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domenica 30 agosto 2015

La cura del Creato


Martedì, 1° settembre 2015 - «Giornata Mondiale di preghiera per la Cura del Creato».
Con lettera del 6 agosto 2015, festa della Trasfigurazione, Papa Francesco ha annunciato l'istituzione della Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato anche per la Chiesa cattolica – in sintonia con il Patriarca ecumenico Bartolomeo I.


«[…] Come cristiani vogliamo offrire il nostro contributo al superamento della crisi ecologica che l'umanità sta vivendo. Come cristiani vogliamo offrire il nostro contributo al superamento della crisi ecologica che l'umanità sta vivendo. Per questo dobbiamo prima di tutto attingere dal nostro ricco patrimonio spirituale le motivazioni che alimentano la passione per la cura del creato, ricordando sempre che per i credenti in Gesù Cristo, Verbo di Dio fattosi uomo per noi, «la spiritualità non è disgiunta dal proprio corpo, né dalla natura o dalle realtà di questo mondo, ma piuttosto vive con esse e in esse, in comunione con tutto ciò che li circonda». […]
«L'annuale Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato offrirà ai singoli credenti ed alle comunità la preziosa opportunità di rinnovare la personale adesione alla propria vocazione di custodi del creato, elevando a Dio il ringraziamento per l'opera meravigliosa che Egli ha affidato alla nostra cura, invocando il suo aiuto per la protezione del creato e la sua misericordia per i peccati commessi contro il mondo in cui viviamo». […]

Colpisce la motivazione ecumenica:
«Viviamo in un tempo in cui tutti i cristiani affrontano identiche e importanti sfide, alle quali, per risultare più credibili ed efficaci, dobbiamo dare risposte comuni. Per questo, è mio auspicio che tale Giornata possa coinvolgere, in qualche modo, anche altre Chiese e Comunità ecclesiali ed essere celebrata in sintonia con le iniziative che il Consiglio Ecumenico delle Chiese promuove su questo tema».

Preghiera per la nostra terra

Dio Onnipotente,
che sei presente in tutto l'universo
e nella più piccola delle tue creature,
Tu che circondi con la tua tenerezza
tutto quanto esiste,
riversa in noi la forza del tuo amore
affinché ci prendiamo cura
della vita e della bellezza.
Inondaci di pace, perché viviamo come fratelli e sorelle
senza nuocere a nessuno.
O Dio dei poveri,
aiutaci a riscattare gli abbandonati
e i dimenticati di questa terra
che tanto valgono ai tuoi occhi.
Risana la nostra vita,
affinché proteggiamo il mondo e non lo deprediamo,
affinché seminiamo bellezza
e non inquinamento e distruzione.
Tocca i cuori
di quanti cercano solo vantaggi
a spese dei poveri e della terra.
Insegnaci a scoprire il valore di ogni cosa,
a contemplare con stupore,
a riconoscere che siamo profondamente uniti
con tutte le creature
nel nostro cammino verso la tua luce infinita.
Grazie perché sei con noi tutti i giorni.
Sostienici, per favore, nella nostra lotta
per la giustizia, l'amore e la pace.

(Papa Francesco, Laudato si')

venerdì 28 agosto 2015

Un cuore nuovo…


22a domenica del Tempo ordinario (B)
Deuteronomio 4,1-2.6-8 • Sal 14 • Giacomo 1,17-18.21-22.27 • Marco 7,1-8.14-15.21-23
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione?
Gesù si mostra durissimo contro il rischio di una religione esteriore. Veniva da villaggi e campagne dove il suo andare era come un bagno dentro il dolore. Dovunque arrivava, gli portavano i malati, i mendicanti e i ciechi lo chiamavano, donne cercavano di toccargli almeno la frangia del mantello, almeno che la sua ombra passasse come una carezza sulla loro umanità dolente. E ora i farisei gli chiedono di tradizioni, di mani lavate o no, di abluzioni di stoviglie, di formalismi vuoti!

Non c'è nulla fuori dall'uomo… dal cuore escono…
Ed ecco che Gesù inaugura la religione del cuore, la linea dell'interiorità. Non c'è nulla fuori dall'uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Sono le cose che escono dal cuore dell'uomo a renderlo impuro. Gesù scardina ogni pregiudizio circa il puro e l'impuro, quei pregiudizi così duri a morire... Rivendica la purezza di ogni realtà vivente. Il cielo, la terra, ogni specie di cibo, il corpo dell'uomo e della donna sono puri, come è scritto: Dio vide e tutto era cosa buona. E attribuisce al cuore, e solo al cuore, la possibilità di rendere pure o impure le cose, di sporcarle o di illuminarle.

Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me
Il grande pericolo è vivere una religione di pratiche esteriori, emozionarsi per i grandi numeri, i milioni di pellegrini..., amare la liturgia per la musica, i fiori, l'incenso, recitare formule con le labbra, ma avere il cuore lontano da Dio e dai poveri. Dio non è presente dove è assente il cuore. Ma il ritorno al cuore non basta. Ci guardiamo dentro e vi troviamo di tutto, anche cose delle quali ci vergogniamo: dal cuore vengono le intenzioni cattive, prostituzioni, omicidi, adulteri, malvagità... un elenco impressionante di dodici cose cattive, che rendono impura la vita.
C'è bisogno di purificare la sorgente, di evangelizzare le nostre zone di durezza e di egoismo, guardandoci con lo sguardo di Gesù: il suo sguardo di perdono sulla donna adultera, su Maria Maddalena, su Pietro pentito, sguardo che trasforma, che ci fa abbandonare il peccato passato e ci apre a un futuro buono.

