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lunedì 28 novembre 2011

Le armi della luce


«Questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non lasciatevi prendere dai desideri della carne» (Rm 13,11-14).

All'inizio del tempo di Avvento, questo passo della Lettera ai Romani mi pone di fronte, non tanto all'attesa di un evento che ripetiamo ogni anno, pur nella gioia del ricordo della nascita del Figlio di Dio nella carne, quanto piuttosto a riconoscere nell'oggi della storia il "momento" (il kairós) della salvezza, "più vicino ora di quando diventammo credenti".
Indossare le armi della luce è in ultima istanza "rivestirsi di Cristo" e il nostro attendere è un fare memoria, nell'Eucaristia, della Pasqua del Signore, "finché egli venga".
Se da un lato il Signore ci rammenta che non conosciamo il momento del suo ritorno, dall'altra l'apostolo ci conferma che "è ora il momento favorevole", momento che necessita di una conversione radicale, in quell'amore che è compimento della legge.
Vivere nell'attesa del Natale non è sentirsi ripetere una bella storia che ricorre ogni anno ed assumere l'atteggiamento dei bambini che insistono perché continuiamo a raccontare loro la favola che li fa addormentare contenti.
Il nostro fare memoria è "restare svegli", è essere "luce" che attivamente illumina e riscalda, è dare senso al presente perché illuminato dal futuro, è riempire il futuro di speranza perché vissuto nella pienezza dell'oggi.


venerdì 25 novembre 2011

L'attesa vigilante


I domenica di Avvento (B)

Appunti per l'omelia

L'inizio dell'anno liturgico, con la I domenica di Avvento, ci introduce nella contemplazione del mistero del ritorno del Signore Gesù. Già domenica scorsa, nella solennità di Cristo Re, ci siamo imbattuti nella scena evangelica del Giudizio Universale e sulla natura della "sentenza" e le sue motivazioni: l'amore.
È un fatto: noi attendiamo il ritorno del Signore! La Chiesa, quale provvido pedagogo, ci introduce in un tempo che viene definito di "attesa" per la venuta di Qualcuno.
L'Avvento è un tempo di preparazione al Natale, in cui si celebra la prima venuta del Figlio di Dio tra gli uomini; ma è anche, soprattutto in questa prima domenica, il tempo in cui si rende viva l'attesa della seconda venuta di Cristo al termine della storia.
La liturgia ci invita pertanto alla vigilanza, perché, se da un lato aspettiamo, dall'altro incombe l'incertezza di questo ritorno. Attendere significa coltivare la speranza, dare senso al tempo e alla vita, "andare incontro con le buone opere al Signore che viene": si attende qualcuno si desidera ardentemente incontrare, anche se, purtroppo, attanagliati dal desiderio che questo avvenga il più tardi possibile!

Quanto è vero il monito di san Cipriano: «Non dobbiamo fare la nostra volontà, ma quella di Dio. È una grazia che il Signore ci ha insegnato a chiedere ogni giorno nella preghiera. Ma è una contraddizione pregare che si faccia la volontà di Dio, e poi, quando egli ci chiama e ci invita ad uscire da questo mondo, mostrarsi riluttanti ad obbedire al comando della sua volontà! Ci impuntiamo e ci tiriamo indietro come servitori caparbi. Siamo presi da paura e dolore al pensiero di dover comparire davanti al volto di Dio. E alla fine usciamo da questa vita non di buon grado, ma perché costretti e per forza. Pretendiamo poi onori e premi da Dio dopo che lo incontriamo tanto di malavoglia! Ma allora, domando io, perché preghiamo e chiediamo che venga il regno dei cieli, se continua a piacerci la prigionia della terra? Perché con frequenti suppliche domandiamo ed imploriamo insistentemente che si affretti a venire il tempo del regno, se poi coviamo nell'animo maggiori desideri e brame di servire quaggiù il diavolo anziché di regnare con Cristo? Dal momento che il mondo odia il cristiano, perché ami chi ti odia e non segui piuttosto Cristo, che ti ha redento e ti ama?».

