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venerdì 24 giugno 2016

Guardare avanti per vivere in pienezza


13a domenica del Tempo ordinario (C)
1 Re 19,16.19-21 • Salmo 15 • Galati 5,1.13-18 • Luca 9,51-62
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?
La reazione di Giacomo e Giovanni al rifiuto dei Samaritani segue la logica comune: farla pagare, occhio per occhio.
Gesù si voltò, li rimproverò e si avviò verso un altro villaggio. Nella concisione di queste parole si staglia la grandezza di Gesù. Che difende chi non la pensa come lui, che capovolge la logica della storia, quella che dice: i nemici si combattono e si eliminano. Gesù invece intende eliminare il concetto stesso di nemico.

E si mise in cammino verso un altro villaggio
Il Signore inventore di strade: c'è sempre un nuovo villaggio con altri malati da guarire, altri cuori da fasciare; c'è sempre un'altra casa dove annunciare pace. Non ha bisogno di mezzi forti o di segni prodigiosi, non cova risentimenti. Lui custodisce sentieri verso il cuore dell'uomo, che ha futuro e fiducia. E il Vangelo diventa viaggio, via da percorrere, spazio aperto. E invita il nostro cristianesimo a diventare così, a continui passaggi, a nuovi esodi e percorsi.
Come accade anche ai tre nuovi discepoli che entrano in scena nella seconda parte del Vangelo.

Mentre camminavano per la strada…
A queste persone che incontra lungo il cammino, e che ci rappresentano tutti, Gesù dice: Le volpi hanno tane, gli uccelli nidi, ma io non ho dove posare il capo.
Eppure non era esattamente così. Gesù aveva cento case di amici e amiche felici di accoglierlo a condividere pane e sogni.

Le volpi hanno tane, gli uccelli nidi…
Con la metafora delle volpi e degli uccelli Gesù traccia il ritratto della sua esistenza minacciata dal potere religioso e politico, sottoposta a rischio, senza sicurezza. Chi vuole vivere tranquillo e in pace nel suo nido non potrà essere suo discepolo.
Noi siamo abituati a sentire la fede come conforto e sostegno, pane buono che nutre, e gioia. Ma questo Vangelo ci mostra che la fede è anche altro: un progetto che non assicura una esistenza tranquilla, ma offre la gioiosa fatica di aprire strade nuove, il rischio di essere rifiutati e perfino perseguitati. Perché si oppone e smonta il presente, quando le sue logiche sanno di superficialità, di violenza, di inganno, per seminarvi il futuro.

Lascia che i morti seppelliscano i loro morti
Una frase durissima che non contesta gli affetti umani, ma si chiarisce con ciò che segue: Tu va e annunzia il Regno di Dio. Tu fa cose nuove. Se ti fermi all'esistente, al già visto, al già pensato, non vivi in pienezza. Noi abbiamo bisogno di freschezza e il Signore ha bisogno di gente viva. Di gente che, come chi ha posto mano all'aratro, non guardi indietro a sbagli, incoerenze, fallimenti, ma avanti, ai grandi campi della vita, che gli appartengono, a un Dio che viene dall'avvenire.

(spunti da Ermes Ronchi)

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
E si misero in cammino verso un altro villaggio (Lc 9,56)
(vai al testo) - (---> pdf, formato A4, stampa f/r per A5)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata (30/06/2013)
A un altro disse: seguimi (Lc 9,59)
(vai al testo…)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
La chiamata di Gesù e la mia risposta (14/06/2013)

Commenti alla Parola:
  di Luigi Vari (VP 5.2016)
  di Marinella Perroni (VP 5.2013)
  di Claudio Arletti (VP 5.2010)
  di Enzo Bianchi

(Illustrazione di Giorgio Trevisan)

martedì 21 giugno 2016

Percorrere la via che conduce alla vita


21 giugno – San Luigi Gonzaga

Nella memoria di San Luigi Gonzaga (di cui porto il nome), quest'anno (martedì della 12a settimana del T.O. a.p.) viene proposto questo brano del vangelo (Mt 7.6.12-14):

«Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi.
Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti.
Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!».


Da queste parole del Vangelo e dalla vita del Santo, traggo sprone e slancio rinnovato per una vita tutta spesa per il Signore, nel servizio dei fratelli, nella mia famiglia, nella comunità che il Signore mi ha affidato nel mio ministero diaconale, in ogni fratello che incontro nel cammino della vita.

