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martedì 13 dicembre 2016

Intervista sul diaconato a:
 Mons. Antonio Staglianò, Vescovo di Noto
 Mons. Antonio Suetta, Vescovo di Ventimiglia-Sanremo


Riprendo le interviste ai vescovi delle diocesi italiane sul diaconato permanente e i diaconi delle loro diocesi, pubblicate nella rivista L'Amico del Clero della F.A.C.I. (Federazione tra le Associazioni del Clero in Italia).
Le interviste sono curate da Michele Bennardo.

Michele Bennardo, diacono permanente della diocesi di Susa, ha conseguito il Dottorato in Teologia presso la Pontificia Università Lateranense. È professore di religione cattolica nella scuola pubblica e docente di Didattica delle competenze e di Didattica dell'Insegnamento della Religione Cattolica e Legislazione scolastica all'ISSR della Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale, Sezione parallela di Torino. È autore di numerosi testi e articoli e dal 2005 collabora con L'Amico del Clero.

Ho riportato le varie interviste nel mio sito di testi e documenti.

Nel numero 10 (ottobre 2016) de L'Amico del Clero è pubblicata l'intervista a Mons. Antonio Staglianò, Vescovo di Noto.

Alla domanda: "Quali requisiti ritiene siano indispensabili per un candidato al diaconato permanente?", Mons. Staglianò ha risposto: «Il Papa nel recente Giubileo dei diaconi ha affermato che il diacono è anzitutto servitore di Cristo; come Paolo, apostoli e servitori, due termini che "non possono mai essere separati; sono come due facce di una stessa medaglia: chi annuncia Gesù è chiamato a servire e chi serve annuncia Gesù". Il diacono deve essere prima di tutto un uomo di Dio che sa vivere la sua umanità in famiglia, nella Comunità cristiana e nella società, un testimone credibile, disponibile e mite, un uomo capace di saper tessere relazioni "nuove" ed "evangeliche". Un diacono che non dovesse avere una buona dote umana, aperta alla comunione e continuamente protesa nella dimensione dello Spirito rischierebbe di essere un "manovale promosso".
La Chiesa oggi ha bisogno di ministri che siano portatori della novità del Vangelo, testimoni di una proposta profondamente vera, pronti a dare la vita per l'evangelizzazione e a donarsi incondizionatamente per i poveri. Su questo si gioca l'autenticità della Chiesa e la sua stessa missione. Potrà essere diacono fedele alla sua vocazione colui che si lascia plasmare dallo Spirito e sente una struggente passione per il Vangelo e i poveri. Oggi "Serve una Chiesa capace di riscoprire le viscere materne della misericordia. Senza la misericordia c'è poco da fare per inserirsi in un mondo di feriti, che hanno bisogno di comprensione, di perdono e di amore" (Papa Francesco all'episcopato brasiliano, 27.7.2013).
La sfida che anche il diacono è chiamato a non deludere è quella di restituire l'uomo a se stesso, alla sua altissima dignità. Avvicinarsi e non restare, dunque, sordi al grido che proviene dalle piaghe purulenti dell'umanità per ritrovare, nel servizio reso agli ultimi, se stessi, il volto di Dio nel proprio».

E alla domanda: "Quale tra i classici compiti diaconali (carità, catechesi/ evangelizzazione e liturgia) le sembra necessiti di maggior valorizzazione rispetto a quanto avviene oggi nella diocesi di Noto?", ha risposto: «Da qualche anno ho chiesto agli stessi Diaconi della mia diocesi di ripensare il loro ministero all'interno delle Comunità di Parrocchie, che in diocesi sono ormai una realtà, nell'ottica della Evangelii Gaudium di Papa Francesco e dunque di una presenza significativa nel territorio insieme alle Comunità cristiane chiamate ad essere sale e luce del mondo. Ho chiesto di non limitare il loro servizio alla presenza nella Liturgia ma ad essere segno nelle Comunità e con le Comunità della irruzione del Risorto che fa nuove tutte le cose. Molti di loro sono impegnati nella catechesi agli adulti, nel servizio alle mense dei poveri e nei Centri di ascolto sparsi nel territorio per la evangelizzazione e per l'accoglienza delle persone provate da vari disagi, esistenziali e sociali. Ho puntato molto, a partire da un corso di Esercizi spirituali che ho voluto dettare io stesso, sulla presenza nel territorio che diventasse sprone per tutti i fedeli, chiamati a portare a compimento le liturgie delle chiese nel servizio e nella visita agli ultimi. In fondo stiamo parlando delle opere di misericordia: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti, dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi, visitare i carcerati, seppellire i morti. Il diacono è chiamato ad indicare con la sua missione i luoghi della precarietà e della sofferenza presenti oggi drammaticamente nel mondo.
Il Papa nella Misericordiae Vultus ci ricorda che la Chiesa è chiamata a curare la ferite dell'umanità, "a lenirle con l'olio della consolazione, fasciarle con la misericordia e curarle con la solidarietà e l'attenzione dovuta". Il Diacono è chiamato ad aiutare la Chiesa ad aprire gli occhi "per guardare le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della dignità".
La missione che il diacono è chiamato ad animare nella Comunità cristiana deve manifestare l'amore di Dio per il mondo, il nesso tra evangelizzazione e promozione umana è stretto. Dio nella storia della salvezza agisce per la salvezza integrale dell'uomo».
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Nel numero 11 (novembre 2016) de L'Amico del Clero è pubblicata l'intervista a Mons. Antonio Suetta, Vescovo di Ventimiglia-Sanremo.

Alla domanda: "Quali requisiti ritiene siano indispensabili per un candidato al diaconato permanente?", Mons. Suetta ha risposto: « Innanzitutto una vera vocazione adeguatamente riconosciuta ed accolta nel discernimento spirituale personale e nella compagine della Chiesa particolare. Il diaconato non dev'essere né una sorta di "premio di consolazione" per presbiteri mancati né un "riconoscimento" per collaboratori meritevoli. Occorre poi che, in conseguenza di ciò, la formazione teologica, spirituale, liturgica e pastorale del diacono permanente lo conduca a vivere il proprio ministero nella giusta sinergia del presbiterio, nella ineludibile specificità del ruolo ministeriale e nel proficuo equilibrio della sua interessante posizione "di confine" tra il laico in relazione a impegni professionali e familiari, ed il ministro ordinato».

E alla domanda: "Quali iniziative ritiene si possano intraprendere, a livello di pastorale vocazionale diocesana, per incrementare il numero di diaconi permanenti?", ha risposto: «Insieme alla preghiera per le Vocazioni e alle molteplici iniziative di sensibilizzazione vocazionale, credo che si debba direttamente "chiamare" molti laici impegnati nelle Parrocchie e in Associazioni e Movimenti invitandoli a prendere in considerazione una forma di servizio particolare che comporta un dono di consacrazione, una speciale grazia sacramentale e un ruolo specifico, indispensabile alla vita della Chiesa e non assimilabile alla testimonianza e al servizio reso da un laico».
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