Non sappiamo «quando è il momento, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino»: «giungerà all'improvviso»!
Per questo occorre vegliare.
«Ma come vegliare? Innanzitutto, lo sappiamo, veglia bene proprio chi ama. Lo sa la sposa che attende il marito che ha fatto tardi al lavoro o che deve tornare da un viaggio lontano; lo sa la mamma che trepida per il figlio che ancora non rincasa; lo sa l'innamorato che non vede l'ora d'incontrare l'innamorata… Chi ama sa attendere anche quando l'altro tarda.
Si attende Gesù se lo si ama e si desidera ardentemente incontrarlo. E lo si attende amando concretamente…
Proprio perché non sappiamo né il giorno né l'ora della sua venuta, possiamo concentrarci più facilmente nell'oggi che ci è dato, nell'affanno del giorno, nel presente che la Provvidenza ci offre da vivere» (Chiara Lubich).
Sì, ti attendiamo, Signore Gesù, con la lampada della nostra fede accesa e mantenuta viva dall'olio dell'amore!
Noi attendiamo il compimento del tuo progetto d'amore sull’umanità e sul mondo intero. È il nostro vigilare che dà senso alla storia, che è il luogo della rivelazione di Dio, ed illumina la promessa di un mondo nuovo che coltiviamo in cuore.



giovedì 24 novembre 2011

La famiglia diaconale, dono per la Chiesa



Dialogando con persone, che sono sposate e che si preparano al diaconato o che desiderano approfondire questa particolare vocazione, viene spesso in evidenza, soprattutto nelle spose, il coinvolgimento delle rispettive famiglie. Ad un laico, con famiglia e che lavora, anche se ben impegnato nella pastorale parrocchiale, appare evidente quanto sia totalitaria questa chiamata. E questo può provocare turbamento, sospensione, incertezza…
Certo, la vita di coppia e di famiglia potrebbero venir sconvolte ed i ritmi scombinati. Subentra allora un momento di sconforto e di apprensione. Solo un sincero rapporto con Dio può far cogliere, anche in questo un particolare momento di riflessione e di "purificazione", la bellezza di una chiamata, personale e di coppia, ad un servizio che è amore disinteressato per la Chiesa.
Se il sacramento del diaconato viene dato al marito, indubbiamente la chiamata è rivolta alla coppia: la moglie, infatti, con il suo consenso ed in virtù dell'unità derivante dal sacramento del matrimonio, fa proprio quanto viene chiesto al marito da parte di Dio e della Chiesa e vi partecipa con la sua persona, secondo modi a lei propri.
«L'arricchimento e l'approfondimento dell'amore sacrificale e reciproco tra marito e moglie costituisce forse il più significativo coinvolgimento della moglie del diacono nel ministero pubblico del proprio marito nella Chiesa» (Giovanni Paolo II, in Direttorio, 61).


domenica 20 novembre 2011

La rivoluzione dell'Amore



Ho ricevuto, in una lettera circolare, l'invito di Chiara Amirante, fondatrice della Comunità Nuovi Orizzonti, a diffondere lo scritto che qui di seguito riporto: "Desidero condividere con te questo mio scritto e chiederti di farlo girare nel web, perché tanti possano decidere di impegnarsi a rinnovare il mondo con l'Amore!!!".

Con molta gioia faccio dono ai lettori del mio blog.
Per collegarsi al testo in originale (clicca qui):




In questi anni ho provato a restare in ascolto del grido del popolo della notte.

Un grido silenzioso e terribile che ha trafitto il mio cuore ed ha segnato una svolta decisiva nella mia vita. Mi sono immersa in baratri infernali. Mi sono addentrata nei gelidi deserti delle nostre metropoli affollate.

Ho incontrato migliaia di mendicanti di amore, sfregiati nella profondità del cuore. Ho contemplato lo sguardo scintillante di luce purissima di tanti piccoli, depredati della loro innocenza. Ho cercato di ascoltare il grido di chi non ha più voce per gridare, di chi non ha più speranza per poter sognare, di chi ha inseguito la felicità nei paradisi artificiali che seducono l'anima per poi imprigionarla ed ucciderla. Ho voluto mettermi in ascolto delle paure, dei sogni, delle ferite, dei bisogni, delle aspirazioni, dei desideri più profondi di ciascuno.

Ho provato ad ascoltare il cuore!

