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venerdì 28 settembre 2012

Apertura e capacità di dialogo

26a domenica del T. O. (B)

Appunti per l'omelia

L'intento di Gesù a formare la comunità dei suoi discepoli è descritto, nel brano evangelico di questa domenica, dall'evangelista Marco che ci mostra altri aspetti qualificanti della figura del discepolo e lo stile di vita della comunità cristiana. L'appartenenza dei discepoli al Maestro, e di questi ai suoi, non è un pretesto per rivendicare alcun monopolio.
È il caso di un "esorcista" che scaccia i demoni nel nome di Gesù, pur non essendo del gruppo dei discepoli. L'atteggiamento dell'apostolo Giovanni di rimostranza, pur nella buona fede, rivela un modo non evangelico di considerare il proprio gruppo, la presunzione, cioè, che il proprio gruppo, essendo legato a Gesù, abbia una relazione esclusiva con Lui a tal punto che il suo potere deve passare soltanto attraverso di loro, che hanno il diritto di disporne. Tentazione di grande attualità, quando si ritiene il proprio "recinto" unico, senza possibilità che altrove ci sia qualche possibilità valida.
Ma Gesù ci invita ad essere "tolleranti": «Non glielo impedite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi, è per noi» (Mc 9,39-40).
Gesù ci vuole educare a riconoscere ed apprezzare il bene dovunque e da chiunque sia compiuto, anche se chi lo fa non condivide il nostro cammino di fede e non ha le nostre medesime convinzioni. Ci esorta ad abbattere gli steccati, ad aprire il cuore ad ogni uomo che, anche senza appartenere alla comunità cristiana, può ugualmente compiere azioni buone.
Questa apertura di orizzonti e capacità di dialogo salvaguarda l'identità della comunità dei discepoli, tanto che Gesù può affermare che anche un bicchiere d'acqua offerto ai suoi discepoli è offerto a Lui stesso (cf Mc 9,41).
Un pericolo mortale però contro cui mobilitarsi e vigilare senza sosta è lo "scandalo", la possibilità cioè di inciampare e far inciampare, soprattutto i "piccoli", che non sono solo quelli anagraficamente tali, ma i poveri, i deboli sotto ogni profilo, soprattutto nella fede. Perciò chi attenta alla fede di uno solo di questi piccoli merita la punizione più grave!
Molteplici sono gli scandali, anche dei cristiani, sia a livello privato che pubblico, ed anche planetario, ingigantiti dai mezzi di comunicazione. E che dire poi dello scandalo della ricchezza, dell'ingiusta distribuzione dei beni, con la massa dei poveri relegati sotto il livello di sopravvivenza, come san Giacomo evidenzia nella sua lettera? (cf Gc 5,1-6).
La cura che Gesù propone, con un linguaggio figurato, ma singolarmente duro, è la risolutezza per una "chirurgia" spirituale, per "tagliare" impietosamente e con coraggio tutto quello che ci impedisce di vivere un comunione vera con Dio e con i fratelli, per un amore genuino alla vita, quella vera, ed un autentico rispetto e amore per la persona.



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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso (Mc 8,34)
(vai al testo) - (pdf, formato A5)

Commenti alla Parola:
  di Marinella Perroni (VP 2012)
  di Claudio Arletti (VP 2009)
  di Enzo Bianchi


venerdì 21 settembre 2012

Essere primo, essere ultimo

25a domenica del T. O. (B)