Non sono le pratiche esteriori che purificano, perché più facile lavare le mani che lavare le intenzioni. Occorre piuttosto lo sguardo di Gesù. Allora cadono le sovrastrutture, le esteriorità, le disquisizioni vuote, tutto ciò che è scoria culturale, tradizione di uomini. Con Gesù, invece, si respira aria di libertà! Apro il Vangelo ed ecco, è come una boccata d'aria fresca dentro l'afa dei soliti discorsi. Scorro il Vangelo e passa l'ombra di una perenne freschezza, un vento che mi rigenera, che mi apre strade nuove, perché con Gesù sono tornato alla felicità del cuore, alla vita.



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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Questo popolo mi onora con le labbra (Mc 7,6)
(vai al testo) - (---> pdf, formato A4, stampa a/r per A5)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata (2/09/2012)
Questo popolo mi onora con le labbra (Mc 7,6)
(vai al testo)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
La "pulizia" del cuore (31/08/2012)

Commenti alla Parola:
  di Luigi Vari (VP 2015)
  di Marinella Perroni (VP 2012)
  di Claudio Arletti (VP 2009)
  di Enzo Bianchi

mercoledì 26 agosto 2015

Due ministeri vissuti nell'unità


Riprendo dal secondo numero di questo'anno del trimestrale Unità nella carità, della Pia Società San Gaetano di Vicenza, Istituto religioso formato da preti e diaconi, questo articolo di don Luciano Bertelli, dove si parla del carisma di don Ottorino Zanon, fondatore della Pia Società San Gaetano.
Di particolare interesse il rapporto, nell'azione pastorale, di questi due ministeri, quello del prete e quello del diacono: «due ministeri vissuti insieme nell'unità, a servizio della spiritualizzazione della comunità (prete) e delle realtà umane (diacono)».
«Preti e Diaconi che vivono e lavorano insieme nell'unità nella carità, come religiosi pastori nel servizio pastorale alle parrocchie, caratterizzato dalla scelta di partire dagli ultimi e dall'attenzione al mondo del lavoro».

È un modello di vita per ogni realtà presbiterale e diaconale, che opera nelle comunità parrocchiali, dove non di rado si lamentano incomprensioni tra diacono e sacerdote.

Ecco l'articolo:

Al centro del carisma di don Ottorino ci sono indubbiamente i religiosi, preti e diaconi. Dio li chiama uno ad uno e insieme per una precisa missione pastorale. Sono preti e diaconi inseriti nelle parrocchie con uno stile pastorale nuovo: non aspetteranno che gli altri li vengano a cercare, ma essi si affretteranno in cerca di loro. Non saranno dei "tuttofare", ma saranno protesi a suscitare collaborazione tra i laici. In questo il diacono avrà un ruolo speciale. E così conclude don Ottorino nella sua relazione programmatica: «Fondata su questi rapporti sinceri ed intensi tra preti, diaconi e collaboratori laici, sulla valorizzazione di tutte le forze disponibili, la parrocchia diventerà una famiglia tutta impegnata "a manifestare Cristo con il fulgore della fede, della speranza e della carità" (LG 31)».
Nel cuore, dunque, della spinta rinnovatrice del carisma di don Ottorino ci sono i diaconi e i preti, che sono un anello chiave, ma anche il più necessitato di rinnovamento, della catena del suo progetto.
Per don Ottorino il prete è un uomo tutto di Dio, tutto dedito a Lui. Non è mai un distributore automatico di sacramenti, ma un cosciente collaboratore di Cristo, responsabile della comunicazione di grazia e di salvezza, che il Signore misteriosamente ha voluto, almeno in parte, legare all'opera, ma anche alle disposizioni, del sacerdote. È l'uomo di preghiera e l'educatore dei fedeli alla preghiera. È direttore di anime. È «spiritualizzatore della comunità».
I lineamenti del diacono secondo don Ottorino, invece, sono espressi dal concetto di «spiritualizzazione delle realtà umane. Egli opera a "fianco del sacerdote" e nello stesso tempo "a fianco del laico"».
È un legame profondo, secondo don Ottorino, che il diacono deve avere con i laici, perché il suo ministero è per sua natura stessa il più vicino alla loro vita, inserita com'è nelle più svariate realtà umane in cui essi sono chiamati a esprimere la loro vocazione e missione di testimonianza, la cui specificità è quella della "secolarità", come afferma il Vaticano II. Ma proprio per questo tipo di apostolato, don Ottorino sottolinea con particolare intensità la dimensione spirituale e spiritualizzatrice del diacono. Dice don Ottorino: «Se il prete deve essere unito a Dio, il diacono deve essere unito tre volte... deve avere una carica spirituale maggiore».
Inoltre, il quadro dei due pescatori (prete e diacono), che compiono la «pescagione evangelica» insieme, uniti nella carità, è l'icona più rappresentativa del nostro carisma, espressione sia della sua dimensione di comunione (unità nella carità), che della sua dimensione apostolica (l'apostolo deve dare). Il nostro è essenzialmente un carisma missionario, ma ha nel DNA fondazionale le parole di Gesù «Da questo sapranno che siete miei discepoli se avete amore gli uni per gli altri». L'unità deve essere l'anima di ogni missionarietà e ministerialità e deve realizzarsi innanzi tutto tra preti e diaconi, concepiti insieme nel carisma di don Ottorino. Esso, quindi, punta fondamentalmente a un rinnovamento dei ministri nella Chiesa. Ma don Ottorino sapeva bene che questo doveva avvenire all'interno di un vasto orizzonte di rinnovamento, dove si respirasse l'aria dell'«universale vocazione alla santità», affermata dal Vaticano II. Sono innumerevoli in don Ottorino i riferimenti nelle sue meditazioni, fatte ai suoi futuri preti e diaconi, alla santità di tanti papà e mamme, nonni e nonne, giovani, che nell'ordinarietà della vita della loro famiglia, del loro lavoro, nella fatica e nella gioia, sono nel mondo esempio di santità. Li indicava loro come modelli di vita cristiana vissuta.
Ecco perché ha sentito la necessità di coinvolgere nel suo progetto molti laici, che diverranno collaboratori importanti nel suo compito educativo: insegnanti, maestri di lavoro, benefattori. L'aggregazione, poi, avvenuta più tardi, delle "sorelle nella diaconia" e degli "amici di don Ottorino" alla realtà dei religiosi, preti e diaconi, formando insieme con loro la "Famiglia di don Ottorino", costituirà uno sviluppo importante del carisma di don Ottorino. Sono pensati come facenti parte di una unica realtà, che si ispira allo stesso carisma.
È un carisma, che pur con tante povertà e tante incorrispondenze sperimentate nella nostra storia e che anche oggi sperimentiamo, con questa sua auto comprensione di Famiglia, unita nelle diverse componenti delle sue vocazioni, continuerà ad essere un grande dono per la nostra Chiesa e per il mondo.