Sempre, in tutti, più forte di ogni altra voce, il medesimo grido:

HO BISOGNO DI AMORE!! HO UN BISOGNO DISPERATO DI AMARE E DI ESSERE AMATO!!! MA … HO UNA PAURA INDESCRIVIBILE DI AMARE E DI ESSERE AMATO PERCHÉ TROPPE VOLTE MI SONO SENTITO USATO, ABBANDONATO, TRADITO! MI SENTO IMPRIGIONATO IN UNA SOLITUDINE MORTALE E NON VEDO VIA DI USCITA!


Quanta solitudine, tristezza, disperazione, schiavitù comunicazione, del benessere, del "fa' ciò che vuoi"!

Sì, più mi metto in ascolto del grido del popolo della notte più mi convinco che il mondo sta morendo per mancanza di amore. L'uomo del terzo millennio, accecato dalla propria superbia, dalla propria spasmodica ricerca del piacere a tutti i costi, del successo, del denaro, si è prostrato ad adorare il 'vitello d'oro' del proprio io e, nel folle tentativo di esiliare Dio che è l'Amore dalla propria vita, si sta avviando verso l'autodistruzione!

Troppa indifferenza, troppa violenza, troppe ingiustizie, troppi abomini, troppe lacrime di vittime innocenti non raccolte da nessuno, troppa solitudine, disperazione!

Dove è finito l'amore? Dove sono finiti i cristiani?

Non è più possibile restare fermi a guardare l'umanità che continua ad andare alla deriva!
C'è bisogno di amore! C'è bisogno di persone determinate a credere, lottare, vivere perché l'amore possa trionfare sull'odio, la pace possa regnare dove c'è troppa violenza ed indifferenza. C'è bisogno di cristiani che sappiano vivere con grande radicalità il messaggio straordinario di Gesù Cristo, portare la rivoluzione dell'Amore. C'è bisogno di un esercito di cavalieri della Luce, innamorati della Verità, determinati a difendere la Pace, a combattere per la Giustizia, a riaccendere la speranza nelle fitte tenebre delle notti di chi è ferito, scoraggiato, disperato!

Allora mi rivolgo a te, che forse per caso stai leggendo queste mie parole.
A te, fratello e compagno in questo Viaggio che è la vita;
a te che cerchi la verità con cuore sincero e non sei disposto a scendere a compromessi;
a te che sei stanco di questo mondo dell'apparire, che si nutre di applausi, di finzione, di ipocrisia, di maschere;
a te che da sempre desideri rapporti da cuore a cuore basati sul rispetto, la sincerità, la lealtà;
a te che non ne puoi più di accendere la tv ed essere tempestato di notizie di cronaca nera e vuoi piuttosto diventare protagonista di storie di luce;
a te che credi nell'importanza dell' impegno insieme al servizio del bene comune;
a te che senti il sangue ribollire nelle vene quando ti accorgi che troppi mercanti di morte continuano a vendersi l'anima pur di raggiungere i loro squallidi interessi, troppi falsi profeti continuano a gridare le loro menzogne dai pulpiti dei massmedia seducendo e avvelenando intere generazioni;
a te che sei stanco della dittatura del consumismo che ha inquinato con l'usa e getta anche i rapporti più sacri;
a te che vuoi difendere la dignità della donna e riesci ancora a provare un senso di fastidio nel vederla ridotta troppo spesso alla bambolina svestita, oggetto di piacere e di desiderio e non più soggetto di valore e di amore;
a te che credi nell'altezza, nella bellezza della sessualità come linguaggio meraviglioso di amore e non come semplice sfogo dei propri istinti;
a te che preferisci ancora avere un grande rispetto per i sentimenti dell'altro, fare l'amore piuttosto che fare sesso;
a te che non vuoi arrenderti ad un mondo in cui è lecito fare tutto, perché tanto lo fanno tutti;
a te che credi in una libertà che ha come limite e pieno completamento la responsabilità, l'amore, l'attenzione ai diritti e ai bisogni dell'altro, chiunque egli sia, piccolo, povero, emarginato, diverso;
a te che sei stanco di rimanere passivo ed impotente dinnanzi all'avvelenamento del nostro pianeta, al dilagare dell'egoismo, della prostituzione, della violenza, dell'ingiustizia, delle mille dipendenze che imprigionano troppi, dell'anoressia, della depressione, della strage di milioni di vittime innocenti che, in nome di un presunto diritto di ogni bimbo ad essere desiderato, lo priva dell'ancor più fondamentale diritto di vivere la sua vita.


