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giovedì 13 dicembre 2012

La preghiera di intercessione, via alla santità ministeriale


Dal numero 175 della rivista Il diaconato in Italia, numero monografico dal titolo Testimonianze di santità diaconale, segnalo l'Editoriale di Giuseppe Bellia, La preghiera di intercessione, via alla santità ministeriale.
Riporto alcuni stralci, rimandando per l'intero articolo al mio sito di testi e documenti.

«…mi sembra che nel nostro tempo si debba privilegiare come santità ciò che è più conforme a Cristo; santo è chi imita il Verbo che si è fatto carne per darsi al mondo in puro dono, secondo quella toccante parola del vangelo di Giovanni dove Gesù, nel suo discorso di addio, grida al Padre: "Per loro io consacro/santifico me stesso, perché siano anch'essi consacrati/santificati nella verità" (Gv 17,19)».

«[Cristo] non ha interpretato e realizzato la consacrazione come distacco dal mondo, ma come immolazione volontaria a vantaggio del mondo. Anzi, in questo consacrarsi in favore del mondo è racchiuso il senso più autentico della missione apostolica, come anche del servizio ministeriale. Infatti, proprio in quell'inarrivabile pericope giovannea si legge: "Consacrali nella verità ... Come tu hai mandato me nel mondo anch'io ho mandato loro nel mondo" (Gv 17,17-18)».

«Giovanni trova opportuno e coerente inserire queste parole del Signore: "Se uno mi vuoi servire mi segua" (12,26), definendo così in modo nuovo il senso della santità richiesta al ministro della Nuova Alleanza. Cogliere il movimento unitario che lo Spirito imprime all'obbedienza del Figlio che, a beneficio dei suoi e di tutti gli uomini, si consacra all'amore del Padre, consente di estendere lo sguardo anche sulla reale natura della invocazione conclusiva di Gesù nell'ultima cena; il brano rivela che la sua preghiera sacerdotale si configura come potente preghiera d'intercessione. Una modalità di preghiera che rivela la mediazione salvifica di Cristo che illumina anche la natura del ministero cristiano; eppure, spesso, è obliata e sottostimata. Intercedere significa stare tra le parti, mettersi di mezzo, intromettersi per evitare incomprensioni, divisioni e fratture insanabili; è un interporsi per fare pace, per riconciliare».

«…la santità dei ministri si realizza nell'esercizio ordinario del loro ministero (PO 5). Essere per il mondo senza essere del mondo è la santità richiesta al discepolo e, a maggior titolo, al ministro inviato in missione. Questi, sostenuto dalla preghiera di Gesù che intercede presso il Padre, non deve separarsi come i leviti dal mondo esterno, ma operare per la salvezza del mondo secondo la sapienza rivelata da Cristo: "non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno" (Gv 17,15)».

«Non c'è nell'esempio lasciatoci da Cristo, e non ci dovrebbe essere nella vita della Chiesa, una mediazione stratificata e gerarchica che prevede un relazionarsi tra livelli corrispondenti di valore mondano, com'è diventato di abitudine nella prassi ecclesiastica; si accetta come qualcosa di naturale, di ovvio che l'alto clero abbia relazione con i potenti di turno, mentre ai preti di periferia e ai diaconi resta da mediare con poveri ed emarginati. Gesù ha santificato se stesso accettando l'impotenza assoluta della croce perché ha creduto che la sua mediazione sacerdotale si compiva per la sua obbedienza per mezzo dell'opera misteriosa dello Spirito».

Conclude con "l'intercessione del card. Martini": «Intercedere vuoi dire mettersi là dove il conflitto ha luogo, mettersi tra le due parti in conflitto. Non si tratta di articolare un bisogno davanti a Dio... stando al riparo... Neppure semplicemente assumere la funzione di arbitro o di mediatore, cercando di convincere uno dei due che ha torto e che deve cedere... giungere a un compromesso. Intercedere è un atteggiamento molto più serio e coinvolgente: è stare là, senza muoversi, senza scampo, cercando di mettere la mano sulla spalla di entrambi e accettando il rischio di questa posizione» (Verso Gerusalemme, 139).



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