Queste del Vangelo sono Parole che San Luigi Gonzaga ha vissuto in prima persona, non sprecando la sua giovane vita, né «gettando le cose sante cani…», ma offrendola a Dio nei fratelli, morendo per il loro servizio.
Ha lasciato un esempio perché sappiamo fare agli altri ciò che vorremmo fosse fatto a noi, quale "regola d'oro" che racchiude «tutta la Legge e i Profeti».
Ma soprattutto, mi ha dato l'esempio su come percorrere quella «porta stretta» e passare per quella «via angusta che porta alla vita».

Prego il mio santo protettore affinché possa essere anch'io, assieme a tutti quelli che il Signore mi ha fatto incontrare nel cammino della vita, tra quelli (forse «pochi» ma che la misericordia del Padre ha moltiplicati) che sanno trovare e percorrere «la via che conduce alla vita».

Gratitudine immensa per il dono ricevuto!

(Statua realizzata in terracotta patinata dal prof. Raffaele Mondazzi, scultore e professore dell'Accademia Albertina, assieme a due suoi allievi, Antonio Pereno e Antonino Lamia)

Altri post "San Luigi Gonzaga"…


sabato 18 giugno 2016

La vita spirituale secondo i Vangeli


Da domani sera 19 giugno a sabato 25 mattina: una settimana di esercizi spirituali presso il Monastero di Camaldoli.
Partecipare, assieme a mia moglie, a questo momento di grazia ci spinge a corrispondere sempre meglio alle sollecitazioni dello Spirito che ci chiama ad una rinnovata scelta di Dio e del Vangelo: Parola che il Padre ha detto, in Gesù, per noi e per tutti, Parola "generatrice di vita".

Il Tema degli Esercizi Spirituali:
La Vita spirituale secondo il Vangelo
Le tappe dell'incontro con Gesù

Le meditazioni sono guidate da Giuseppe Bellia, biblista.
Giuseppe Bellia è, tra l'altro, direttore della rivista Il Diaconato in Italia.


Dal dèpliant:

La vita secondo lo Spirito, al pari della vita naturale, ha le sue fasi, le sue crisi di crescita e i suoi incerti equilibri. Nei Vangeli queste fasi sono raccontate come tappe di un percorso, arduo ma seducente, fatto d'incontri e di svelamenti progressivi del suo volto. La lettura orante della Parola, secondo il metodo sapienziale della lectio divina, illumina e scandisce la crescita della conoscenza di Gesù e della "povertà" di chi lo ascolta e accoglie. Conosciuto inizialmente come terapeuta, guaritore dell'uomo intero, e rabbì sapiente, per chi lo segue diviene, amabile maestro e profeta esigente. E quando, secondo le Scritture, è rivelato come il Messia atteso, allora per il discepolo la via diventa una salita, verso la porta stretta, inevitabile, dove la fede lo svelerà come Signore. Non è ancora la fine del viaggio; il Risorto che chiama «fratelli» chi non ha cessato di sperare in lui, vuole essere atteso dai suoi come lo Sposo amato.

(Leggi il dèpliant...)


venerdì 17 giugno 2016

La domanda decisiva: chi sono io per te?


12a domenica del Tempo ordinario (C)
Zaccaria 12,10-11;13,1 • Salmo 62 • Galati 3,26-29 • Luca 9,18-24
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare...
Silenzio, solitudine, preghiera sono il grembo in cui si chiarisce l'identità profonda. Sono i momenti in cui la verità si fa come tangibile, la senti sopra, sotto, intorno a te come un manto luminoso; in cui ti senti docile fibra dell'universo. E in quest'ora speciale Gesù pone la domanda decisiva, qualcosa da cui poi dipenderà tutto: fede, scelte, vita... ma voi chi dite che io sia?

Ma voi chi dite che io sia?
Preceduta da un «ma», come in contrapposizione alle risposte della gente: dicono che sei un profeta, bocca di Dio e dei poveri, una creatura di fuoco e luce.
Quella di Gesù non è una domanda per esaminare il livello di conoscenza che gli apostoli hanno di lui, ma contiene il cuore pulsante del nostro rapporto personale con Gesù: Chi sono io per te? Non è in gioco l'esatta definizione di Cristo, ma la presa e lo spazio che occupa in me, nei miei pensieri, nelle mie parole, nella mia vita…
Gesù, maestro di umanità, non impone risposte, ti conduce con delicatezza a cercare dentro di te. Allora il passato non basta, non serve riandare ad Elia o a Giovanni. In Gesù c'è un presente di parole mai udite.

