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martedì 9 aprile 2013

Il diacono ministro del portico


Segnalo un articolo di Luca Garbinetto, presbiterio della Pia Società San Gaetano (famiglia religiosa dove, tra gli altri, vivono e operano sacerdoti e diaconi, "per promuovere la diaconia nella vita e nella missione della Chiesa"), dal titolo Il diacono ministro del portico, pubblicato sulla rivista Il Diaconato in Italia, n° 176/177.
Ho scritto, anche recentemente, su questo blog della necessità che l'opera di evangelizzazione esca "dal recinto" dove troppo spesso è ancorata, per essere, in mezzo al mondo, segno e presenza dell'amore di Dio per l'umanità.
Il diacono, anche per il suo particolare stato di vita di coniugato e di lavoratore, ha un particolare ruolo in tutto questo ed una particolare sua specificità.

Scrive Luca Garbinetto:
«Nell'evangelizzare… tutta la Chiesa trova la sua identità. La Chiesa esiste per evangelizzare. Dunque, anche il diacono, come battezzato e ministro della Chiesa, trova certamente nell'evangelizzare il suo status più autentico e profondo e si definisce nel suo essere personale.
Qual è, in altri termini, la maniera di evangelizzare propria del diacono? Tale maniera, per non rimanere nell'alveo dei buoni propositi incompiuti, deve uscire dalla semplice esortazione a mantenere questo o quell'atteggiamento.
L'incarnazione richiede che si concretizzi il tutto in luoghi e tempi precisi. Ecco che, a questo punto, ci tornano utili le immagini, la immagine: il portico. Il diacono evangelizza abitando sotto il portico. Che cos'è il portico? Innanzitutto è il luogo dell'incontro a fianco della piazza. Non è dunque un luogo originariamente "religioso". È il luogo riparato in cui la massa che si riunisce nella piazza trova paradossalmente un momento di stacco, di raccoglimento, di pausa e ha lo spazio per parlare, per dialogare, per passeggiare con un certo ordine, per riconoscere l'altro.
Il portico è quello spazio semiaperto in cui non c'è l'oppressione delle pareti che ci separano dal mondo e allo stesso tempo non c'è lo smarrimento e la confusione della piazza, dove fra l'altro si rischia di essere coinvolti nel traffico e nel via-vai dei motori. Il portico è, nelle città, l'ambiente del caffè e del gelato, dell'acquisto e della vendita, insomma dell'amicizia, del lavoro, delle relazioni umane.
Il portico è allora il luogo dell'incontro con l'uomo fragile e con la fragilità dell'uomo. Bisogna avere però il coraggio della notte, soprattutto della propria notte interiore, che l'incontro con il povero fa sempre venire a galla drammaticamente. Siamo noi poveri dentro, siamo noi peccatori e feriti nello spirito, più ancora che nella carne.
Il diacono, ministro del portico, è allora il ministro dei poveri, per i quali deve avere una attenzione privilegiata, senza mai nascondersi e rifugiarsi in presunti altri compiti pastorali che ne limitino l'impegno per i derelitti della terra. Anzi, il diacono è il ministro della pastorale della notte, cioè di una pastorale meno preoccupata di grandi progetti e impeccabili programmazioni, e più attenta alla fantasia dell'amore, alla priorità delle relazioni, alla premura per le fragilità di ogni persona. (…)».

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