domenica 23 agosto 2015

Il diacono motore di impegno


Nel secondo numero di questo'anno del trimestrale Unità nella carità, della Pia Società San Gaetano di Vicenza, Istituto religioso formato da preti e diaconi, riporto questo articolo di don Luca Garbinetto, sull'Expo di Milano, occasione per i diaconi di raccogliere la sfida della fame.



Il diacono è motore di impegno per una chiesa in uscita, che cerca sempre di collaborare con ogni uomo e donna di buona volontà

L'EXPO, occasione per i Diaconi di raccogliere la sfida della fame

A Milano è iniziata la grande esposizione mondiale dal titolo: "Nutrire il pianeta, energia per la vita", che ha come tema centrale il cibo. Se ne parla continuamente: è l'EXPO 2015.
Cosa c'entra questo evento con il diaconato? Senza entrare nei conflitti politici e sociali che mettono di fronte gli entusiastici promotori e i violenti denigratori dell'evento, la Chiesa si sta impegnando molto a fare la sua parte perché, nel parlare del cibo, non passi dimenticata la tragica situazione di milioni di persone nel mondo che patiscono la povertà e la fame, a causa di una ingiusta spartizione dei beni. In questo senso, non c'è ministero più adeguato del diaconato per aprire orecchi e cuore e prestare attenzione al tema trattato. Non si tratta tanto - o soltanto - di farsi presenti come diaconi all'EXPO, quanto piuttosto di raccogliere la sfida di una visione evangelica sulla questione.
Tradizionalmente, infatti, il diaconato è considerato "il ministero delle mense". Il testo di Atti degli Apostoli 6 parla dell'istituzione, nelle prime comunità cristiane, di un ministero che garantisse una equa distribuzione dei beni fra le vedove dei greci e quelle dei giudei, convertiti alla fede in Cristo. Sebbene non siano denominati esplicitamente così, nei sette uomini indicati agli apostoli perché imponessero loro le mani per questo servizio, da sempre si riconoscono i primi sette diaconi.
Nel mondo contemporaneo, le mense delle vedove, degli orfani, degli emarginati, senza nemmeno le briciole sul tavolo per mangiare, hanno assunto dimensioni globali. L'EXPO di Milano, dunque, oltre a mettere in mostra la creatività e la ricchezza di tanti Paesi che producono, trasformano, cucinano, vendono cibi in mille maniere, deve divenire anche una ulteriore opportunità per mostrare l'attenzione diaconale della Chiesa e in particolare dei diaconi.
Essi, infatti, sono chiamati a rinnovare la loro attenzione prioritaria alle necessità dei più poveri, per farsi "orecchio e occhio" dei vescovi e delle comunità cristiane nel rispondere al bisogno di solidarietà così urgente nel mondo.
Il diacono è ministro che, come Maria alle nozze di Cana, vede le necessità del popolo e le segnala al Signore, vivo e presente nel suo Corpo che è la Chiesa. Diviene quindi coscienza critica - mai però polemica - di una comunità cristiana che, per essere fedele alla missione del proprio Capo e Maestro, deve sporcarsi profeticamente le mani e continuare a impegnarsi perché tutti abbiano pane per nutrirsi e vino per fare festa.
Il diacono diviene così anche motore di impegno per una Chiesa in uscita, che cerca sempre di collaborare con ogni uomo e donna di buona volontà, disposti a seguire l'esempio di Gesù, che da ricco che era si fece povero e servo, per imbandire una tavola di cibi succulenti a cui tutti i popoli della terra possano sedersi in comunione e fraternità.
L'EXPO 2015 diviene allora un ulteriore spazio in cui giunge ai diaconi e alla Chiesa tutta la chiamata di essere attenti ai segni dei tempi e coraggiosi interpreti delle nuove frontiere di testimonianza del mondo contemporaneo.