Tu sei il Cristo di Dio
Pietro risponde con la sua irruenza: tu sei il Cristo di Dio! Il messia di Dio, il suo braccio, il suo progetto, la sua bocca, il suo cuore. Ma Pietro non sa che cosa lo aspetta. La risposta di Gesù ci sorprende ancora: ordinò severamente di non dire niente a nessuno. Severamente, perché c'era il grave rischio di annunciare un Messia sbagliato. Ed è lui stesso a tracciare il vero volto del Figlio dell'Uomo che deve soffrire molto, venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Dio è passione, passione d'amore. Passione che sacrifica se stessa. Una passione che nessuna tomba può imprigionare.

Se qualcuno vuole venire dietro a me…
Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Seguire Cristo significa portare avanti il suo progetto. Ma come? Gesù non dice «prenda la mia croce», ma la sua, ciascuno la sua. Il progetto è unico, ma ognuno percorrerà la sua strada libera e creativa, diversa da tutte, che deve tracciare, che non è già tracciata.

La croce è la sintesi del Vangelo. Qualunque sia il tuo stato di vita, l'età, il lavoro, la salute, tu puoi, con le tue fatiche, i tuoi talenti e le debolezze, prendere il Vangelo su di te e collaborare con Cristo alla sua stessa missione, allo stesso sogno di una umanità incamminata verso una vita buona, lieta e creativa: una vita nuova.

(spunti da Ermes Ronchi)

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Ma voi, chi dite che io sia? (Lc 9,20)
(vai al testo) - (---> pdf, formato A4, stampa f/r per A5)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata (23/06/2013)
Tu sei: Il Cristo di Dio (Lc 9,20)
(vai al testo…)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
Riconoscere Gesù e seguirlo (14/06/2013)

Commenti alla Parola:
  di Luigi Vari (VP 5.2016)
  di Marinella Perroni (VP 4.2013)
  di Claudio Arletti (VP 5.2010)
  di Enzo Bianchi

(Illustrazione di Giorgio Trevisan)


martedì 14 giugno 2016

Visitare i carcerati


Riprendo l'approfondimento delle Opere di Misericordia attraverso le riflessioni di Enzo Bianchi, Priore di Bose, pubblicate su Vita Pastorale, cercando di "recuperare l'elementare grammatica dell'amore misericordioso di Dio".

Le opere di misericordia/7
Visitare i carcerati


Uomini e donne nostri fratelli




Andare in carcere, intraprendere una relazione con un detenuto, ascoltarlo e fargli una carezza non è soltanto fare un'azione di misericordia, ma per chi lo fa è apprendere ad amare.




