, allo schiaffo e al furto, ma rimane fedele: «A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l'altra».
Il linguaggio di Gesù è volutamente paradossale. Non si tratta di intendere alla lettera, ma di cogliere lo spirito di questo esempio e di altri che seguono. Il senso è che alla violenza non si risponde con la violenza. Si tratta di attivare un amore ostinatamente fedele, che crea nuovi rapporti, sorprendendo e mettendo in crisi l'avversario, il quale non s'aspetta questo tipo di reazione. Soltanto un amore così può spezzare la spirale della violenza a tutti i livelli.

Ciò che volete gli uomini facciano a voi…
In questa logica nuova assume il suo pieno significato l'antica "regola d'oro" nei rapporti di convivenza tra gli uomini. Una norma, dettata dalla sapienza e dal buon senso, che con formulazioni più o meno diverse si ritrova in quasi tutte le religioni.
In ogni situazione concreta, prova a immedesimarti nell'altro, a metterti nei suoi panni: se tu fossi lui, come vorresti essere amato, accolto, trattato, stimato? E agisci di conseguenza. È una variante dell'«Ama il prossimo tuo come te stesso». Il criterio dei rapporti tra le persone non è l'egoismo e il proprio tornaconto, ma la solidarietà che porta a identificarsi con le necessità degli altri.

Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro
Questa espressione ci mostra chi è Dio per Gesù: il "Padre misericordioso". Il termine esprime l'amore che perdona e si piega con premura su chi soffre. La sua radice ebraica, poi, evoca l'amore fedele, paterno e insieme viscerale e tenerissimo, materno. Gesù qualifica come "misericordioso" non semplicemente Dio, ma il "Padre", anzi il "Padre vostro". In tal modo ci rivela un volto di Dio impensatamente nuovo.
I discepoli sono invitati a essere "come" il Padre, imitandolo nella misericordia. Il "come", però, non dice soltanto la misura della misericordia, ma ha anche un significato causale: perché è misericordioso. Siccome sperimentiamo la sua misericordia verso di noi, dobbiamo fare altrettanto verso gli altri. Anzi, il Padre è la sorgente inesauribile della misericordia che, dopo aver raggiunto noi, attraverso il nostro amore concreto può estendersi e traboccare sugli altri.
Agendo così, saremo figli dell'Altissimo, che è benevolo verso gli ingrati e i malvagi, assomiglieremo a lui che è il modello e la sorgente del nostro amore.
Questa misericordia, fondata e modellata su Dio Padre, si esprime in gesti concreti: non giudicare - non condannare - perdonare - dare. Si tratta di dare fiducia al fratello che sbaglia, puntando sul suo futuro e sulle sue possibilità di cambiamento e di ricupero. Si tratta di "dare" con generosità. La ricompensa futura da parte di Dio giudice sarà di una generosità senza proporzioni.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso (Lc 6,36)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 2.2019)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione di Stefano Pachì)

venerdì 15 febbraio 2019

Promessa di felicità


6a domenica del Tempo ordinario (C)
Geremia 17,5-8 • Salmo 1 • 1 Corinzi 15,12.16-20 • Luca 6,17.20-26
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Se ho del denaro da investire, mi chiedo come farlo fruttare nel modo migliore. Anche la mia vita è un capitale. Su quali valori giocarla? Quali le azioni che rendono? Il successo, la carriera, la salute, la ricerca del piacere? oppure la pazienza, il servizio, la generosità, la rettitudine morale?
Destinatari delle beatitudini sono i discepoli e, quindi, in prospettiva tutta la comunità cristiana.

Beati voi, poveri
Povero in senso evangelico è colui che, illuminato dalla parola di Cristo, dà ai beni il loro giusto valore. Li apprezza, li stima, sa che sono un dono. Non se ne appropria, capisce che non gli appartengono, si rende conto di essere solo un amministratore e li investe solo in conformità ai progetti del Donatore. Tutto ha ricevuto in dono, tutto trasforma in dono.
Povero inoltre è colui che non possiede nulla per sé, che rinuncia ad adorare il denaro, rifiuta l'uso egoistico del proprio tempo, delle proprie capacità intellettuali, dei diplomi, della posizione sociale.
Beati voi poveri non è un messaggio di rassegnazione, ma invito a costruire un mondo nuovo dove nessuno accumula per sé, nessuno sperpera, ma ognuno mette a disposizione dei fratelli tutto ciò che ha ricevuto da Dio. E la promessa che ne segue: Vostro è il regno di Dio, non è un futuro lontano, ma è la realtà nuova. Chi non compie questo passo decisivo ha ancora il cuore legato alla logica umana; lega la sua speranza di felicità alle ricchezze; non è ancora libero, non è ancora "beato".