venerdì 21 agosto 2015

Le Parole uniche che danno Vita


21a domenica del Tempo ordinario (B)
Giosuè 24,1-2a.15-17.18b • Sal 33 • Efesini 5,21-31 • Giovanni 6,60-69
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Questa parola è dura…
Dopo il lungo discorso sul pane dal cielo e sulla sua carne come cibo, Gesù vede profilarsi l'ombra del fallimento: molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui.
E lo motivano chiaramente: questa parola è dura. Chi può ascoltarla? Dura era stata anche per il giovane ricco: vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri. Dure le parole sulla montagna: ama i tuoi nemici, se uno ti colpisce porgi l'altra guancia.
Ma ciò che Gesù propone adesso non è una nuova morale più o meno ardua, ma una visione ancora più rivoluzionaria, una fede ancor più dura da comprendere e da accettare: io sono il pane di Dio; io trasmetto la vita di Dio; la mia carne dà la vita al mondo. Nessuno aveva mai detto "io" con questa pretesa, con questa autorità. E poi nessuno aveva mai parlato di Dio così: un Dio che non versa sangue, ma versa il suo sangue; un Dio che va a morire d'amore, che si fa piccolo come un pezzo di pane, si fa cibo per l'uomo.

Volete andarvene anche voi?
Finita la religione delle pratiche esterne, dei riti, degli obblighi, questa è la religione del "corpo a corpo" con Dio, fino a diventare una cosa sola con lui. Ed ecco la svolta del racconto: forse volete andarvene anche voi? C'è un velo di tristezza in Gesù, consapevole della crisi in atto. Ma c'è anche fierezza e sfida, e soprattutto un appello alla libertà di ciascuno…

Signore, da chi andremo?
Sono chiamato anch'io a scegliere di nuovo: andare o restare. E mi viene in aiuto la stupenda risposta di Pietro: Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna.
Tu solo! Dio solo! Non ho altro di meglio… Tu solo! Nessun altro c'è su cui poggiare la vita. Tu solo hai parole: Dio parla, il cielo non è vuoto e muto, e la sua parola è efficace e tagliente, spalanca la pietra del sepolcro, vince il gelo, apre strade e nuvole e incontri…

Tu hai parole di vita eterna
Parole che danno vita, la danno ad ogni parte di me. Danno vita al cuore, allargano e purificano il cuore, ne sciolgono la durezza.
Danno vita alla mente… vita allo spirito, a questa parte divina deposta in noi. Parole che danno vita anche al corpo… Parole di vita eterna, che portano in dono l'eternità a tutto ciò che di più bello abbiamo nel cuore.

E noi abbiamo creduto…!


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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Signore, tu hai parole di vita eterna (Gv 6,68)
(vai al testo) - (---> pdf, formato A4, stampa a/r per A5)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata (26/08/2012)
Signore, da chi andremo? (Gv 6,68)
(vai al testo)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
Rimanere con Lui (24/08/2012)

Commenti alla Parola:
  di Luigi Vari (VP 2015)
  di Marinella Perroni (VP 2012)
  di Claudio Arletti (VP 2009)
  di Enzo Bianchi

venerdì 14 agosto 2015

Il segreto della Vita che non muore


20a domenica del Tempo ordinario (B)
Proverbi 9,1-6 • Sal 33 • Efesini 5,15-20 • Giovanni 6,51-58
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Chi mangia la mia carne… Se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo…
Nel brano evangelico proposto per questa domenica (cf Gv 6,51-58) Gesù per otto volte ripete: Chi mangia la mia carne vivrà in eterno. E ogni volta ribadisce il perché di questo mangiare: per vivere, perché viviamo davvero. È l'incalzante, martellante certezza da parte di Gesù di possedere qualcosa che capovolge la direzione della vita: non più avviata verso la morte, ma chiamata a fiorire in Dio.

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna
Ha la vita eterna, non "avrà". La "vita eterna" non è una specie di "trattamento di fine rapporto", di liquidazione che accumulo con il mio lavoro e di cui potrò godere alla fine dell'esistenza. La vita eterna è già cominciata: una vita diversa, profonda, giusta, che ha in sé la vita stessa di Gesù, buona, bella e beata.

Chi è l'uomo che desidera la vita e ama i giorni in cui vedere il bene?
Come recita il Salmo, sì, io voglio per me e per i miei una vita che sia vera e piena. Voglio lunghi giorni e che siano felici. Li voglio per me e per i miei. Siamo cercatori di vita, affamati di vita, non rassegnati, non disertori: allora troveremo risposte. Le troveremo nella vita di Gesù, nella sua carne e nel suo sangue, che non sono tanto il materiale fisiologico che componeva il suo corpo, ma includono la sua vita tutta intera, la sua vicenda umana, il suo respiro divino, le sue mani di carpentiere, le sue lacrime, le sue passioni, i suoi abbracci, la casa che si riempie del profumo di nardo e di amicizia. Su, fino alla carne inchiodata, fino al sangue versato. Fino al dono di sé, di tutto se stesso.