Appunti per l'omelia

Il testo evangelico di questa domenica ci mostra Gesù in viaggio verso Gerusalemme, in compagnia dei discepoli. Essi rappresentano la comunità di Gesù, sono la Chiesa nel suo nucleo primordiale. Dove c'è Gesù non possono mancare i discepoli; dove sono i discepoli, lì è presente Gesù, inseparabilmente. Gesù non sta senza discepoli né i discepoli senza di Lui. Per questo il Maestro è tutto intento a formare la comunità dei discepoli.
Il contenuto dell'insegnamento che il testo di oggi riporta è un evento tragico, ma che avrà un esito straordinario: «Il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà» (Mc 9,31). Gesù vuole educare i discepoli ad accettare la sua identità di Messia sofferente, che non salva con il potere e con il successo, ma con l'amore ostinato e fedele fino al dono di sé nella morte. I discepoli non capiscono, meglio non vogliono capire, hanno "timore di chiedere spiegazioni".
Ma la spiegazioni di Gesù è sorprendente: «Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti» (Mc 9,35). Sì, perché in precedenza i discepoli avevano discusso chi di loro fosse il più grande!
Ma il "primo sarà l'ultimo, il servitore di tutti", sull'esempio del Maestro. Il servo (il "diacono") di per sé indica colui che serve a tavola. Esprime un servizio concreto. È uno che opera in favore degli altri, che non considera come oggetti o strumenti per raggiungere i propri intenti. È uno che non si serve degli altri, ma si mette a loro disposizione, al loro servizio. Il servo, il diacono, esiste ed agisce per gli altri!
Questo è il progetto di Chiesa che Gesù ha sognato, la fisionomia profonda che deve avere la sua comunità. Di fronte allo spettacolo di gente che nella società dà la scalata al potere ed al successo - senza risparmio di colpi -, i discepoli avranno uno stile di rapporti radicalmente diversi.
Utopia? Non di meno è quanto Gesù ha chiesto e per questo "sogno" ha dato la vita!
Anzi, Gesù rafforza la sua dichiarazione con un gesto simbolico molto eloquente: «Preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: "Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me… e colui che mi ha mandato"» (Mc 9,36-37).
Gesù si identifica così con chi è senza prestigio, debole, indifeso, con il bambino che è simbolo di chi non conta, non produce e per di più alle volte disturba…
Questo è il Suo e nostro "amore preferenziale", modello di chi "vuole essere primo"!



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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Se uno vuol essere il primo sia il servo di tutti (Mc 9,35)
(vai al testo) - (pdf, formato A5)

Commenti alla Parola:
  di Marinella Perroni (VP 2012)
  di Claudio Arletti (VP 2009)
  di Enzo Bianchi


giovedì 20 settembre 2012

Il diacono nell'evangelizzare trova la sua identità?


Nel numero 174 della Rivista Il Diaconato in Italia (Il diacono nell'evangelizzare trova la sua identità?) sono stati pubblicati articoli di particolare interesse ed attualità in merito al rapporto tra il diacono e l'evangelizzazione. Riporto qui l'elenco di alcuni, rimandando ai testi completi nel mio sito di testi e documenti:






Discernere Cristo per evangelizzare (Editoriale)
di Giuseppe Bellia

Evangelizzare è un termine che da oltre un ventennio circola un po' in libertà nelle nostre comunità e, spesso, nel sentire cristiano più diffuso, indica un combattivo compito pastorale di conquista o di riconquista del terreno perduto tra la gente per la tristezza dei tempi in cui si vive. Se poi la forma sostantivata è unita a qualche altro elemento caratterizzante, come per esempio nel caso dell'espressione "nuova evangelizzazione", allora la spinta missionaria e la voglia di proselitismo appaiono più certe e pervasive. Anche l'attività apostolica e il ministero diaconale sono stati contagiati da questo primato del fare, pensando che con un accresciuto impegno pastorale e con una rinnovata dose di entusiasmo si poteva raggiungere un livello più soddisfacente di ascolto e di accoglienza, se non addirittura di presa storica e politica. […]   Leggi tutto…


Ubicumque et semper (Magistero)
di Benedetto XVI

La Chiesa ha il dovere di annunciare sempre e dovunque il Vangelo di Gesù Cristo. Egli, il primo e supremo evangelizzatore, nel giorno della sua ascensione al Padre comandò agli Apostoli: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28,19-20). Fedele a questo comando la Chiesa, popolo che Dio si è acquistato affinché proclami le sue ammirevoli opere (cf. 1Pt 2,9), dal giorno di Pentecoste in cui ha ricevuto in dono lo Spirito Santo (cf. At 2,14), non si è mai stancata di far conoscere al mondo intero la bellezza del Vangelo, annunciando Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, lo stesso «ieri, oggi e sempre» (Eb 13,8), che con la sua morte e risurrezione ha attuato la salvezza, portando a compimento la promessa antica. Pertanto, la missione evangelizzatrice, continuazione dell'opera voluta dal Signore Gesù, è per la Chiesa necessaria ed insostituibile, espressione della sua stessa natura. […]   Leggi tutto…


