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mercoledì 25 giugno 2014

Atti del Convegno Diaconi 2013 [6]
 La diaconia edifica la chiesa


La rivista Il Diaconato in Italia pubblica nel n° 182/183 gli Atti del XXIV Convegno Nazionale (Napoli 21-24 agosto 2013).
Nel riportare i vari articoli nel mio sito di testi e documenti, segnalo l'intervento di Cettina Militello, dal titolo La diaconia edifica la chiesa.







La relatrice, dopo aver esordito su "Il diaconato nella Scrittura e nella chiesa antica", "il Diaconato al Concilio Vaticano II" e negli "sviluppi post-conciliari", affronta alcune "Questioni aperte".
Riporto l'ultima parte del suo intervento, relativo alle "questioni aperte":
«Restano a questo punto non poche questioni aperte. Le indico nell'ordine: 1. Il diacono ha una collocazione territoriale? 2. Ha una collocazione personale? 3. Qual è davvero il suo specifico pastorale? 4. Qual è il rischio di strumentalizzarlo di fatto in funzione di supplenza. Uno dei problemi che avverto maggiormente è quello della collocazione "territoriale". Spesso il diacono è mandato in una parrocchia come collaboratore del parroco e, se ci sono, degli altri ministri che compartiscono con lui la cura pastorale di una parrocchia. Più spesso, nella penuria di presbiteri che caratterizza molte comunità, il diacono stesso funge da responsabile.
Personalmente non credo a questo tipo di collocazione. Il diacono è sì legato a un territorio, ma a quello della intera Chiesa locale. L'ambito d'esercizio del ministero diaconale è la diocesi, non quella porzione che chiamiamo parrocchia. I suoi compiti cioè non possono essere legati a quella porzione di territorio, né lo si può far sottostare giuridicamente a uno o più presbiteri.
Espressione della carità pastorale del vescovo è appunto questa, è l'affetto e la cura che egli nutre verso la sua Chiesa che il diacono è chiamato a significare in tutte quelle periferie esistenziali dove il vescovo non può immediatamente e direttamente operare. Il diacono c'è per farsi carico dei poveri, dei malati, degli emarginati, della pastorale di settore (famiglia, scuola, lavoro, emigrazione, accoglienza, marginalità, dialogo...). Il che vuoi dire che occorre svincolare i presbiteri da queste incombenze. Restituirli alle operatività pastorali territoriali; liberarli dai compiti e dagli uffici di curia e lasciare invece che tutte queste mansioni vengano assolte dai diaconi. Se poi, opportunità pastorale, si vogliono presenti i diaconi nelle chiese parrocchiali nel giorno del Signore o in occasioni emblematiche, nessuna difficoltà. Ma la loro funzione nell'assemblea è quella di testimoniare, nel loro ministero l'ampiezza della compagine diversificata e articolata del popolo regale sacerdotale e profetico. L'assemblea liturgica è immagine della Chiesa; di più è la Chiesa in atto. Giusto, dunque, che vi si esercitino i ministri tutti ordinati e non, e dunque anche quello del diacono. Ma ciò non può fungere da alibi o depistare la complessità e globalità del servizio diaconale.
Con ciò credo di aver provato a rispondere a tutte e quattro le domande insieme. Tuttavia, nell'ordine, credo che il diacono non abbia neanche una connotazione "personale" nel senso che sempre e comunque esprime un servizio che è comune al popolo di Dio e che il vescovo significa a ragione del ministero a lui proprio. Il che pone anche la questione del candidarsi. Al diaconato, come ad ogni altro ministero, non ci si candida. Piuttosto si è chiamati. E ciò esige discernimento e preparazione adeguata teologica, liturgica, spirituale, pastorale, culturale. Lo specifico pastorale del diacono è dunque il servizio. Ma, torno a ripetere, non in linea autoreferenziale. Il servizio mai è reso a titolo personale ma nella doppia forbice della Chiesa a cui si appartiene e del vescovo della cui sollecitudine si è segno. Cade così il rischio oggettivo e riduttivo della supplenza. Non c'è bisogno di diaconi per supplire: basta il battesimo. Nella linea delle deleghe non c'è bisogno di ministri "ordinati". Il che vuol dire evitare la trappola di una clericalizzazione comunque perseguita, per responsabilizzare invece il popolo di Dio e trarre dalle sue fila i candidati al ministero».

E termina con una ipotesi: ripristinare le antiche diaconie.


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