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui
Mangiare e bere Cristo significa essere in comunione con il suo segreto vitale: l'amore. Cristo possiede il segreto della vita che non muore. E vuole trasmetterlo.
Chi mangia la mia carne dimora in me e io in lui. La bellezza di questo dimorare insieme! Gli uomini quando amano dicono: vieni a vivere nella mia casa, la mia casa è la tua casa. Dio lo dice a noi. E noi lo diciamo a Dio perché il nostro cuore è a casa solo accanto al suo. Una sola cosa con te! Che è il fine della vita. E lascio che il mio cuore assorba te, lascio che tu assorba il mio cuore, e che di due diventiamo finalmente una cosa sola.
Ecco il fine della storia: Dio si è fatto uomo per questo, perché l'uomo si faccia come Dio.


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Vedi anche:

Vedi Parola-sintesi (breve commento e una testimonianza) a suo tempo pubblicata (19/08/2012)
Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo (Gv 6,51) (Gv 6,51)
(vai al testo)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
"Mangiare", necessità per vivere! (17/08/2012)

Commenti alla Parola:
  di Luigi Vari (VP 2015)
  di Marinella Perroni (VP 2012)
  di Claudio Arletti (VP 2009)
  di Enzo Bianchi

giovedì 13 agosto 2015

Come Maria…


Assunzione della B.V. Maria
Apocalisse 11,19; 12,1-6.10 • Sal 44 • 1Corinzi 15,20-26 • Luca 1,39-56
(Visualizza i brani delle Letture)
(Vedi anche i brani delle Letture della Messa vespertina nella vigilia)

Appunti per l'omelia

L'Assunzione di Maria al cielo in anima e corpo è l'icona del nostro futuro, è anticipazione di un comune destino: annuncia che l'anima è santa, ma che anche il corpo è santo, perché il Creatore non spreca le sue meraviglie; ed il corpo avrà, trasfigurato, lo stesso destino dell'anima. Perché l'uomo è uno.

Si aprì il tempio di Dio che è nel cielo… Una donna vestita di sole… Era incinta e gridava per le doglie del parto…
Immagine bellissima della Chiesa, dell'umanità, di Maria, di me, piccolo cuore ancora vestito d'ombre. Che rivela la nostra comune vocazione: essere nella vita, datori di vita. I dogmi che riguardano Maria, ben più che un privilegio esclusivo, sono indicazioni esistenziali valide per ogni uomo e ogni donna. Il segno della donna nel cielo evoca Maria, ma anche l'intera umanità, la Chiesa di Dio, ciascuno di noi. La festa dell'Assunta ci chiama ad aver fede nell'esito buono, positivo della storia: la terra è incinta di vita e non finirà fra le spire della violenza; il futuro è minacciato, ma la bellezza e la vitalità della Donna sono più forti della violenza di qualsiasi drago.
Essere creature solari, generanti vita. Ed in lotta... contro il male, il grande drago rosso che divora la luce, che mangia i frutti della vita. Avere un cuore di luce e mandare solo segnali di vita attorno a sé senza arrendersi mai. Perché il futuro del mondo non è gravido di morte, ma di vita.

Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa…
Maria è la donna del viaggio compiuto in fretta, perché l'amore ha sempre fretta, non sopporta ritardi; va', portata dal futuro che prende carne e calore in lei. Donna in viaggio, che è sempre figura di una ricerca interiore, di un cammino verso un mondo nuovo sulle tracce di Dio e sulle speranze del cuore. Donna in viaggio verso altri… continuamente verso altri, creatura di comunione... Donna in viaggio da casa a casa, che lascia la sua casa di Nazaret e va da Elisabetta, dagli sposi di Cana…, alla camera al piano di sopra a Gerusalemme, quasi la sua casa si fosse dilatata e spalancata e moltiplicato il cerchio del cuore. Donna in viaggio con gioia, gioia e paura insieme, gioia che all'incontro con Elisabetta si fa abbraccio e poi canto. Perché la gioia, come la pace, come l'amore, si vivono solo condividendoli.

Entrata nella casa… salutò Elisabetta
Unica pagina evangelica in cui sono protagoniste due donne, senza nessun'altra presenza, che non sia quella del mistero di Dio pulsante nel grembo.
Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo. Prima parola di Elisabetta, che mantiene e prolunga il giuramento irrevocabile di Dio - "Dio li benedisse…" (Gen 1,28) - e lo estende da Maria a ogni donna, a ogni creatura. Benedizione per chi ci sta vicino, per chi condivide casa e strada… "Dio mi benedice con la tua presenza… possa Dio benedirti con la mia presenza".

L'anima mia magnifica il Signore
Magnificare significa fare grande. Ma come può la piccola creatura fare grande il suo Creatore? Noi facciamo grande Dio nella misura in cui gli diamo tempo e cuore, nella misura che sappiamo dilatare il nostro cuore su quello di Dio.
Maria con il suo Magnificat, che è il suo Vangelo, esprime la lieta notizia dell'innamoramento di Dio, che ha posto le sue mani nel folto della vita. Per dieci volte Maria ripete: è Lui, è Lui che guarda, è Lui che innalza, è Lui che riempie, è Lui.
Il cuore del vangelo è ciò che Dio fa per me, non ciò che io faccio per Dio.
Allora, anche per me, con tutta la complessità della vita, è pronunciata la parola: "Benedetto sei tu perché porti il Signore, come Maria".

