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domenica 21 giugno 2015

Alla ricerca del vero tesoro


21 giugno – San Luigi Gonzaga

Il 21 giugno del 2013, papa Francesco, durante la messa a Santa Marta, ha incentrato la sua riflessione sulle letture del giorno, individuando in particolare nel brano del Vangelo di Matteo (6, 19-23) un "filo conduttore" fra i termini «tesoro, cuore e luce» e auspicando che «il Signore ci cambi il cuore per cercare il vero tesoro e così diventare persone luminose e non delle tenebre».
È quanto al Signore chiedo oggi, nella memoria di san Luigi Gonzaga (di cui porto il nome), per l'intercessione del mio santo protettore.
Sì, il vero tesoro! …ed essere per le persone che il Signore mi mette accanto, nella vita familiare e nella vita del mio ministero diaconale, "luce" e "gioia", che nascono da un cuore sincero e puro.

La prima cosa da fare, ha spiegato il Santo Padre nell'omelia, è domandarsi: «Qual è il mio tesoro?». E di certo non possono essere le ricchezze, visto che il Signore dice: «Non accumulate per voi tesori sulla terra, perché alla fine si perdono». Del resto, ha sottolineato il Papa, sono «tesori rischiosi, che si perdono»; e sono anche «tesori che dobbiamo lasciare, non li possiamo portare con noi. Io non ho mai visto un camion di traslochi dietro un corteo funebre», ha commentato. Allora, si è chiesto, qual è il tesoro che possiamo portare con noi alla fine della nostra vicenda terrena? La risposta è semplice: «Puoi portare quello che hai dato, soltanto quello. Ma quello che hai risparmiato per te, non si può portare». Sono cose che possono essere rubate dai ladri, oppure cose che si rovinano, oppure cose che verranno prese dagli eredi. Mentre «quel tesoro che noi abbiamo dato agli altri durante la vita, lo porteremo con noi dopo la morte» «e quello sarà "il nostro merito"»; o meglio, ha puntualizzato, «il merito di Gesù Cristo in noi». Anche perché «è l'unica cosa che il Signore ci lascia portare». Lo ha detto chiaramente Gesù stesso ai dottori della legge che si vantavano della bellezza del tempio di Gerusalemme: «Non rimarrà pietra su pietra». Ciò vale pure «con i nostri tesori, quelli che dipendono dalle ricchezze, dal potere umano».

Ma, «dov'è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore». «Se il nostro tesoro non è vicino al Signore, non viene dal Signore, il nostro cuore diventa inquieto». «E alla fine il nostro cuore si stanca, diventa pigro, diventa un cuore senza amore: la stanchezza del cuore». «…da soli noi non possiamo molto; deve essere il Signore ad aiutarci, lui che ha promesso: "Io farò del vostro cuore di pietra un cuore di carne, un cuore umano". «Ed essendo una promessa del Signore, noi possiamo chiedere la grazia: Signore, cambia il mio cuore». D'altro canto, il «Signore non può fare niente - ha messo in guardia Papa Francesco - se il mio cuore è attaccato a un tesoro della terra, a un tesoro egoista, a un tesoro dell'odio», uno di quei tesori da cui «vengono le guerre».

L'ultima parte della riflessione di Gesù – continua il Papa - rimanda all'espressione: «la lampada del corpo è l'occhio», ovvero «l'occhio è l'intenzione del cuore». Di conseguenza per il Pontefice «se il tuo occhio è semplice, viene da un cuore che ama, da un cuore che cerca il Signore, da un cuore umile, tutto il tuo corpo sarà luminoso. Ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso».
«Siamo persone di luce o di tenebre? L'importante è come giudichiamo le cose: con la luce che viene dal vero tesoro nel nostro cuore? O con le tenebre di un cuore di pietra?». «Una risposta può venire dalla testimonianza di san Luigi Gonzaga, il giovane gesuita di cui proprio oggi ricorre la memoria liturgica. Possiamo chiedere la grazia di un cuore nuovo - ha invitato il Papa - a questo coraggioso ragazzo, che non si è mai tirato indietro nel servizio degli altri, tanto da dare la vita per curare gli appestati».

Faccio mia l'esortazione del Santo Padre a domandare nella preghiera che «il Signore mi cambi il cuore». E prego anche per tutti coloro che mi sono affidati e che incontro nella mia giornata, perché «i pezzi di cuore che sono di pietra», «il Signore li faccia umani, con quell'ansia buona di andare avanti cercando lui e lasciandosi cercare da lui». Perché, ha concluso il Papa, «solo il Signore può salvare dai tesori che non possono aiutarci nell'incontro con lui, nel servizio agli altri».

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