Diaconi apostoli della nuova evangelizazione (Pastorale)
di Enzo Petrolino

Chiudendo i lavori dell'Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente, papa Benedetto XVI ha messo in modo chiaro il tema della nuova evangelizzazione al primo posto nell'agenda della Chiesa. Per questo, dopo aver consultato l'episcopato del mondo e dopo aver sentito il Consiglio Ordinario della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, ha deciso di dedicare la prossima Assemblea Generale Ordinaria, nell'ottobre di quest'anno, al seguente tema: La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana.
E i Lineamenta, che portano lo stesso titolo della riflessione sinodale, dedicano l'ultimo Capitolo, ai soggetti chiamati alla nuova evangelizzazione: "Evangelizzatori ed educatori perché testimoni". […]   Leggi tutto…


Diaconi del Vangelo: per quale identità? (Contributo)
di Giovanni Chifari

Portare il Vangelo e annunciare Cristo, servizio e missione per tutti i cristiani, diaconia, responsabilità ed impegno per i diaconi, ma per quale identità? Questa domanda ci invita a discernere la profondità biblico teologica, la centralità cristologica e la tensione ecclesiale del diaconato, per evitare facili generalizzazioni, accomodamenti e compromessi vari che sembrano aleggiare fra le Chiese, determinando sovente uno stato di empasse del ministero diaconale. […]
La domanda non più rimandabile è allora: come non spegnere quell'evento di grazia e quel surplus di profezia che proprio il Concilio Vaticano II annunciava con il ripristino del diaconato nella forma non transeunte nella Chiesa? […]   Leggi tutto…


Quale evangelizzazione per il ministero diaconale? (Analisi)
di Andrea Spinelli

Il primo riferimento alla Parola, quando ho chiesto allo Spirito di illuminarmi, è stato il passo seguente: «Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità» (1Gv 3,18). Naturalmente ho sentito questa esortazione rivolta a me e ad ogni cristiano, uomo o donna, piccolo o grande, povero o ricco, senza alcuna distinzione, proprio per il solo e semplice, ma fondamentale fatto di essere creature nuove, che vogliono rispondere all'esigenza originaria, insita nel proprio cuore, sottoposta però alla tentazione continua di fare il contrario.
Addirittura l'esortazione mi appare possibile che sia rivolta a tutti, cristiani e non, credenti e non, tuttavia l'ho sentita da subito e continuo a sentirla rivolta in modo del tutto particolare a chi ha scelto di consacrarsi al Signore per essere Vangelo vivente, a chi ha fatto del servizio il modo quotidiano di testimoniare il Vangelo perché sia accolto da tutti coloro che incontra. […]   Leggi tutto…


Nelle parrocchie il ministero diaconale esprime la sua identità? (Riflessioni)
di Gaetano Marino

La Chiesa è maestra ed i vescovi continuamente attraverso documenti danno importanti input per proseguire un cammino di fede. Nella presentazione del documento della CEI, Educare alla vita buona del vangelo, troviamo: «La Chiesa continua nel tempo la sua opera: la sua storia bimillenaria è un intreccio fecondo di evangelizzazione e di educazione», un proiettarsi attraverso una significativa valenza educativa. Al n. 34 è riportato che la formazione dei seminaristi, dei diaconi e dei presbiteri al ruolo di educatori assume particolare importanza per ogni battezzato. […]   Leggi tutto…