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Beata colei che ha creduto (Lc 1,45)
(vai al testo) - (---> pdf, formato A4, stampa a/r per A5)

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
La "cose grandi" compiute da Dio (14/08/2014)
Gioia e gratitudine immensa (14/08/2013)
La meraviglia del Cielo (14/08/2012)

Commenti alla Parola:
  di Luigi Vari (VP 2015)
  di Marinella Perroni (VP 2012)
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  di Enzo Bianchi

martedì 11 agosto 2015

Amare come Dio ci ama


Abbiamo bisogno di dilatare il cuore sulla misura del cuore di Gesù. Quanto lavoro! Ma è l'unico necessario. Fatto questo, tutto è fatto.
Si tratta di amare ognuno che ci viene accanto come Dio lo ama. E dato che siamo nel tempo, amiamo il prossimo uno alla volta, senza tener nel cuore rimasugli d'affetto per il fratello incontrato un minuto prima. Tanto, è lo stesso Gesù che amiamo in tutti.
Ma se rimane il rimasuglio vuol dire che il fratello precedente è stato amato per noi o per lui... non per Gesù.
E qui è il guaio.

La nostra opera più importante è mantenere la castità di Dio e cioè: mantenere l'amore in cuore come Gesù ama. Quindi per essere puri non bisogna privare il cuore e reprimervi l'amore. Bisogna dilatarlo sul cuore di Gesù e amare tutti.

E come basta un'ostia santa dei miliardi di ostie sulla terra per cibarsi di Dio, basta un fratello - quello che la volontà di Dio ci pone accanto - per comunicarci con l'umanità che è Gesù mistico.
E comunicarci con il fratello è il secondo comandamento, quello che viene subito dopo l'amore di Dio e come espressione di esso.


(Chiara Lubich, Amare tutti - Uno alla volta, in L'arte di amare)

lunedì 10 agosto 2015

Di ritorno dal Convegno di Campobasso


Ho partecipato con mia moglie al Convegno nazionale dei diaconi, promosso dalla Comunità del Diaconato in Italia, svoltosi dal 5 all'8 agosto a Campobasso.
Non siamo estranei ad esperienze di questo genere, ma questa volta il Convegno è stato coinvolgente in tutti i sensi, bello, che ci ha colmato l'anima di riconoscenza per il dono del diaconato.
Ospitati in modo eccellente dalla diocesi di Campobasso Bojano, abbiamo sperimentato la vicinanza del vescovo padre Giancarlo Bregantini, una vicinanza non solo fisica (era presente a tutto il Convegno, facendoci da guida alla visita alla città ed alle sue chiese), ma soprattutto spirituale: un padre che ha veramente a cuore tutti.
Erano presenti 250 i partecipanti da 70 diocesi d'Italia: oltre ai diaconi, 75 mogli ed una quindicina di delegati vescovili.
Il tema: La famiglia del diacono "scuola di umanità". Tema molto importante e di estrema attualità.

Ecco in sintesi alcuni temi:

 L'introduzione di don Giuseppe Bellia, direttore della rivista Il Diaconato in Italia, ha posto l'accento sulla Diaconia, volto umano di Dio. È Dio che si rivela! Un servizio che parte dalla "conoscenza" di Gesù Cristo: prima, infatti, viene Cristo, poi viene la diaconia. Perché, nel servizio, non è tanto quello che si fa o viene permesso di fare, ma quello che si è, nel nostro rapporto vitale, gioioso con Cristo. Così, la "casa" del diacono diventa il primo luogo della diaconia e scuola per ogni altra diaconia.
 La relazione del dott. Giancarlo Brunelli, direttore de Il Regno Attualità e Documenti, EDB, sul tema Dal Sinodo sulla Famiglia al Convegno ecclesiale di Firenze: cammino della Chiesa tra Sinodalità e Misericordia. Un commento dei cinque verbi, delle cinque vie, per il cammino della Chiesa (Uscire, Annunciare, Abitare, Educare, Trasfigurare), applicati alla diaconia del diacono e della sua famiglia.
 La relazione di mons. Arturo Aiello, vescovo di Teano e Membro della Commissione Episcopale per il Clero e la Vita consacrata, sul tema La famiglia del diacono scuola di umanità. La famiglia del diacono: una famiglia sì come tutte le altre, con le sue gioie e le sue sofferenze, ma con una "attenzione" in più nell'accoglienza (prima dentro e poi fuori), con una "tenerezza" che esprima un luogo di "guarigione" per la possibilità di accoglierci veramente come siamo, dove l'arte del dialogo si fa prossimità, è un vivere "accanto" e non "insieme": famiglia che si incontra…
 La relazione del card. Beniamino Stella, Prefetto della Congregazione del Clero, sul tema La visione e le aspettative sul diaconato nell'insegnamento pontificio. Dopo una mirabile sintesi storica del diaconato fino al suo ripristino nel Vaticano II, il cardinale ha focalizzato alcuni spunti attuativi per le diocesi, quali in primis l'atto di nomina, un atto non solo formale, ma identificante, sia del luogo che dell'incarico specifico, in analogia con i presbiteri, anche se per i diaconi non è ancora così evidente in molte diocesi. Si è messo l'accento sul rischio della supplenza per mancanza di presbiteri, perché può far perdere la specificità degli ambiti propri del diacono, soprattutto nel rapporto con il mondo (rapporto poco valorizzato ma specificatamente diaconale), quale presenza qualificata della Chiesa.
 La relazione, l'ultimo giorno, di padre Raniero Cantalamessa, sul tema Il diacono servitore di Cristo. Esposizione sapienziale della diaconia evangelica, quale premessa per ogni diaconia, anche ordinata, ("A cosa mi serve essere diacono, se non ho l'animo diaconale?"), sull'esempio di Gesù ("Vi ha dato l'esempio, perché anche voi facciate altrettanto…"): nell'essere servitore è riassunto tutto il senso della vita di Gesù. Nella Chiesa il carisma è in funzione della diaconia, perché un carisma senza servizio è un "talento sotterrato": la Chiesa è carismatica per essere diaconale, dove il servizio scaturisce non dal fare ma dalla Carità, dall'Agape… come Dio; dal "farsi piccolo per amore" di Dio, dal suo "discendere", perché Dio non può che "scendere". Una grandezza che si esprime nel servizio! È un servizio, quello del discepolo che ha per beneficiario il prossimo e per destinatario Dio, come Cristo, che "ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore".

