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domenica 22 gennaio 2017

Mai incarcerare la dignità


Papa Francesco ha indirizzato una lettera ai detenuti della Casa di reclusione Due Palazzi di Padova, in occasione di un convegno sull'ergastolo, organizzato in questi giorni da "Ristretti orizzonti", il giornale realizzato dai reclusi di Padova.
La lettera che Papa Francesco ha consegnato a don Marco Pozza in Santa Marta il 17 gennaio scorso, è un incoraggiamento alla riflessione, perché si realizzino "sentieri di umanità" che possano attraversare "le porte blindate" e affinché i cuori non siano mai "blindati alla speranza di un avvenire migliore per ciascuno". È urgente una conversione culturale, si legge ancora, "dove non ci si rassegni a pensare che la pena possa scrivere la parola fine sulla vita; dove si respinga la via cieca di una ingiustizia punitiva e non ci si accontenti di una giustizia solo retributiva; dove ci si apra a una giustizia riconciliativa e a prospettive concrete di reinserimento; dove l'ergastolo non sia una soluzione ai problemi, ma un problema da risolvere". Se la dignità "viene definitivamente incarcerata", è l'avvertimento di Francesco, "non c'è più spazio, nella società, per ricominciare e per credere nella forza rinnovatrice del perdono". Ma è in Dio, è la conclusione, che c'è "sempre un posto per ricominciare, per essere consolati e riabilitati dalla misericordia che perdona".

Dal servizio di Francesca Sabatinelli di Radio Vaticana:



Ecco il testo completo della Lettera e la riproduzione della stessa:

Caro don Marco,
ho saputo che nella Casa di reclusione Due Palazzi di Padova avrà luogo un convegno per riflettere sulla pena, in particolare su quella dell'ergastolo. In questa occasione vorrei porgere il mio saluto cordiale ai partecipanti ed esprimere la mia vicinanza alle persone detenute.
A loro vorrei dire: io vi sono vicino e prego per voi. Immagino di guardarvi negli occhi e di cogliere nel vostro sguardo tante fatiche, pesi e delusioni, ma anche di intravedere la luce della speranza. Vorrei incoraggiarvi, quando vi guardate dentro, a non soffocare mai questa luce della speranza. Tenerla accesa è anche nostro dovere, un dovere di coloro che hanno la responsabilità e la possibilità di aiutarvi, perché il vostro essere persone prevalga sul trovarvi detenuti. Siete persone detenute: sempre il sostantivo deve prevalere sull'aggettivo, sempre la dignità umana deve precedere e illuminare le misure detentive.
Vorrei incoraggiare anche la vostra riflessione, perché indichi sentieri di umanità, vie realizzabili perché l'umanità passi attraverso le porte blindate e perché mai i cuori siano blindati alla speranza di un avvenire migliore per ciascuno.
In questo senso mi pare urgente una conversione culturale, dove non ci si rassegni a pensare che la pena possa scrivere la parola fine sulla vita; dove si respinga la via cieca di una giustizia punitiva e non ci si accontenti di una giustizia solo retributiva; dove ci si apra a una giustizia riconciliativa e a prospettive concrete di reinserimento; dove l'ergastolo non sia una soluzione ai problemi, ma un problema da risolvere. Perché se la dignità viene definitivamente incarcerata, non c'è più spazio, nella società, per ricominciare e per credere nella forza rinnovatrice del perdono.
In Dio c'è sempre un posto per ricominciare, per essere consolati e riabilitati dalla misericordia che perdona: a Lui affido i vostri cammini, la vostra riflessione e le vostre speranze, inviando a ciascuno di voi e alle persone a voi care la Benedizione Apostolica e chiedendovi, per favore, di pregare per me.
Francesco

Dal Vaticano, 17 gennaio 2017



(Fonte: http://www.ilsussidiario.net/)


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