La sesta azione di misericordia corporale ha dei destinatari particolari rispetto alle altre: è indirizzata a uomini e donne per lo più colpevoli per i delitti commessi; e dove c'è delitto, dentro di noi emerge la parola "castigo". La sequenza "delitto e castigo", titolo del celebre romanzo di Fëdor Dostoevskij, dice molto dei nostri sentimenti e atteggiamenti, peraltro alimentati da un cristianesimo ben poco ispirato dal Vangelo. Per questo visitare i carcerati è l'azione di misericordia più disattesa. Di più, va anche detto che, se è vero che i delitti creano i carcerati, sovente i nostri pregiudizi creano forme di carcere, ghettizzano e rendono chi esce dal carcere come un lebbroso che preferiamo tenere lontano da noi, soprattutto da casa nostra.
[…]
I carcerati, nostri fratelli e nostre sorelle
I carcerati: uomini e donne nostri fratelli e sorelle, che hanno commesso errori, a volte grandi, a volte piccoli. Sovente proprio chi ha compiuto delitti di peso relativo è in carcere, mentre i grandi ladri, gli oppressori che schiacciano gli altri, i potenti che violentano i poveri e i deboli in modo disumano sono fuori.
I carcerati: uomini e donne che hanno perduto il bene più prezioso, la libertà, sono rinchiusi quasi sempre in celle inabitabili, dove entra poca luce, e spesso vivono in condizioni di sovraffollamento, con scarsa igiene, impossibilitati a usufruire di quella comunicazione e relazione che possono dare senso alla vita.
I carcerati: inondati dalla vergogna, fin dal momento dell'arresto, quando cercano di coprirsi il volto; con poche possibilità di essere visitati da qualcuno; gente che attende la fine della pena, a volte lontana!
I carcerati: alcuni di loro innocenti o condannati a una pena sproporzionata rispetto al delitto commesso. Quasi sempre ammutoliscono, non sanno dire, vedono la loro speranza affievolirsi e scomparire.
È vero, in alcuni di loro aumentano la cattiveria, il rancore, la sete di vendetta, ma questo anche per le condizioni del carcere, che non è innanzitutto rieducativo e correttivo, ma resta punitivo, emblema del castigo. Sebbene portino le stigmate del delitto commesso, sono anche loro vittime! Oggi la popolazione carceraria è formata in gran parte da tossicodipendenti, stranieri, immigrati, ladruncoli: tutti poveri ed emarginati, emersi da una condizione che li vedeva vittime prima di diventare malfattori. Sono soprattutto costoro a non avere parenti che li vadano a trovare, dunque si sentono soli, abbandonati e insignificanti per tutti gli altri. Per questo spesso si mettono a scrivere lettere, cosa che prima mai hanno fatto: per la fame di relazione e il desiderio di sentire che qualcuno può rivolgersi a loro e ascoltarli. L'ascolto, infatti, è la prima forma di amore, la sola che rende possibile tutte le altre.
[…]
I carcerati non cessano di essere uomini e donne come noi, non cessano di essere parte della comunità cristiana, e dimenticare la loro presenza significa amputare il corpo di Cristo di alcune sue membra, membra malate, ma come lo siamo noi: l'unica differenza è che i loro peccati (delitti) sono stati rivelati e cosi sono stati sanzionati con la pena. Ora, occorre essere molto chiari: la vita della società richiede che chi ha commesso delitti che minacciano fortemente l'esistenza altrui, chi delinque e causa gravi contraddizioni alla communitas, sia messo in condizione di non nuocere più agli altri. Nessuna utopia e nessuna carità stolta! Ma non potremmo pensare in altro modo a questa necessaria condizione che impedisca di nuocere? Non attraverso il castigo, la pena, che a volte dura fino alla morte (ergastolo), ma dando la possibilità di cammini di correzione, di riabilitazione, di crescita umana, nel rispetto della dignità della persona.
[…]
I carcerati, persone capaci di solidarietà, cura, attenzione
Il nostro Dio ha ricevuto come primo nome quello di Go'el, Liberatore e Redentore, perché egli non ha un nome astratto ma lo riceve dalle azioni che compie nella storia a favore dell'umanità. Ora, la prima azione che ha compiuto rivelandosi al suo popolo è l'averlo sottratto alla schiavitù e alla prigionia dell'Egitto e da allora l'azione di liberazione è "pasquale", cantata ogni anno, di generazione in generazione, dalla comunità ebraica e da quella cristiana. Il Signore è Go'el, per questo Gesù ha chiaramente proclamato che una delle azioni messianiche proprie della sua missione era «liberare i prigionieri» (cf Lc 4,18; Is 61,1, dove si parla esplicitamente di «scarcerazione dei prigionieri»).
Alla sua sequela, una Chiesa capace di misericordia non ricorda solo gli affamati, gli assetati, i poveri, gli stranieri, i malati, ma anche i "prigionieri", quei fratelli e quelle sorelle sui quali pende una condanna che li identifica come "malfattori". Gesù è morto tra due malfattori e i vangeli si compiacciono di precisare che «fu annoverato tra i malfattori» (Lc 22,37; Is 53,12) e che proprio a uno di questi ha promesso: «Oggi con me sarai nel paradiso» (Lc 23,43).
[…]
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venerdì 10 giugno 2016

L'amore conta, pesa più del peccato


11a domenica del Tempo ordinario (C)
2 Samuele 12,7-10.13 • Salmo 31 • Galati 2,16.19-21 • Luca 7,36-8,3
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Appunti per l'omelia

Ecco una donna, peccatrice… portò un vaso di profumo
Quella donna, saputo che Gesù si trovava nella casa del fariseo, vi ci entrò, spinta dal profondo bisogno di ricevere e dare amore. L'amore, che ognuno di noi ha dentro di sé, un bisogno che, se lo soffochi, ti rende infelice o avido o cinico.
Quella donna va diritta davanti a Gesù, non gli chiede permesso, fa una cosa inaudita tanto è sconveniente: mani, bocca, lacrime, capelli, profumo su di lui. Lei sa, con tutte le sue fibre, che quello strano rabbì non l'avrebbe cacciata.