Rivolgo a te un semplice appello con tutto il cuore!

Non scoraggiamoci, non arrendiamoci!

Uniamo le forze, le energie, i talenti, le idee, i progetti e impegniamoci insieme a rinnovare il mondo con l'Amore!!!


Impegniamoci a far sentire la nostra voce per smascherare con coraggio le tante subdole menzogne dei nuovi falsi profeti! Impegniamoci a pretendere il rispetto della natura, del nostro pianeta, dei diritti di ogni essere umano in particolare dei più indifesi.
Lasciamoci arruolare da Gesù nel suo esercito di Cavalieri della Luce e prendiamo sul serio il vangelo, crediamo davvero alla potenza dell'amore. Tutto è possibile per chi ama perché Dio è Amore! Impariamo l'amore da Colui che È l'AMORE!




Sono convinta che è sufficiente un numero anche esiguo di persone

determinate a vivere con radicalità il Vangelo

per suscitare una potente rivoluzione capace di rinnovare il mondo!




L'amore è più forte dell'odio e della violenza, l'amore vince tutto e sempre! Solo chi ha grandi ideali può cambiare la storia e noi vogliamo continuare a sognare, credere, vivere, lottare, mettere sempre tutto il nostro impegno per edificare la CIVILTÀ DELL'AMORE insieme!!


Se vuoi fare parte anche tu dei Cavalieri della Luce iscriviti in:

http://www.cavalieridellaluce.net/

Abbiamo bisogno di te. Il tuo contributo è prezioso!!!


venerdì 18 novembre 2011

Regnare è Servire!


Festa di Cristo Re

Appunti per l'omelia

Alla conclusione dell'anno liturgico la liturgia pone l'accento sulla Regalità di Gesù.
Viene spontaneo chiedersi in che cosa consista questa essere Re di Gesù: è una regalità accostata al suo essere Sacerdote e Profeta.
Gesù è Profeta perché è la manifestazione della Parola di Dio, Lui stesso Parola del Padre. Ci dice chi è Dio e Dio è Amore!
Il momento culmine di questa manifestazione di Dio, dell'amore di Dio, è sulla Croce. Gesù è Sacerdote perché ha offerto al Padre, non qualcosa come i sacerdote del suo tempo, ma se stesso.
Il "laico" Gesù ha espresso pienamente il suo essere Sacerdote nell'offerta di sé, quale "vittima di espiazione"… in Croce.
Gesù è Re perché ha dato la sua vita per ciascuno di noi: sulla croce c'era infatti la motivazione della sua condanna.
Questo suo modo di essere Re potrebbe sembrare di non immediata comprensione per una mentalità moderna. In realtà l'essere Re di Gesù trova la sua espressione vera nel suo essere Servo.
Sappiamo che i discepoli volevano sapere "chi fosse il più grande" fra di loro e sappiamo pure la risposta di Gesù: voi sapete che i grandi hanno il potere sulle nazioni e le dominano… Ma fra di voi non è così! Il più grande fra voi sarà il più piccolo e il servitore di tutti, nella maniera del Figlio dell'Uomo che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la vita in riscatto per tutti.

Chi ha autorità è al servizio!
Gesù ha "servito", offrendo la propria vita: Gesù è Re per questo!
E il suo Giudizio alla fine del tempo sarà solamente sull'Amore, perché solo l'amore rimane, consegnando così al Padre, ricapitolando in sé ogni cosa, il suo Regno d'amore. Un regno non fatto solo di cose materiali, ma soprattutto di persone, di persone in rapporto d'amore: Gesù consegnerà a Dio Padre tutte le genti rinnovate, la cui espressione di vita sarà l'amore.
Dio, che è Amore, può riconoscere e ricevere solo ciò che è Amore: noi appunto saremo giudicati sull'amore.

