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venerdì 8 giugno 2012

Il dono più grande


Ss. Corpo e Sangue di Cristo (B)

Appunti per l'omelia

La Chiesa, nel celebrare la solennità del "Santissimo Corpo e Sangue di Cristo", vuol introdurci nel mistero immenso del dono che Gesù fa di se stesso. Durante la cena d'addio, nell'imminenza della sua morte, Egli ci fa partecipi del "segreto" più inaudito: lasciare in eredità ai suoi amici la propria persona. Nel contesto della Pasqua, preparata con ogni cura, compie dei gesti di assoluta novità, pronunciando alcune parole sul pane e sulla coppa di vino.
«Prendere, questo è il mio corpo». Gesù annuncia ciò che accadrà il giorno dopo: la sua morte. Non l'esecuzione di un assassino o di un innocente condannato dall'ingiustizia degli uomini, ma la morte accettata liberamente in perfetta ubbidienza alla volontà del Padre ed in piena solidarietà con gli uomini: una morte che è dono totale di sé nell'amore.
Questo è il mio corpo. Quel "corpo" che nel linguaggio della Bibbia significa la persona che si manifesta esteriormente ed entra in relazione con gli altri, col mondo. Gesù, nel segno del pane, dona la sua intera persona. L'Eucaristia infatti non è una "cosa sacra", ma il dono di una Persona! È la Persona di Gesù che dice a me che lo ricevo: questo pane che ti do da mangiare sono Io, proprio Io! Di fronte questo ineffabile gesto d'amore non basta riconoscere che il pane consacrato è la persona di Gesù, ma è Gesù nel suo offrirsi al Padre in sacrificio.

«Questo è il mio sangue, il sangue dell'alleanza versato per molti». Queste parole di Gesù richiamano quelle di Mosè, quando concluse l'alleanza sul Sinai (cf Es 24,3-8). Ma ora l'alleanza "nuova" viene stipulata, non col sangue di animali, ma col sangue di Cristo, il quale "con uno spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio" (Eb 9, 14).
Il sangue Mosè l'aveva versato parte sull'altare, che rappresenta Dio, e con l'altra parte aveva asperso il popolo per indicare che Dio e Israele erano diventati "consanguinei": una medesima vita (di cui il sangue ne era il simbolo) univa Dio e il suo popolo. Ora invece Cristo vuole che i suoi bevano il suo sangue (cosa inaudita per un giudeo bere il sangue!) per una assimilazione maggiore: un'alleanza stipulata nell'interno dell'uomo.

Ora, fare esperienza di questo "corpo donato" e di questo "sangue versato", è entrare in comunione con Dio, è fare esperienza della vera libertà, è diventare noi stessi, con Gesù che si offre, l'unica offerta del Figlio al Padre. Ricevendo il cibo eucaristico noi realizziamo una comunione con Gesù, con Dio e tra di noi, che non è descrivibile con parole umane. È la vita del Signore risorto che viene travasata in noi, è il suo Spirito che ci viene comunicato, è la vita della Trinità che tutti ci avvolge, è venir trasformati, come dice san Leone Magno, in ciò che riceviamo. San Tommaso inoltre ci rammenta che "l'effetto proprio di questo Sacramento è la trasformazione dell'uomo in Cristo".

Esiste dono più grande? Come è possibile allora mancare all'appuntamento domenicale, deludendo Colui che con immenso amore si offre come Dono? È deludere, non solo Gesù, ma è fare torto alla famiglia ecclesiale in seno alla quale questo dono viene offerto; è fare torto a se stessi; è rifiutare l'autentica esperienza di incontro con Dio e con i fratelli. Ma se è importante partecipare alla Messa, è molto più importante quando si esce dalla Messa: anche se soltanto sfiorati dall'Incontro oppure cambiati nel profondo siamo pronti, col cuore colmo di gratitudine e di gioia, ad amare e testimoniare il Risorto; ad essere noi stessi, a nostra volta, dono per gli altri, nella condivisione delle loro sofferenze e delle loro gioie, a perpetuare il dono dell'Eucaristia in una continua donazione di amore.



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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Prese il pane, lo spezzò e lo diede loro (Mc 14,22)
(vai al testo) - (pdf, formato A5)

Commenti alla Parola:
di Marinella Perroni (VP 2012)
di Claudio Arletti (VP 2009)
di Enzo Bianchi



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