Beati voi che ora avete fame
La scelta di una vita di povertà non è certamente facile, agiata, comoda. Gesù non ci illude, non ci prende in giro. Mettere a servizio dei fratelli quello che si ha può causare disagi, magari privazioni, indigenza. Di fronte a queste prove il discepolo troverà nel Signore il coraggio, la forza della perseveranza.

Beati voi che ora piangete
La condizione del cristiano è simile a quella della donna che sta per partorire: "è afflitta, ma quando ha dato alla luce il bambino non si ricorda più dell'afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo". Così è del cristiano: troverà forse delusioni, forse arriverà anche a piangere, ma la promessa di Dio di un mondo nuovo tramuterà il suo pianto in gioia.

Beati voi quando vi odieranno
Chi rifiuta di adeguarsi ai princípi dell'egoismo, della competizione, della sopraffazione, della ricerca del proprio interesse può anche essere combattuto e messo al bando come pericoloso per l'ordine stabilito.
Il modo antico di pensare non si rassegna a scomparire, non acconsente di cedere in modo pacifico il passo a una società fondata sul principio del dono gratuito, della disponibilità al servizio disinteressato, della ricerca dell'ultimo posto.
Chi sceglie per questo mondo nuovo si pone in contrasto con la mentalità condivisa dai più. L'approvazione e il consenso degli uomini non è sempre un segno positivo. È in questo senso, allora, che la "persecuzione" può essere un segno che si sta seguendo il Maestro.

Guai a voi…
I "guai" riaffermano in modo negativo le beatitudini. Sono diretti ai discepoli per non lasciarsi adescare dalla "logica di satana".
Nel contesto dell'opera lucana non sono da considerare come condanne irrevocabili ma come lamenti o meglio degli inviti forti e drammatici alla conversione.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Beati voi, poveri. Guai a voi, ricchi (Lc 6,20.24)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 La vostra ricompensa è grande nel cielo (Lc 6,23) - (12/02/2010)
(vai al post "Il paradiso, la gioia di vivere")

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 2.2019)
  di Claudio Arletti (VP 1.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione di Stefano Pachì)

venerdì 8 febbraio 2019

Andare dietro a Gesù… andare verso l'uomo


5a domenica del Tempo ordinario (C)
Isaia 6,1-2.3-8 • Salmo 137 • 1 Corinzi 15,3-8.11 • Luca 5,1-11
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Quattro pescatori sono lanciati in un'avventura più grande di loro: pescare per la vita. Pescare produce la morte dei pesci. Ma per gli uomini non è così: pescare significa «catturare vivi», è il verbo usato nella Bibbia per indicare coloro che in una battaglia sono salvati dalla morte e lasciati in vita. Nella battaglia per la vita l'uomo sarà salvato, protetto dall'abisso dove rischia di cadere, portato alla luce.

Sarai pescatore di uomini…
Sarai pescatore di uomini: li raccoglierai da quel fondo dove credono di vivere e non vivono; mostrerai loro che sono fatti un'altra vita!
Gesù sale anche sulla mia barca non solo su quella di Pietro, e non importa se è vuota e l'ho tirata in secco. E dice anche a me: Vuoi mettere a disposizione la tua barca, la barca della tua vita? Vuoi metterti al mio servizio? Se pescare non significa dare la morte, ma portare a vivere, portare a galla la persona da quel fondo limaccioso, triste, senza speranza, in cui vive, allora non ci si può tirare indietro.

Sulla tua parola getterò le reti
Che cosa spinge Pietro a fidarsi? Lo sguardo di Gesù su di lui. Pietro in quegli occhi ha visto l'amore per lui. Si è sentito amato, sente che la sua vita è al sicuro accanto a Gesù, crede nella forza dell'amore che ha visto, e si fida.
E le reti si riempiono. Simone, davanti a questa potenza e mistero, ha paura: "Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore". Ma Gesù non si interessa dei suoi peccati, della sua vita passata, ma pronuncia parole che creano futuro: "Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini", donerai vita.
Dio libera dalla paura, dalla paralisi del cuore. Per Gesù nessun uomo coincide con i suoi fallimenti, bensì con le sue potenzialità.
E tirate le barche a riva, lasciarono tutto e lo seguirono, senza neppure chiedersi dove li condurrà. Vanno dietro a lui, che significa verso l'uomo: quella doppia direzione che sola conduce al cuore della vita.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Sulla tua parola getterò le reti (Lc 5,5)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Lasciarono tutto e lo seguirono (Lc 5,11) - (07/02/2016)
(vai al testo…)
 Sulla tua parola getterò le reti (Lc 5,5) - (10/02/2013)
( vai al testo…)
 Lasciarono tutto e lo seguirono (Lc 5,11) - (05/02/2010)
(vai al post "Disponibilità totale")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Sulla tua parola (29/01/2016)
  Al seguito di Gesù, mandati "al largo" (08/02/2013)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 2.2019)
  di Luigi Vari (VP 1.2016)
  di Marinella Perroni (VP 1.2013)
  di Claudio Arletti (VP 1.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione di Stefano Pachì)