Davanti a questo racconto, grondante di lacrime e di amore, siamo invitati a guardare con gli occhi di Gesù, a guardare come guarda lui, che si fa largo dentro il groviglio delle nostre contraddizioni morali, per fissarsi in quel germe intatto che è il germe divino che attende la risurrezione, anche nel cuore dell'ultima prostituta. Gesù vede oltre le etichette: arriva una donna e dove gli altri vedono solo una peccatrice, lui vede un'amante: «ha molto amato».
Un brano di vangelo che ci contesta e ci conforta, perché il cristianesimo non è un intreccio complicato di dogmi e doveri, perché Gesù ne indica il cuore: ama e hai fatto tutto.

Stando dietro, presso i piedi di lui…
Quella donna, piangendo, cominciò a bagnagli i piedi di lacrime, asciugandoli poi con i suoi capelli, baciandoli e cospargendoli di profumo… Sono gesti contro tutti i rituali, che vanno oltre il lecito e l'illecito, oltre doveri od obblighi, con una carica affettiva veemente! A questi gesti Gesù non si sottrae, ma apprezza. Poteva bastare, come tanti altri hanno fatto, chiedere perdono: perché questo eccesso, il profumo, le carezze, i baci?
È il linguaggio universale con cui parla il cuore. E Dio guarda il cuore. E gode vedendo la donna uscire da un rapporto scadente di contabilità o di baratto con il Signore, e spiccare il volo negli spazi della libertà e del dono.

Simone, tu non mi hai lavato i piedi… non mi hai dato un bacio…
Gesù, nel rimproverare Simone, evidenzia quanto la donna ha fatto: da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi… Dal poco al molto amore: Gesù, Dio desidera essere amato, va in cerca di persone e ambienti pronti a dargli affetto.
Simone era molto religioso e molto duro. Forse perché viveva la fede come osservanza delle regole divine e non come risposta all'amore di Dio.

Molto le è perdonato perché molto ha amato
Gesù cambia il paradigma della fede: dal peccato all'amore. Non è il peccato, pur confessato ed espiato, l'asse portante del rapporto con Dio, ma ricevere e restituire amore. L'amore conta, vale, pesa più del peccato. L'errore che abbiamo commesso non revoca il bene compiuto, non lo annulla. È il bene invece che revoca il male di ieri e lo cancella. Una spiga conta più di tutta la zizzania del campo!
Quella donna mostra che un solo gesto d'amore, anche se muto e nascosto, è più utile per questo nostro mondo dell'opera più grandiosa: la rivoluzione portata da Gesù, possibile a tutti, possibile a me, ogni giorno.

(spunti da Ermes Ronchi)

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Sono perdonati i suoi peccati, perché ha molto amato (Lc 7,47)
(vai al testo) - (---> pdf, formato A4, stampa f/r per A5)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata (16/06/2013)
La tua fede ti ha salvata; va' in pace (Lc 7,50)
(vai al testo…)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
Il perdono di Dio (14/06/2013)

Commenti alla Parola:
  di Luigi Vari (VP 5.2016)
  di Marinella Perroni (VP 4.2013)
  di Claudio Arletti (VP 5.2010)
  di Enzo Bianchi

(Illustrazione di Giorgio Trevisan)

giovedì 9 giugno 2016

Intervista sul diaconato a
 Mons. Carlo Mazza, Vescovo di Fidenza


Riprendo le interviste ai vescovi delle diocesi italiane sul diaconato permanente e i diaconi delle loro diocesi, pubblicate nella rivista L'Amico del Clero della F.A.C.I. (Federazione tra le Associazioni del Clero in Italia).
Le interviste sono curate da Michele Bennardo.

Michele Bennardo, diacono permanente della diocesi di Susa, ha conseguito il Dottorato in Teologia presso la Pontificia Università Lateranense. È professore di religione cattolica nella scuola pubblica e docente di Didattica delle competenze e di Didattica dell'Insegnamento della Religione Cattolica e Legislazione scolastica all'ISSR della Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale, Sezione parallela di Torino. È autore di numerosi testi e articoli e dal 2005 collabora con L'Amico del Clero.