Evangelizzare prima forma di carità (Emergenze)
di Enzo Cozzolino

Sono da dieci anni operatore per il recupero tossicodipendenti, scendo alla stazione la sera da tanti anni per i nostri fratelli senza fissa dimora ed ho vissuto, grazie a Dio, diverse e significative esperienze missionarie in Bosnia, con don Enzo Mango. Inoltre Africa, Brasile, Guatemala, e praticamente ho vissuto in Romania l'esperienza più forte con tantissimi campi lavoro da me organizzati e che hanno visto in quindici anni la partecipazione di tanti sacerdoti, suore e molti giovani. […]   Leggi tutto…




venerdì 14 settembre 2012

Perdere per ritrovare, non essere per essere


24a domenica del T. O. (B)

Appunti per l'omelia

La Parola di Dio di questa 24a domenica del tempo ordinario ci mostra l'identità del discepolo di Gesù che è chiamato a seguire le orme del Maestro. Il cristiano, infatti, nella decisione di seguire il Signore, è pronto a rinnegare se stesso, a prendere la sua croce e andare dietro a Lui.
Anche oggi ci viene rivolta la domanda su chi sia Gesù per noi. Lui non è tanto interessato a sapere che cosa si pensi del suo insegnamento, della sua attività, ma chi sia veramente Lui per noi. Al cuore di questa domanda sta infatti la persona di Gesù. Poter ripetere con Pietro "Tu sei il Cristo" non è soltanto una semplice dichiarazione, ma è una scelta entusiasta, un impegno a vivere con il Maestro. Per questo Gesù, anche oggi, continua ad insegnare "apertamente" che il Figlio dell'uomo deve soffrire molto, venir ucciso ed il terzo giorno risuscitare (cf Mc 8,31).
È l'annuncio "aperto", senza esitazioni e fatto con lucida consapevolezza di cosa l'attende nel cammino verso Gerusalemme: intravedere il fallimento umano della propria missione.
I discepoli rimangono shoccati: sapere che il Salvatore inviato da Dio non sbaraglierà gli avversari con una vittoria totale, ma che subirà la sconfitta. E questo perché, in umile obbedienza al disegno del Padre, percorrerà la via dell'amore che si fa servizio, fino al dono della vita, rivelando così un volto inedito ed insospettato di Dio: non il Dio che scaccia con la sua potenza, ma un Dio debole e perdente che condivide fino all'estremo la condizione dell'uomo peccatore per recuperarlo.
Il rimprovero che Gesù rivolge a Pietro, che a sua volta aveva rimproverato il Maestro per la sua decisione estrema, è rivolto anche a noi: «Va dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini» (Mc 8,33). Sì, Gesù ci chiama ad abbracciare le sue stesse scelte ed il suo stile di vita: andare dietro a Lui, rinnegando noi stessi e prendendo anche noi la nostra croce e seguirlo (cf Mc 8,34). «Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà» (Mc 8,35). È la legge "nuova" della vita, la vera identità di Dio, la legge fondamentale della vita del cristiano e di ogni vita autentica: donarsi, essenza dell'amore, è "saper perdere", è "non essere" perché l'altro sia: essenza di ogni diaconia, segreto per la felicità e la vita piena. Perdere per ritrovare, perdersi per ritrovarsi, perché la vita si salva, donandola per amore!



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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso (Mc 8,34)
(vai al testo) - (pdf, formato A5)

Commenti alla Parola:
di Marinella Perroni (VP 2012)
di Claudio Arletti (VP 2009)
di Enzo Bianchi


giovedì 13 settembre 2012

Servi inutili a tempo pieno



Mi è di grande aiuto e sprone questa lettera di don Tonino Bello (tratta da Lettera ad un Diacono Permanente, stralcio pubblicato nel numero 174 della rivista Il diaconato in Italia), perché mi mette nella posizione giusta nell'esercizio del mio ministero.