Belle le testimonianze che sono state offerte, in particolare quelle dei tre fratelli Buccarella, diaconi della diocesi di Roma con le loro spose; quella di Giuseppe Colona, sempre della diocesi di Roma che ha raccontato dell'esperienza della missione dei diaconi romani in Perù; di Francesco Portes e di sua moglie, brasiliani: lui vicepresidente del Consiglio Nazionale per i diaconi del Brasile; ed altre.

Interessanti, infine, i vari gruppi di studio nei quali si è potuto approfondire quanto esposto nelle relazioni e, soprattutto, comunicarci esperienze personali e delle proprie diocesi. Di particolare importanza è stato lo spazio riservato alle mogli dei diaconi in un loro specifico incontro di scambio di esperienze e di una maggior presa di coscienza della propria identità accanto ai mariti diaconi.

Le relazioni in sala erano intercalate da momenti di preghiera: la veglia per la solennità della Trasfigurazione presso la Chiesa della Madonna dei Monti; la visita al Santuario dell'Addolorata di Castelpetroso; la santa Messa nella cattedrale di Campobasso…























La Regione Molise ha voluto offrire ai convegnisti una serata festosa nella piazza di Sepino, comune non distante da Campobasso.




venerdì 7 agosto 2015

Noi diventiamo Colui che ci abita


19a domenica del Tempo ordinario (B)
1 Re 19,4-8 • Sal 33 • Efesini 4,30-5,2 • Giovanni 6,41-51
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre
Non si diventa cristiani se non per questa "attrazione", non certo per indottrinamento o per coercizione. Io sono cristiano per attrazione: mi attira il Padre, come il pane, energia inesauribile che alimenta la vita, ogni vita. Si dà e scompare. Così anche i figli suoi faranno come Lui, si faranno pane buono.
Mangiare. Azione semplice, quotidiana, vitale, che indica cento cose, ma la prima è vivere. Mangiare è questione di vita o di morte. Dio è così: una questione di fondo. Ne va della mia vita. Il segreto, il senso ultimo nel tempo e nell'eterno è vivere di Dio. Non solo diventare più buono, ma avere Dio dentro, che mi trasforma nel cuore, nel corpo, nell'anima, mi trasforma in Lui.
Così san Leone Magno: Partecipare al corpo e al sangue di Cristo non tende ad altro che a trasformarci in quello che riceviamo.

Io sono il pane della vita
Dio in me: il mio cuore Lo assorbe, Lui assorbe il mio cuore, e diventiamo una cosa sola. Ed è il senso di tutta la storia: portare il cielo sulla terra, Dio nell'uomo, la Vita immensa in questa nostra piccola vita. Molto più del perdono dei peccati è venuto a portare: è venuto a dare se stesso!

Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo
Mangiare la carne di Cristo non si riduce al rito della Messa. Il corpo di Cristo non sta solo sull'altare: del suo Spirito è piena la terra! Dio si è vestito di umanità al punto che l'umanità intera è la carne di Dio. Infatti: quello che avete fatto a uno di questi l'avete fatto a me.
Mangiare il pane di Dio è nutrirsi di Cristo e di Vangelo, respirare quell'aria pulita, mangiare quel pane buono, continuamente.
E noi di che cosa ci nutriamo? Di che cosa alimentiamo cuore e pensieri? Stiamo mangiando generosità, bellezza, profondità? O stiamo nutrendoci di superficialità, miopie, egoismi, intolleranze, insensatezze?
Se accogliamo in noi pensieri degradati, questi ci riducono come loro; se accogliamo pensieri di vangelo, di bontà e di bellezza, essi ci fanno uomini e donne della bellezza.
Se ci nutriamo di Vangelo, il Vangelo darà forma al nostro pensare, al nostro sentire, al nostro amare. E diventiamo ciò che ci abita.



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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Io sono il pane vivo (Gv 6,51)
(vai al testo) - (---> pdf, formato A4, stampa a/r per A5)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata (12/08/2012)
Io sono il pane della vita (Gv 6,26)
(vai al testo)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
La Parola e il Pane della vita (10/08/2012)

Commenti alla Parola:
  di Luigi Vari (VP 2015)
  di Marinella Perroni (VP 2012)
  di Claudio Arletti (VP 2009)
  di Enzo Bianchi

martedì 4 agosto 2015

Vivendo la Parola


Sfogliando il blog (In… visibile) dell'amico Tanino Minuta, ho ritrovato una sua esperienza - dal titolo Vivendo la Parola -, una sua esperienza di quando doveva passare il controllo alla frontiera con l'Ungheria ai tempi della "cortina di ferro".
Mi sono venuti così alla mente alcuni nostri incontri, parecchi anni fa: ci incontravamo alla stazione ferroviaria di Trieste (io abitavo in quella città) e Tanino era in attesa della coincidenza del treno che lo avrebbe portato "oltre".