Ho riportato le varie interviste nel mio sito di testi e documenti.

Nel numero 4 (aprile 2016) de L'Amico del Clero è pubblicata l'intervista a Mons. Carlo Mazza, Vescovo di Fidenza.

Alla domanda "Come fare per superare eventuali resistenze da parte degli altri membri del clero nei confronti del diaconato permanente?", mons. Mazza ha risposto: «È necessaria una lenta acquisizione "mentale". Il cammino si presenta lungo, almeno per comprendere il "grado" del ministero diaconale, nella sua specificità teologica e pastorale, molto specifico e da sperimentare. I preti pian piano entrano in questa prospettiva, anche se rimane alta la fatica, la diffidenza, la distanza. In realtà si tratta di un problema di cultura teologico-pastorale, di mentalità, forse anche di "potere" clericale mai dismesso. Non vi è certamente contrapposizione (di classe!), ma inidoneità di funzioni o non flessibilità di integrazione dei servizi ministeriali. Alla fine prevarrà, se non la virtù, la necessità: i preti si diradano e dunque i diaconi sopperiscono!».

E alla domanda "Quale tra i classici compiti diaconali (carità, catechesi/ evangelizzazione e liturgia) le sembra necessiti di maggior valorizzazione rispetto a quanto avviene oggi nella diocesi di Fidenza?", ha risposto: «Il diaconato permanente uscito dal Concilio Vaticano II deve ancora "assorbire" l'ecclesiologia conciliare di comunione e missione. I modelli della Chiesa antica sono fascinosi e certamente imitabili, soprattutto sul versante della "testimonianza della carità". E tuttavia la Chiesa ha bisogno di altro, nel senso che oggi il quadro di riferimento "pastorale" è quello tracciato da Papa Francesco nell'Evangelii Gaudium, cioè di una Chiesa missionaria, aperta al mondo, serva dei poveri, dialogante in modo inclusivo con tutti, capace di educare alla preghiera, alla "via mistica". Il diacono permanente, forse più libero dallo "schema" clericale, può essere il "nuovo segno" in mezzo al popolo di Dio e nella società secolare. Siamo impegnati per una Chiesa inviata nelle "periferie esistenziali" presenti sul territorio e significativamente bisognose di compagnia, di consolazione, di speranza. I diaconi comprendono che la loro vocazione-missione non si esaurisce nel pur nobile servizio all'altare, ma sentono che devono "sporcarsi le mani" nel visitare e abitare persone e ambienti di umanità varia e dispersa. Così il diacono che verrà, dovrà essere "sentinella" nelle frontiere dell'umano per recare la "buona notizia" della salvezza».
Vai all'intervista…


venerdì 3 giugno 2016

Gesù ci rivela il Dio della compassione


10a domenica del Tempo ordinario (C)
1 Re 17,17-24 • Salmo 29 • Galati 1,11-19 • Luca 7,11-17
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova
Una donna, una bara, un corteo: la scena di una tragedia in cui si recita il dolore più grande del mondo. Quel buco nero che inghiotte la vita di una madre, di un padre privati di ciò che è più importante della loro stessa vita. Quel freddo improvviso e spaventoso che ti stringe la gola e sai che d'ora in poi niente sarà più come prima.
Quella donna era vedova, aveva solo quel figlio, che per lei era tutto. Due vite precipitate dentro una sola bara. Quante storie così anche oggi, quante famiglie dove la morte è di casa. Perché questo accanirsi, questa dismisura del male su spalle fragili? Il Vangelo non dà risposte, mostra solo Gesù che piange insieme alla donna… Gesù non sfiora il dolore, penetra dentro il suo abisso insieme a lei.

Gesù fu preso da grande compassione per lei…
Gesù entra nella città di Nain da forestiero e si rivela prossimo. Un giorno gli avevano chiesto: Chi è il prossimo? Chi si avvicina al dolore altrui, se lo carica sulle spalle, cerca di consolarlo, alleviarlo, guarirlo se possibile. Il Vangelo dice che Gesù fu preso da grande compassione per lei. La prima risposta del Signore è di provare dolore per il dolore della donna. Vede il pianto e si commuove; non prosegue ma si ferma e dice dolcemente: donna, non piangere. Gesù non si accontenta di asciugare lacrime, lui consola liberando. Si avvicina a una persona che, forse, in cuor suo non capisce perché è successo proprio a lei…