sabato 2 febbraio 2019

Una "salvezza" per tutti


4a domenica del Tempo ordinario (C)
Geremia 1,4-5.17-19 • Salmo 70 • 1 Corinzi 12,31-13,13 • Luca 4,21-30
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Il brano evangelico odierno (cf Lc 4,21-30) pone alcuni interrogativi: Perché vogliono linciare Gesù? Perché Gesù cita i due proverbi? Come è riuscito a sfuggire a tanta gente inferocita?
Il brano è riportato da tutti gli Evangelisti, con una differenza: Luca lo pone all'inizio del suo vangelo. Perché? Ciò che è accaduto a Nazareth è anticipazione di ciò che accadrà a Gesù lungo la vita pubblica: all'inizio accoglienza favorevole; poi, incomprensione, rifiuto e condanna a morte. Il tentativo di linciaggio a Nazareth ha il suo parallelo nella scena della passione: il "Medico, cura te stesso" richiama "Ha salvato gli altri, salvi se stesso" (Lc 23,35).

Nessun profeta è bene accetto nella sua patria
Gesù, nella citazione di Isaia, ha tralasciato la finale: "… e a predicare un giorno di vendetta per il nostro Dio". Era questa la frase che gli ascoltatori volevano sentire, aspettandosi l'intervento punitivo di Dio contro i pagani. Al posto di "vendetta" Gesù annuncia "un anno di grazia", la benevolenza di Dio verso tutti. È un messaggio inaccettabile, inaudito: Chi crede di essere? Non è lui il figlio di Giuseppe?
Hanno sentito parlare dei prodigi compiuti a Cafarnao e si sono illusi di poter assistere a quei miracoli che segnerebbero l'inizio dell'era messianica: i due proverbi sono una smentita delle loro attese, una presa di distanza dalle loro convinzioni, una condanna delle loro illusioni.
Gesù si comporta come Elia ed Eliseo che intervengono a favore di stranieri invece di aiutare la gente bisognosa del loro popolo. Gli abitanti di Nazareth non capiscono che Israele non è l'unico destinatario delle promesse fatte ad Abramo e alla sua discendenza, non si rendono conto che il gesto di Gesù non è isolato, ma è il segno della salvezza di Dio estesa a tutti i popoli.
Chi è il profeta?. È colui che vede il mondo con gli occhi di Dio. È dotato di una sensibilità spirituale che lo porta a rendersi conto della distanza che separa il progetto di Dio dalle opere dell'uomo. Prova una profonda amarezza quando il popolo sceglie cammini di morte, quando nella società si istituzionalizzano rapporti ingiusti, quando coloro che dovrebbero proteggere i deboli si schierano dalla parte dei potenti. Una forza divina dentro di lui lo spinge ad alzare la voce per denunciare il peccato, le oppressioni, i soprusi, le violenze.

Passando in mezzo a loro, si mise in cammino
È il messaggio di consolazione e di speranza che Luca vuole dare ai cristiani della sua comunità, i quali si trovano ad affrontare opposizioni, incomprensioni, dissidi, ostilità. Guardando a Gesù, potranno passare anch'essi in mezzo alle persecuzioni e continuare con fiducia il cammino.
La via da percorrere, a volte con fatica, è la carità (cf seconda lettura, 1Cor 12,31-13,13), una via superiore alla profezia, alla fede, all'assistenza caritativa, alla immolazione stessa del proprio corpo.
L'amore non può essere confuso con la passione egoistica, che cerca unicamente il proprio interesse o il proprio piacere. La carità "crea", l'egoismo "distrugge". Si possono avere tante belle qualità, portare avanti splendide iniziative ma, se non si è mossi dall'amore gratuito e disinteressato, se si coltivano la vanità e il desiderio di affermare se stessi, non si possiede la carità. La carità è paziente, domina il risentimento, è amabile, è disposta a fare del bene a tutti, non è invidiosa, non è orgogliosa, non manca di rispetto, è disinteressata, si preoccupa dei problemi degli altri, non cede alla provocazione, per questo… trionfa sempre sul male.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Tutti gli davano testimonianza (Lc 4,22)
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Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Oggi si è compiuta questa Scrittura (Lc 4,21) - (31/01/2016)
(vai al testo…)
 Tutti gli davano testimonianza (Lc 4,22) - (03/02/2013)
( vai al testo…)
 La carità è benevola (1Cor 13,4) - (29/01/2010)
(vai al post "Ciò che resta")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Non si può uccidere la profezia (29/01/2016)
  Essere profeti, oggi (02/02/2013)