Nella scena del giudizio finale, quando saremo giudicati sul nostro essere carità nei confronti dei nostri fratelli, la cosa che più sorprende è il fatto che Gesù si identifica con ciascuno di noi. È noi!
È vero: noi diciamo che Lui ritiene fatto a sé qualsiasi cosa fatta al nostro prossimo; ma non nel senso semplicemente umano , come per esempio il marito che ritiene fatto a sé quanto fatto alla moglie e viceversa. Gesù si identifica realmente con ciascuno di noi. Ha assunto realmente tutto di me!
"IO avevo fame… e MI hai dato da mangiare…".
"Io" esprime il soggetto! Come a dire che Gesù e noi siamo un'unica Realtà, un'unica Persona.
Alla fine, Gesù consegnerà al Padre solo se stesso!
E il Padre vede solo il Figlio!


La peculiarità del Regno di Gesù è questa: la realtà dei nostri rapporti rinnovati, che a loro volta rinnovano tutto l'universo.
La nostra parte è semplicemente quella di "essere" concretamente questi rapporti rinnovati, perché la Regalità di cui Gesù parla possa esprimersi in quella diaconia che è servizio reciproco, a livello personale e collettivo: una regalità-servizio che si esprime nella fraternità universale, affinché "tutti siano una cosa".

sabato 12 novembre 2011

Il Diaconato in Italia: Per una nuova evangelizzazione




Del numero 168 della Rivista Il Diaconato in Italia (Per una nuova evangelizzazione: il volto missionario della Chiesa oggi) ho riportato, nel mio sito di testi e documenti, alcuni articoli che ritengo di particolare attualità:






Come evangelizzare il nostro tempo?
di Giuseppe Bellia

Proprio agli inizi degli anni '60 risuonò come salutare provocazione il grido di Madeleine Delbrêl: «Oggi, in un ambiente laico, per vivere da cristiani bisogna evangelizzare. Quando si vive in mezzo a chi non ha fede s'impone una scelta: missione o dimissione cristiana». Insomma o si diventa missionari o si è dimissionari, rinunciando a testimoniare e a consegnare al mondo amato da Dio le ragioni per le quali è possibile sperare ancora. […]
Oggi la situazione non è più la stessa e dal punto di vista dell'evangelizzazione, come ricordava nel 1990 Giovanni Paolo II nella Redemptoris missio, si possono distinguere tre diversi contesti. C'è un'attività missionaria della chiesa rivolta a popoli e territori socio-culturali in cui Cristo e il suo vangelo non sono conosciuti, o in cui mancano comunità cristiane abbastanza mature da poter incarnare la fede nel proprio ambiente e annunziarla ad altri gruppi. Ci sono, poi, comunità cristiane «che hanno adeguate e solide strutture ecclesiali, sono ferventi di fede e di vita irradiano la testimonianza del vangelo nel loro ambiente e sentono l'impegno della missione universale». E infine, si legge nell'enciclica, si trova «una situazione intermedia, specie nei paesi di antica cristianità, ma a volte anche nelle chiese più giovani, dove interi gruppi di battezzati hanno perduto il senso vivo della fede, o addirittura non si riconoscono più come membri della chiesa, conducendo un'esistenza lontana da Cristo e dal suo vangelo». In questo caso, conclude il documento pontificio, c'è bisogno di una «nuova evangelizzazione», o meglio di una «rievangelizzazione».[…] Leggi tutto…


Diaconi per una parrocchia dal volto missionario
di Enzo Petrolino

In uno dei passaggi fondamentali della nota pastorale della CEI dal titolo Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia (30/5/2004; n. 5) si legge: «Il futuro della chiesa in Italia, e non solo, ha bisogno della parrocchia. È una certezza basata sulla convinzione che la parrocchia è un bene prezioso per la vitalità dell'annuncio e della trasmissione del Vangelo, per una chiesa radicata in un luogo, diffusa tra la gente e dal carattere popolare. Essa è l'immagine concreta del desiderio di Dio di prendere dimora tra gli uomini». Con questa nota - dicono i vescovi nell'introduzione al documento - «non si è voluto neanche fare una riflessione generale sulla parrocchia, ma solo mettere a fuoco ciò che è necessario perché essa partecipi alla svolta missionaria della chiesa in Italia di fronte alle sfide di quest'epoca di forti cambiamenti». […]
I diaconi a servizio del popolo di Dio
«Nell'esercizio del suo ministero, il diacono aiuta gli altri a riconoscere e a valorizzare i propri carismi e le proprie funzioni nella comunità; in tal modo egli promuove e sostiene le attività apostoliche dei laici». Il rapportarsi del diacono ai laici nasce dal fatto che egli attraverso la grazia sacramentale è abilitato a recepire le varie necessità, facendo emergere e suscitando servizi e ministeri nel popolo di Dio. Tale posizione che vede il diacono a servizio del popolo di Dio implica che «il diacono, anche se da un lato appartiene al clero in quanto ha ricevuto una ordinazione, dall'altro condivide la vita dei laici i quali lo sostengono come appartenente a loro». Da questa realtà il ministero del diacono, partecipando del sacramento dell'ordine, ha tra i fedeli un'autorevolezza analoga a quella del presbitero; ma nello stesso tempo egli, partecipando della condizione comune del popolo, condivide e comprende i problemi di tutti, aiutando anche i presbiteri in tale comprensione. Certamente il ritmo eccessivamente dinamico e talvolta alienante che caratterizza la nostra società e le nostre comunità ecclesiali svuota della loro carica umana i contatti personali e diretti con la gente, per ridursi ad un caotico incrociarsi di rapporti secondari, senza più punti di contatto e senza possibilità di uno scambio vitale di esperienze e di collaborazione. […] Leggi tutto…



