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martedì 26 giugno 2012

Diaconia, evangelizzazione e cultura digitale [3]




Del numero 173 della Rivista Il Diaconato in Italia (Diaconia, evangelizzazione e cultura digitale) segnalo l'articolo di Angelo Scola, Rigenerare la ragione economica e politica per ricostruire il paese. [Leggi tutto…].
Voglio qui riportare alcuni passi di quell'articolo, anche a continuazione dell'argomento trattato nella rubrica La diaconia cristiana e riguardante la diaconia politica.
Interessante, in chiusura, l'accenno alla testimonianza del cristiano impegnato in politica, il cui contenuto è gratuito e spontaneo, distinto da un impegno di militanza.


«È sempre più evidente che l'odierna crisi economico-finanziaria richiede, se la si vuol interpretare adeguatamente, di essere inquadrata nell'ambito generale della delicata fase di transizione che il nostro Paese, insieme a tutto l'Occidente, attraversa. Una transizione che mette in campo i "fondamentali" della concezione dell'uomo e della vita buona. Questa è una delle ragioni che mi spingono da tempo a parlare di travaglio, non limitandomi a descrivere l'attuale situazione in termini di crisi economico-finanziaria. Tale scelta esige di non fermarsi alle pur necessarie misure tecniche per far fronte alle gravi difficoltà che stiamo attraversando.
In proposito voglio far emergere un dato che reputo decisivo: nonostante l'ostinato tentativo di mettere tra parentesi la dimensione antropologica ed etica dell'attività economico-finanziaria, in questo momento di grave prova il peso della persona e delle sue relazioni torna testardamente a farsi sentire. […]
Per affrontare la crisi economico-finanziaria occorre anche un serio ripensamento della ragione, sia economica che politica, come ripetutamente ci invita a fare il papa. [...] Per sollevare la nazione è necessario il contributo di tutti, come succede in una famiglia: soprattutto in tempi di grave emergenza ogni membro è chiamato, secondo le sue possibilità, a dare di più. Chi ha il compito istituzionale di imporre sacrifici dovrà però farlo con criteri obiettivi di giustizia ed equità inserendoli in una prospettiva di sviluppo integrale. […]
Qual è la nostra responsabilità di cristiani di fronte a una tale situazione? […]
Qual è il nemico più subdolo della ricostruzione del paese il cui protagonista è un soggetto in azione che persegue la vita buona? È utopismo? Utopia è – come dice il suo significato etimologico – il "non luogo" quindi l'inesistente. Qualcosa che non esisterà mai. […]
Altra cosa è l'ideale. L'ideale è la verità del reale, quindi esiste. È concreto e rintracciabile nell'esperienza dell'uomo che affronta ogni giorno circostanze e rapporti. In forma incompiuta, frammentaria, ma esiste. Se correttamente perseguito potrà realizzarsi sempre più. L'ideale è qualcosa di presente, che mi sta sempre davanti come un compito con cui mi devo impegnare, a partire da una precisa realtà. […]
La seconda osservazione di metodo che voglio proporre consegue alla scelta per l'ideale contro l'utopia. Mi riferisco ad un atteggiamento decisivo dell'agire cristiano in campo sociale. Tale agire, che tende a realizzare l'ideale vita buona, è libero da ogni tentazione di egemonia sociale. L'egemonia è l'utilizzo sistematico della verità sociale (cultura, ideale) a proprio favore. Egemonico utilizzo dell'ideale (cultura) a scopo del potere. Il potere anziché essere riconoscimento della verità tenderà ad utilizzare la forza della verità a proprio vantaggio.
[…]
La vita buona, sempre doverosa, non è per il cristiano e per la comunità ecclesiale una utopia, non configura una terza o quarta via, ma la partecipazione realistica ad una costruzione comune all'interno di una società plurale. Questo esige sempre passione integrale per la verità situata nella storia (incarnazione). Fermi sui principi e liberi e realisti nell'invenzione delle forme. Capaci di chiara identità e di collaborazione piena di abnegazione con tutti. […]
Quale figura di cristiano emerge da queste brevi cenni? Quella del testimone. Ecco la terza ed ultima osservazione di metodo. L'uomo che vive per l'ideale, libero dall'esito del suo impegno, è innanzitutto un testimone. Il testimone è qualitativamente "altro", un'altra cosa rispetto al cristiano militante (senza enfatizzare la critica ormai nota alla categoria di militanza). Il soggetto militante parte poco o tanto dall'utopia (progetto, piano, programma) e punta all'egemonia mediante l'elaborazione di strategie e la ricerca di tecniche per la sua attuazione. E la logica non cambia se la strategia militante sceglie la strada trionfalistica piuttosto che quella della diaspora.
Qual è, invece, il contenuto della testimonianza? Il gratuito e spontaneo comunicarsi di una vita cambiata per grazia, che rigenera comunità e giunge, nella accurata distinzione di ambiti, fino al sociale, al civile, al politico. […]».





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