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venerdì 30 gennaio 2015

Il "modo" di Gesù


4a domenica del Tempo ordinario (B)
Deuteronomio 18,15-20 • Sal 94 • 1 Corinzi 7,32-35 • Marco 1,21-28
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Il cristianesimo è prima di tutto un "incontro" (v. domeniche precedenti): l'incontro con la persona di Gesù. In definitiva l'essere cristiani nasce da un innamoramento.
Ma anche quando incontro una persona che mi colpisce particolarmente, magari fino al punto di farmi innamorare di lei, mi nasce la domanda: «Chi sei tu? che cos'hai di così particolare da farmi affascinare di te?».
Il Vangelo di Marco vuole rispondere alla domanda "Chi è Gesù?", narrandoci la sua storia, in una successione cronologica di fatti apparentemente non legati da un filo conduttore.
Ma c'è una logica interiore, che è racchiusa in quello stupore delle persone di fronte a quello che Gesù dice e fa: «Che cosa è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità e comanda persino agli spiriti immondi che gli obbediscono». Prima ancora di raccontare quello che Gesù insegna, viene in risalto il "modo" con cui lo fa: «Erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi» (Mc 1,22).
L'insegnamento degli scribi (i biblisti, i teologi, i giuristi di allora) derivava la propria autorità dalla Scrittura e dalla tradizione degli antichi, non risiedeva nell'insegnamento stesso.
La parola di Gesù, invece, ha in se stessa la sua forza, perché è legata alla sua persona: d'altronde, l'abbiamo meditato nei giorni di Natale, lui è il Verbo, la Parola del Padre; ciò che Gesù dice è espressione di ciò che Lui è. La parola di Gesù non rimanda ad altro, se non a Gesù stesso.
Non è questione di prove o non prove: è questione di accogliere Gesù, di arrendersi a Lui. Le prove, anche quando vengono offerte possono benissimo essere messe in discussione.
La prova fondamentale che ci fa accettare la parola di Gesù e ce la fa assaporare come parola determinante per la nostra vita è, in definitiva, la prova dell'amore: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola...» (cf Gv 14,23). E Gesù aggiunge: «E a chi mi ama io mi manifesterò, mi farò conoscere» (cf Gv 14,21).
Una persona, d'altronde, la si conosce non prima di tutto perché la si studia, ma perché la si ama: ed è proprio perché la si ama che la si vuole conoscere sempre di più. La conoscenza rinnovata porterà poi ad un amore sempre più vero e sempre più consapevole, non puramente sentimentale.

Ed è per questo che il Vangelo, pur non essendo una dottrina, assume anche i caratteri di una dottrina "nuova", rivoluzionaria. È esperienza di tanti che di fronte al Vangelo si rimane stupiti come di fronte a qualcosa che supera le dottrine filosofiche anche più affascinanti, proprio perché si coglie che lì c'è la sintesi tra l'insegnamento e la persona che lo annuncia.
Non per nulla si sente spesso dire che si accetta Gesù, ma non si riesce ad accettare la Chiesa, cosa che pure ha un'anima di verità, perché non sempre negli uomini di Chiesa, in coloro che si proclamano credenti si riesce a cogliere quel rapporto tra vita e annuncio, che dà senso all'annuncio stesso. Anche se poi occorre precisare che la Chiesa assume il proprio essere ed il proprio senso non dagli uomini che la compongono, ma da Gesù stesso: è proprio in nome suo che si coglie la verità della Chiesa e si opera perché essa corrisponda alla verità della sua origine ("Credo la Chiesa, una, santa, cattolica, apostolica").
Il Papa Paolo VI affermava che «oggi l'umanità accetta più i testimoni che i maestri e, se accetta i maestri, li accetta perché sono testimoni». I cristiani sono chiamati a riscoprire e a presentare in modo nuovo ciò che costituisce la novità dell'annuncio di Gesù: la sintesi tra la sua persona e il suo insegnamento.
Allora, anche le norme etiche non appariranno più come leggi imposte dall'esterno da un'autorità che alla fin fine sento estranea al mio pensiero e al mio modo di vivere, ma un'esigenza del mio essere stesso, del mio essere discepolo di uno che ha fatto della sua vita un puro "servizio" al Padre e all'umanità. Giovanni ha un modo semplicissimo e stupendo di esprimere questa realtà di vita: «Chi afferma di dimorare in Lui (che è molto più che "credere" in Lui) deve comportarsi come Lui si è comportato» (1Gv 2,6).
L'appello del Padre, che ci giunge attraverso Gesù, ci appare ogni volta sorprendentemente nuovo, qualcosa che rigenera, rinnova e ringiovanisce dall'interno, perché è ciò che in fondo aspettiamo, magari senza saperlo.



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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Insegnava loro come uno che ha autorità (Mc 1,22)
(vai al testo) - (---> pdf, formato A4, stampa a/r per A5)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata (29/01/2012)
Un insegnamento nuovo, dato con autorità (Mc 1,27)
(vai al testo)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
Gli effetti della Parola (27/01/2012)

Commenti alla Parola:
  di Claudio Arletti (VP 2009)
  di Marinella Perroni (VP 2012)
  di Enzo Bianchi



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