Ecco il testo:

«"Anche tu per evangelizzare il mondo": il Signore ce l'ha anche con te. La sua mano tesa ti ha individuato nella folla. È inutile che tu finga di non sentire, o ti nasconda per non farti vedere. Quell'indice ti raggiunge e ti inchioda a responsabilità precise che non puoi scaricare su nessuno. "Anche tu". Perché il mondo è la vigna del Signore, dove egli ci manda tutti a lavorare. A qualsiasi ora del giorno. Non preoccuparti: non ti si chiede nulla di straordinario. Neppure il tuo denaro: forse non ne hai. E quand'anche ne avessi, e lo donassi tutto, non avresti ancora obbedito all'intimo comando del Signore. Si chiede da te soltanto che, ovunque tu vada, in qualsiasi angolo tu consumi l'esistenza, possa diffondere attorno a te il buon profumo di Cristo. Che ti lasci scavare l'anima dalle lacrime della gente. Che ti impegni a vivere la vita come un dono e non come un peso. Che ti decida, finalmente, a camminare sulle vie del Vangelo, missionario di giustizia e di pace. Esprimi in mezzo alla gente una presenza gioiosa, audace, intelligente e propositiva. Ricordati che l'assiduità liturgica nel tempio non ti riscatterà dalla latitanza missionaria sulla strada. Ma fermati anche 'a fare il pieno' perché in un'eccessiva frenesia pastorale c'è la convinzione che Dio non possa fare a meno di noi. [...] Se vi dicono che afferrate le nuvole, che battete l'aria, che non siete pratici, prendetelo come un complimento. Non fate riduzioni sui sogni. Non praticate sconti sull'utopia. Se dentro vi canta un grande amore per Gesù Cristo e vi date da fare per vivere il Vangelo, la gente si chiederà: "Ma cosa si cela negli occhi così pieni di stupore di costoro?"».



martedì 11 settembre 2012

I diaconi secondo Ignazio di Antiochia


Segnalo l'interessante articolo, pubblicato sul numero 174 della rivista Il diaconato in Italia, di Ryszard Selejdak, Capo dell'Ufficio per la formazione del Clero della Congregazione per l'Educazione Cattolica, dal titolo I diaconi secondo Ignazio di Antiochia.

Per l'intero articolo, rimando al mio sito di testi e documenti.


Dalle lettere del vescovo di Antiochia si possono ricavare le diverse qualità che i diaconi devono possedere, riassunte in dieci punti.

1. I diaconi devono vivere «secondo Dio».
2. I diaconi rendono visibile la missione di Cristo.
3. I diaconi sono aperti all'azione dello Spirito Santo.
4. I diaconi devono essere saldi nel Vangelo.
5. I diaconi devono comportarsi in modo irreprensibile.
6. I diaconi devono essere persone di unità e di comunione.
7. I diaconi devono essere obbedienti all'autorità.
8. I diaconi sono generosi e disinteressati.
9. I diaconi sono grati per i doni ricevuti.
10. I diaconi devono essere personificazioni viventi della carità.


«Le Lettere di Ignazio d'Antiochia testimoniano che il ministero dei diaconi agli inizi del secondo secolo era molto differente. I diaconi erano soprattutto i ministri dell'Eucaristia e della Parola, i promotori della carità, gli assistenti del vescovo e i messaggeri "ufficiali" della comunità cristiana».
Inoltre, per Ignazio «la Chiesa è "ministeriale" nella sua interezza. Tutti i cristiani sono chiamati a servire, prolungando e rendendo visibile nel corso del tempo la "kenosi" del Cristo, fattosi servo di tutti. Tuttavia il compito di esprimere questa diaconia ecclesiale in un modo particolare e al livello gerarchico è affidato ai diaconi. Essi servono e allo stesso tempo partecipano alla guida della comunità, insieme e subordinatamente all'unico vescovo che presiede e al collegio dei presbiteri».
Così che per mezzo dei diaconi, della loro attività, del «servire» ed esigere «obbedienza come si deve a Gesù Cristo», «Cristo prolunga la sua missione salvifica in favore dell'umanità. Il credente onora nei diaconi perciò non le persone e le loro qualità; piuttosto vede nei diaconi Gesù Cristo stesso che si serve di questi uomini per il suo incontro con gli uomini».


venerdì 7 settembre 2012

Saper "ascoltare" per poter "parlare"



23a domenica del T. O. (B)