Ragazzo dico a te, alzati!
Non si dice se quella donna fosse credente più fervida di altri. Nessuno. Ciò che fa breccia nel cuore di Gesù, il Signore amante della vita, è il suo dolore. Quella donna non prega, ma Dio ascolta il suo gemito, la supplica universale e senza parole di chi non sa più pregare o non ha fede, e si fa vicino, vicino come una madre al suo bambino. Si accosta alla bara, la tocca, parla: Ragazzo dico a te, alzati! Levati, alzati in piedi, sorgi: il verbo usato per la risurrezione. E lo restituisce alla madre. Restituisce il ragazzo all'abbraccio, all'amore, agli affetti che soli ci rendono vivi, alle relazioni d'amore nelle quali soltanto troviamo la vita.

Tutti glorificavano Dio…
Tutti glorificavano Dio dicendo: Un grande profeta è sorto tra noi. Dio ha visitato il suo popolo. Gesù profetizza Dio, il Dio della compassione, che cammina per tutte le Nain del mondo, che si avvicina a chi piange, ne ascolta il gemito. Che piange con noi quando il dolore sembra sfondare il cuore. E ci convoca a operare «miracoli», non quello di trasformare una bara in una culla, come lui a Nain, ma il miracolo di stare accanto a chi soffre, lasciandosi ferire da ogni gemito, dal divino sentimento della compassione.

(spunti da Ermes Ronchi)

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Egli lo restituì a sua madre (Lc 7,15)
(vai al testo) - (---> pdf, formato A4, stampa f/r per A5)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata (9/06/2013)
Ragazzo, dico a te, alzati! (Lc 7,14)
(vai al testo…)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
Dio che ci visita (7/06/2013)

Commenti alla Parola:
  di Luigi Vari (VP 4.2016)
  di Marinella Perroni (VP 4.2013)
  di Enzo Bianchi

(Illustrazione di Giorgio Trevisan)

giovedì 2 giugno 2016

Mese di Giugno con Giovanni Paolo II




Propongo per il Mese di Giugno le Litanie del Sacro Cuore di Gesù, commentate da Giovanni Paolo II.
(Testi dal 1984 al 1989)


Nel mio sito di Testi e Documenti ho riportato tutta la raccolta, giorno per giorno (vai ai testi…).







Nel Sacro Cuore di Cristo la sintesi di tutti i misteri della nostra fede

Durante tutto il mese di giugno la Chiesa mette davanti a noi i misteri del Cuore di Gesù, Dio-Uomo. Questi misteri sono enunziati in modo penetrante nelle Litanie del Sacratissimo Cuore, che possono essere cantate, possono essere recitate, ma soprattutto debbono essere meditate.
Tutti questi misteri sono stati proposti nella loro globalità dalla liturgia della solennità del Sacratissimo Cuore.
Ecco le parole di San Giovanni Apostolo:
"Non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati"... (1Gv 4, 10) "perché noi avessimo la vita per lui" (1Gv 4, 9).
V'è qui la sintesi di tutti i misteri nascosti nel Cuore del Figlio di Dio: l'amore "preveniente" l'amore "soddisfattorio" - l'amore vivificante.
Questo Cuore pulsa con il sangue umano, che è stato versato sulla Croce. Questo Cuore pulsa con tutto l'inesauribile amore che è eternamente in Dio. Con questo amore esso è sempre aperto verso di noi, attraverso la ferita che vi ha aperto la lancia del centurione sulla Croce.
"Se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri". L'Amore fa nascere l'amore, sprigiona l'amore e si realizza mediante l'amore. Ciascuna particella di vero amore nel cuore umano ha in sé qualcosa di ciò di cui il Cuore del Dio-Uomo è colmo senza limiti.
Perciò Egli chiede a noi nella liturgia della solennità del Sacratissimo Cuore: "Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me".
Tu, o Madre di Cristo, che hai ubbidito per prima a questa chiamata, insegnaci ad aprire i nostri cuori dell'Amore che è nel Cuore di Gesù, come tu gli hai aperto il Cuore sin dal primo "fiat". E come l'hai aperto sempre. Insegnaci, Madre, ad essere in intimità, nella verità e nell'amore, con il Cuore divino del tuo Figlio.
(1° luglio 1984, Angelus)

(vai ai testi giornalieri)