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giovedì 22 marzo 2012

Il cuore del messaggio cristiano


Ho letto sul blog di Fabio Ciardi due commenti veramente interessanti al Messaggio di Benedetto XVI per la Quaresima 2012 (di cui ho già parlato - vedi L'attenzione gli uni agli altri). Li riporto integralmente qui di seguito:


"Allēlōn": lo specifico dell'agire cristiano/1
Il Messaggio di Benedetto XVI per la Quaresima 2012 è sotto il segno del pronome reciproco greco: «allēlōn», l'un l'altro. Lo troviamo nel titolo stesso (nella forma plurale di «allēlous») costituito dalla citazione della lettera agli Ebrei: «Prestiamo attenzione gli uni gli altri» (10,24).

Il papa vuole portare al «cuore della vita cristiana: la carità». Questo significa, scrive il Papa, che «la nostra esistenza è correlata con quella degli altri, sia nel bene che nel male; sia il peccato, sia le opere di amore hanno anche una dimensione sociale».
A differenza di quanto aveva fatto nella sua prima enciclica Deus caritas est, nel Messaggio per la Quaresima, la carità è colta nella dimensione tipicamente cristiana della reciprocità. Il novum del cristianesimo non è, infatti, l'amare Dio (tutte le religione lo insegnano), né l'amore al fratello (tutte le religioni conoscono la «regola d'oro»); il novum - così lo ha chiamato Gesù – è la reciprocità dell'amore, racchiuso proprio in quel pronome: «l'un l'altro».

Amatevi l'un l'altro, cuore del messaggio cristiano
Al cuore del messaggio di Gesù vi è proprio il comando di amarsi gli uni gli altri. Esso appare già nel primo scritto ispirato del Nuovo Testamento, la prima lettera ai Tessalonicesi, dove Paolo prende atto della realtà dell'amore fraterno presente nella sua comunità; non c'è bisogno che egli scriva qualcosa al riguardo, perché «voi stessi avete imparato da Dio ad amarvi gli uni gli altri» (4,9); per questo aveva innalzato la preghiera al Signore che «vi faccia crescere e sovrabbondare nell'amore fra voi e verso tutti» (3,12).
Nella seconda lettera sempre ai Tessalonicesi nota che l'amore reciproco tra di essi va crescendo (1,3). I membri delle comunità cristiane si amano perché sono membra gli uni degli altri (Rm 12,5; Ef 4,25), e di conseguenza devono avere cura gli uni degli altri (1Cor 12,25). L'amore reciproco dovrebbe essere l'unico debito tra cristiani (Rm 13,8) e mantenere il primo posto tra di loro (Gal 6,10).
Paolo fa riferimento al comando dato dal Signore durante l'ultima cena. Giovanni lo riporta quattro volte nel suo Vangelo: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (13,34; 13,35; 15,12; 15,17); lo riprende poi per ben sei volte nella sua prima e seconda lettera – «Questo è il messaggio che avete udito da principio: che ci amiamo gli uni gli altri» (1Gv 3,11; 3,23; 4;12; 2Gv 1,5) –, motivandolo, come nel Vangelo, con l'esempio dato da Dio che è Amore (1Gv 4,7; 4,11).
Perché da un Dio che è amore scorga non soltanto il comando di amare Dio e il prossimo, come nelle altre religioni, ma anche e soprattutto quello dell'amore reciproco? È proprio qui il novum del comandamento di Gesù, quello che lui ha portato dal Cielo (per questo lo chiama «suo»): il comando dell'amore reciproco è l'espressione della reciprocità d'amore che si vive in Dio stesso, perché Dio è Comunione, è Unità nella reciprocità d'amore tra le Tre divine persone: è Trinità.


"Allēlōn": le mille variazioni sul tema/2
Paolo soprattutto, ma anche le lettere cattoliche, impiegano il pronome «allēlōn» con grande profusione, più di 90 volte. Una cinquantina di ricorrenze, lette di seguito, appaiono come un commento e una spiegazione di cos'è l'amore reciproco. Il comando del Signore è quello di amarsi gli uni gli altri, sembrano dire i testi neotestamentari, ma come va vissuta in concreto la reciprocità dell'amore, come si esprime l'amore? La risposta è nel massiccio impiego del pronome «allēlōn» declinato in molteplici modi.
Forse potrà apparire monotono sentir ripetere, in tante varianti, questo «l'un l'altro», comunque si rivela oltremodo istruttivo. Gesù stesso aveva spiegato cosa volesse dire amarsi gli uni gli altri, invitando a lavarsi i piedi gli uni gli altri, espressione di ogni tipo di servizio e di attenzione all'altro (Gv 13,14).

Iniziamo dunque la carrellata delle ricorrenze.
A Pietro, primo tra gli apostoli, il compito di dirci la qualità di questo amore: «per amarvi sinceramente come fratelli, amatevi intensamente, di vero cuore, gli uni gli altri» (1Pt 1,22).
Ed ora i mille volti dell'amore reciproco. L'amore vicendevole domanda stima vicendevole: (Rm 12,10: «Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda»),
condividere la fede gli uni con gli altri (Rm 1,12),
avere gli stessi sentimenti gli uni verso gli altri (Rm 12,16; 15,4),
edificarsi a vicenda (Rm 14,19),
accogliersi l'un l'altro (Rm 15,7),
correggersi l'un l'altro (Rm 15,14),
scambiarsi il bacio santo (Rm 16,16; 1Cor 16,20; 2Cor 13,12; 1Pt 5,14),
aspettarsi gli uni gli altri per cenare insieme (1Cor 11,33),
essere a servizio gli uni degli altri (Gal 5,13),
portare i pesi gli uni degli altri (Gal 6,2),
sopportarsi a vicenda nell'amore (Ef 4,2; 5,21; Col 3,13),
volere il bene gli uni verso gli altri (Ef 4,32),
essere misericordiosi e perdonarsi (Ef 4,32; Col 3,13),
confortarsi a vicenda (1Tes 4,18; 5,11),
essere di aiuto gli uni gli altri (1Tes 5,11),
cercare il bene vicendevole (1Tes 5,15),
prestare attenzione gli uni agli altri (Eb 10,24),
confessare i peccati gli uni agli altri (Gc 5,16),
pregate gli uni per gli altri (Gc 5,16),
praticare l'ospitalità in maniera vicendevole (1Pt 4,9),
rivestirsi di umiltà l'un l'altro (1Pt 5,5)
essere in comunione gli uni con gli altri (1Gv 1,7).

In negativo:
non ci si può giudicare gli uni gli altri (Rm 14,13),
non ci si può rifiutare l'un l'altro nell'ambito dei rapporti matrimoniali (1Cor 7,5),
non ci si deve mordere né divorare né distruggere a vicenda (Gal 5,15),
non va cercata la vanagloria, provocandosi e invidiandosi gli uni gli altri (Gal 5,26),
non si può dire menzogne gli uni agli altri (Col 3,9),
né male gli uni degli altri (Gc 4,11),
né lamentarsi gli uni degli altri (Gc 5,9).

Quanta concretezza nell'amore reciproco! Non è un vago sentimento, un semplice «volersi bene», ma un amore serie ed esigente, che attualizza in mille espressioni, fino al punto da giungere a dare la vita gli uni per gli altri.



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