Appunti per l'omelia

«Dite agli smarriti di cuore: "Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio… Egli viene a salvarvi"» (Is 35,4). Così, tutto sarà trasformato e tutto ciò che pareva morto, vivrà! (cf Is 35, 5-7): annuncio di libertà e di riscatto che Dio, con le parole del profeta Isaia, fa al popolo in esilio. Ma sarà in Gesù che questa promessa troverà compimento, dove Dio si farà pienamente solidale con gli uomini, liberandoli dalle loro infermità del corpo e dello spirito.
Nel gesto di Gesù che risana un sordomuto, si manifesta l'amore concreto di Dio verso i deboli e i sofferenti. Gesù si rivela come colui a cui sta veramente a cuore la nostra integrità; non tollera l'emarginazione e vuole il pieno reinserimento nella società.
Così è anche per noi: ogni opera di misericordia, anche piccola, che come suoi discepoli compiamo in favore di quanti sono infermi nel corpo e nello spirito, consentono a Gesù di incontrarli e di alleviare le loro sofferenze.
Ma il nostro amore per chi è nel bisogno, sull'esempio di Gesù, parte dall'alto, dal nostro rapporto personale col Padre. È in quel «guardare verso il cielo» ed in quel «sospiro» (cf Mc 7,34) che possiamo esprimere, come Gesù, la nostra relazione col Padre e l'intima e irresistibile partecipazione alla sofferenza degli altri.
Il rapporto con Dio precede e fonda la compassione di Gesù per la nostra miseria. Solo dopo pronuncia una parola "efficace": «Effatà, Apriti!». Un imperativo non rivolto agli organi malati, ma alla persona del sordomuto, perché non è tanto una parte del corpo che viene curata, ma la stessa persona.
Un particolare significativo in questo miracolo: Gesù lo compie in territorio pagano ed il guarito è un pagano. Così il sordomuto rappresenta i "pagani" sordi nei riguardi di Dio e incapaci di lodarlo.
"Apriti!" è l'appello ad aprirsi ad accogliere il gioioso annuncio del Vangelo.
Così, anche per noi, il sordomuto è simbolo di una persona che è incapace di dialogare con Dio e col prossimo. Non sa ascoltare la voce di Dio e non sa parlare con Lui; non sa ascoltare il prossimo e non è attento alle sue necessità. Di conseguenza non sa dirgli la parola vera ed efficace che è dettata dall'amore.
Ma tale incapacità è vinta da Gesù!
Il sordomuto del vangelo è stato guarito perché ha avuto la fortuna di incontrare qualcuno che si è interessato di lui e lo ha condotto da Gesù. In questa nostra società, piena di sordomuti (muti perché sordi!), è possibile incontrare qualcuno che ci faccia incontrare con Gesù e ci faccia sperimentare la potenza della sua Parola che risana?



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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Gesù disse: "Apriti!" (Mc 7,34)
(vai al testo) - (pdf, formato A5)

Commenti alla Parola:
di Marinella Perroni (VP 2012)
di Claudio Arletti (VP 2009)
di Enzo Bianchi





giovedì 6 settembre 2012

Quel "vuoto" riempito da Gesù!


Ieri, 5 settembre, nel fare memoria della beata Madre Teresa di Calcutta mi sono soffermato a considerare, nella sua opera di amore verso gli ultimi dei più ultimi, il suo "essere l'amore" in quello stato, quasi permanente, di profonda oscurità della fede e di tormento, ma immensamente innamorata di Gesù.
L'ho pregata di aiutarmi, nel mio servizio verso gli altri, ad essere sempre, nonostante me, gioia e luce.
Riporto una sua lettera, scritta ad un sacerdote nel febbraio del 1974, in cui traspare come la sua "prova" fosse di aiuto ad altri.