Commenti alla Parola:
  di Luigi Vari (VP 1.2016)
  di Marinella Perroni (VP 1.2013)
  di Claudio Arletti (VP 1.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione di Stefano Pachì)

venerdì 1 febbraio 2019

La pace, dono di Dio


Parola di vita – Febbraio 2019
(Clicca qui per il Video del Commento)

«Cerca e persegui la pace» (Sal 34,15).

In questo salmo, Davide esprime la sua gioia e la sua riconoscenza davanti all'assemblea: ha conosciuto il pericolo e l'angoscia, ma ha invocato con fiducia il Dio di Israele ed ha ritrovato pace.
Il protagonista di questo inno è Dio con la sua misericordia, la sua presenza forte e decisiva accanto al povero e all'oppresso che Lo invoca. Perché altri raggiungano la stessa salvezza, Davide suggerisce alcuni atteggiamenti del cuore: evitare di compiere il male, ma piuttosto operare sempre il bene.
E sottolinea la necessità di non diffamare il prossimo. La parola infatti può portare alla guerra.

«Cerca e persegui la pace»

Nel linguaggio biblico, la pace ha numerosi significati, come ad esempio il benessere fisico e spirituale o l'accordo tra singoli e tra popoli. Essa però è prima di tutto un dono di Dio, attraverso il quale scopriamo il suo volto di Padre. È dunque indispensabile cercare intensamente ed appassionatamente Dio nella nostra vita, per sperimentare la pace vera.
È una ricerca coinvolgente che ci chiede di fare la nostra parte, seguendo la voce della coscienza, che sempre ci spinge a scegliere la via del bene e non la via del male. Spesso basterebbe lasciarci trovare da Dio, che già da tempo si è messo alla ricerca di ognuno di noi.
Come cristiani, per il battesimo, siamo già in rapporto intimo con Gesù: è Lui il Dio vicino, che ci ha promesso la pace; è Lui la pace. Ed abbiamo ricevuto il dono dello Spirito Santo, il Consolatore, che ci aiuta anche a condividere con gli altri i frutti della pace di Dio che abbiamo sperimentato. Egli ci indicherà la strada per amare le persone che abbiamo intorno e così superare i conflitti, evitando accuse infondate, giudizi superficiali e maldicenze, per aprire il cuore all'accoglienza dell'altro.
Forse non potremo far tacere tutte le armi che insanguinano tante regioni della terra, ma possiamo agire in prima persona e ridare vita a rapporti feriti in famiglia, nella nostra comunità cristiana, sul luogo di lavoro, nel tessuto della nostra città.
Dall'impegno di una piccola o grande comunità, decisa a testimoniare la forza dell'amore, possono essere ricostruiti ponti tra gruppi sociali, tra chiese, tra partiti politici.

«Cerca e persegui la pace»

La ricerca convinta della pace ci suggerirà anche comportamenti adeguati a proteggere il creato, anch'esso dono di Dio per i suoi figli, affidato alla nostra responsabilità verso le nuove generazioni.
Così scriveva Chiara Lubich nel 1990 a Nikkio Niwano, fondatore del movimento buddista giapponese Rissho Kosei Kai: «[…] Se l'uomo non è in pace con Dio, la terra stessa non è in pace. Le persone religiose avvertono la "sofferenza" della terra quando l'uomo non l'ha usata secondo il piano di Dio, ma solo per egoismo, per un desiderio insaziabile di possesso. È questo egoismo e questo desiderio che contaminano l'ambiente ancor più e prima di qualsiasi altro inquinamento, che ne è solo la conseguenza. […] Se si scopre che tutto il creato è dono di un Padre che ci vuol bene, sarà molto più facile trovare un rapporto armonioso con la natura. E se si scopre anche che questo dono è per tutti i membri della famiglia umana, e non solo per alcuni, si porrà più attenzione e rispetto per qualcosa che appartiene all'umanità intera presente e futura».

Letizia Magri

Fonte: Città Nuova n. 1/Gennaio 2019