Quanto scrive nel suo blog è sempre un balsamo per lo spirito.


Questa è l'esperienza che trascrivo:

«Quando in Ungheria vigeva il regime comunista, uno dei pericoli era l'Occidente con il suo sfrenato consumismo, con la sua pornografia, con le sue idee sovvertitrici. Così per entrare nel Paese il controllo era molto meticoloso.
Ogni volta che viaggiavo il passaggio della dogana era un'operazione chirurgica: Per chi questi regali? Come mai nella sua rubrica ci sono tutti questi ungheresi? Come mai li conosce? Quanti litri di alcol? Quanto caffè?...
Ogni volta uno stillicidio di domande e le risposte erano sempre prese con sospetto.
Tutti potevano essere nemici, soprattutto gli stranieri portatori del virus capitalista.
Mi son chiesto se il Vangelo avesse un suggerimento. L'ho trovato proprio nel comportamento di Gesù con la samaritana.
Gesù le chiede da bere, la mette nelle condizioni di amare per prima e da lì inizia il dialogo che porterà la donna a capire con chi stava trattando. Gesù suggerisce, per qualsiasi rapporto vogliamo avere, che ci sia innanzitutto la carità. Soltanto così le parole potranno essere veicolo di verità.
Alla prima occasione che ebbi di passare la dogana, con il carico che avevo nella macchina di regali vari, il controllo sarebbe andato per le lunghe. Per mettere il poliziotto nella condizione di amare per primo gli dissi che avevo un terribile mal di testa. Lui è corso a prendermi una medicina e un bicchiere d'acqua. Mi assicurò che tutto sarebbe andato per il meglio nel giro di qualche minuto perché quella medicina anche lui la usava. Mi salutò cordialmente senza fare nessun controllo.
Grande fu la lezione. Non tanto per il facile controllo ma perché ho sperimentato che con qualsiasi uomo, qualsiasi maschera gli abbiamo dato o si è messa da solo, l'unica via per guardarsi negli occhi è stabilire un rapporto di carità.
Da quella volta è diventato per me piacevole attraversare la dogana.
Ora certe frontiere non esistono più ma, come mi è capitato recentemente, ogni volta che attraverso quelle costruzioni che sono stati simbolo di terrore e paura, il ricordo più forte è che l'arte della "samaritana" è sempre valida».

domenica 2 agosto 2015

L'ultima creatura. L'idea divina del femminile


Durante il periodo di vacanze tra le montagne della Carnia (Udine) ho visitato (cosa che faccio ogni qualvolta mi è possibile ed ho la possibilità di trascorrere in po' del periodo estivo "dalle mie parti"), ho visitato la mostra di Illegio, piccolo centro montano del comune di Tolmezzo, Udine.
Illegio ospita ogni anno, nella Casa delle Esposizioni, una prestigiosa mostra d'arte.
Il tema di quest'anno: L'ultima creatura. L'idea divina del femminile.
È un tema affascinante: la donna, ultima creatura uscita dalle mani di Dio!

Si legge nel dépliant:

L'Ultima Creatura. L'Idea Divina del Femminile
Da Caravaggio a Rubens, da Veronese a Ricci, da Hayez a Messina: grandi donne bibliche nell'arte cristiana.

Alcune donne stanno nella storia biblica. Confondono gli uomini, avvincono Dio, sono piene di una grazia che diventa forza di combattimento, virtù indomabile. Nel percorso da Eva a Maria, le donne non vacillano mai. Le Scritture rendono omaggio alla loro bellezza che esse portano senza Vanto, concentrate su una missione da perseguire, a tracciare una via per la quale Dio stesso dovrà incamminarsi se vorrà arrivare a noi.
La mostra «L'ultima creatura. L'idea divina del femminile» ripercorre l'Antico Testamento e attinge a trenta musei - dagli Uffizi ai Vaticani, dalle Gallerie dell'Accademia di Venezia alla quadreria del Quirinale -, per raccontare con colpi di scena d'arte la storia sacra al femminile.
Il cuore è il massimo capolavoro di Caravaggio, "Giuditta e Oloferne" - evento eccezionale, la sua presenza alla mostra di Illegio -: c'è tutto, nel fascino del viso perfetto e contratto della paladina di Israele, nei solchi del volto della vecchia sua serva, nel volteggio misterioso del tendaggio di sfondo, nel sangue che zampilla dal collo del nemico sconfitto.
Accanto a quell'opera, quaranta capolavori dal Quattrocento al Novecento evocano dalla storia dell'arte una produzione immensa di bellezza su tela, che rispecchia il fascino spirituale e l'avvenenza corporea delle donne di Dio. E ripropone il femminile come un simbolo che accende il pensiero e strugge i sensi: non a caso, il corpo della donna, velato o svelato, è il simbolo - la mostra lo illustra - con cui si rappresenta nei secoli la missione dell'arte.
Dio, giocando la partita della rivelazione mossa dopo mossa, plasma la donna come ultimo atto della creazione: con l'idea divina del femminile ci manifesta il suo intento sublime. Perché dunque il Creatore volle la donna davanti a sé e davanti al maschile? La mostra di Illegio conduce a ritrovare la risposta, a ritrovare le madri della madre del Messia, i loro nomi e i loro amori necessari a comprendere il senso segreto del mondo.