«Lei ha detto "sì" a Gesù e lui l'ha presa in parola. Il Verbo di Dio è divenuto Gesù il povero. E perciò lei sperimenta questo terribile vuoto. Dio non può riempire ciò che è pieno. Egli può unicamente riempire il vuoto, la profonda povertà, e il suo "sì" è l'inizio dello svuotamento. Non conta quanto noi realmente abbiamo da dare, bensì quanto siamo vuoti, in modo da poter ricevere la sua pienezza nella nostra vita e da permettergli di vivere la sua esistenza in noi. Oggi, tramite lei, Gesù vuole rivivere la propria completa sottomissione al Padre. Glielo permetta. Non importa che cosa lei sente, ma cosa lui prova dentro di lei. La smetta di guardare a se stesso e gioisca di non avere nulla, di non essere nulla, di non poter fare nulla. Doni a Gesù un grande sorriso ogni qualvolta la sua nullità la spaventa. Questa è la povertà di Gesù. Lei e io dobbiamo consentirgli di vivere in noi e mediante noi nel mondo».
(Saverio Gaeta, Il segreto di Madre Teresa, Ed. Piemme 20032, p. 102)



martedì 4 settembre 2012

La figura del diacono nelle omelie del card. Martini


Nel numero 174 della rivista Il diaconato in Italia viene pubblicato un articolo di Renato Locati, diacono della chiesa ambrosiana, dal titolo La figura del diacono nelle omelie del card. Martini.
Riporto alcuni stralci delle omelie, rimandando per l'intero articolo al mio sito di testi e documenti.

«I diaconi permanenti in mezzo a noi rappresenteranno un segno grande e visibile dell'opera dello Spirito santo nel Concilio Vaticano II. Voi state per entrare in quella schiera di uomini santi (Stefano, Lorenzo, Vincenzo), che agli inizi della Chiesa sono detti, dal libro degli Atti degli Apostoli, "pieni di Spirito e di saggezza" (At 6, 3). In questo Spirito e in questa saggezza voi sarete servi dei misteri di Cristo e, nello stesso tempo, servi dei vostri fratelli e sorelle in questa Chiesa locale per la sua costruzione ed edificazione nella carità. Il vostro non è uno dei tanti ministeri, ma deve essere come lo definì Paolo VI: "la forza motrice" per la diaconia della Chiesa. Con l'ordinazione dovrete essere segni viventi del servizio del Cristo alla sua Chiesa».

«Questo [del vescovo, ndr] è il ministero di Gesù, è la gloria di Gesù, è l'unico servizio pastorale pieno e definitivo, che è fatto da Dio stesso, da Gesù per la sua Chiesa. Ed egli, nella sua bontà, ci associa a tale ministero, che è anzitutto e primariamente suo; ha associato a sé san Carlo […]; associa me, tutti i miei collaboratori, Vescovi ausiliari, Vicari episcopali, sacerdoti; associa oggi anche voi. Il diaconato infatti vi conferisce una partecipazione privilegiata al ministero della Chiesa, che è totalmente relativo al ministero di Gesù e fa voi diaconi a imitazione della diaconia di Cristo Signore crocifisso e risorto in favore della sua Chiesa».

«Io confido molto nel futuro della nostra Chiesa dalla moltiplicazione del ministero diaconale in mezzo al popolo di Dio. La presenza capillare vostra e di altri Diaconi permanenti che si impegneranno a vivere in mezzo alla gente farà di noi una Chiesa sempre più mossa e guidata dallo Spirito del Risorto, una Chiesa capace di promuovere un discernimento realistico sulle condizioni positive e negative della fede oggi».

«In un mondo dove la mediocrità avanza - come scrivo nella mia ultima lettera pastorale sulla Trinità -, in un mondo dove il calcolo egoistico prende il posto della generosità, l'abitudine ripetitiva e vuota rischia di sostituire la fedeltà vissuta come continua novità del cuore e della vita, voi volete donare a tutti gratuitamente ciò che gratuitamente vi è stato dato, volete testimoniare la bellezza di una vita disponibile verso gli altri, di una vita che si dona ai fratelli, sull'esempio di Gesù. La gente che avvicinerete, le persone che incontrerete nel vostro ministero e anche nel vostro lavoro quotidiano, le comunità a cui sarete inviati, vedranno in voi la carità infinita di Gesù, la sua assoluta disponibilità, vedranno l'amore del Padre che perdona e salva; dovranno percepire nella vostra testimonianza di servizio una gioia sorgiva e attraente».