Introduzione a Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia

Nota Pastorale

La Nota della CEI del 30/5/2004 è articolata in due parti. La prima parte, che ha carattere introduttivo, delinea il contesto delle indicazioni pastorali proposte in seguito. […]
Nel testo si è cercato di raccogliere per quanto possibile i suggerimenti emersi dal confronto tra i vescovi, per non perderne la ricchezza e la varietà. […]
Le parrocchie devono essere dimore che sanno accogliere e ascoltare paure e speranze della gente, domande e attese, anche inespresse, e che sanno offrire una coraggiosa testimonianza e un annuncio credibile della verità che è Cristo. […]
Una parrocchia missionaria è al servizio della fede delle persone, soprattutto degli adulti, da raggiungere nelle dimensioni degli affetti, del lavoro e del riposo; occorre in particolare riconoscere il ruolo germinale che per la società e per la comunità cristiana hanno le famiglie, sostenendole nella preparazione al matrimonio, nell'attesa dei figli, nella responsabilità educativa, nei momenti di sofferenza. […]
Le parrocchie non possono agire da sole: ci vuole una "pastorale integrata" in cui, nell'unità della diocesi, abbandonando ogni pretesa di autosufficienza, le parrocchie si collegano tra loro, con forme diverse a seconda delle situazioni - dalle unità pastorali alle vicarie o zone -, valorizzando la vita consacrata e i nuovi movimenti. […]
Una parrocchia missionaria ha bisogno di "nuovi" protagonisti: una comunità che si sente tutta responsabile del Vangelo, preti più pronti alla collaborazione nell'unico presbiterio e più attenti a promuovere carismi e ministeri, sostenendo la formazione dei laici, con le loro associazioni, anche per la pastorale d'ambiente, e creando spazi di reale partecipazione. […] Leggi tutto…



sabato 5 novembre 2011

Il diaconato in Italia: le Interviste



Nei primi numeri di quest'anno della rivista Il Diaconato in Italia, Vincenzo Testa (nella foto), della redazione della Rivista, diacono della diocesi di Gaeta, ha iniziato "una serie di interviste che hanno come filo conduttore il ministero diaconale nel suo dispiegarsi nel quotidiano", col desiderio di "presentare il pensiero, l'opinione e la testimonianza concreta non solo dei diaconi, ma anche le loro spose, magari di vescovi, di sacerdoti, di teologi o altre personalità che a vario titolo hanno conosciuto e conoscono il ministero diaconale".

Ecco le prime tre.
Le varie interviste sono riportate integralmente nel mio sito di testi e documenti.



Gli equilibri di vita
Intervista a Montserrat Martinez Deschamps (n° 166/2011)

Per la nostra prima intervista, abbiamo creduto opportuno colloquiare con Montserrat Martinez Deschamps, sposata con il diacono Aurelio Ortin Montserrat, vive a Barcellona e ha quattro figli e sette nipoti; è laureata in Filologia classica, Filologia inglese e scienze religiose. È direttrice del Servei de Catequesi Mossen Bonet, per la formazione permanente dei catechisti, professoressa di scuola superiore, di inglese e religione nella scuola gesuita "Casp" di Barcellona. È autrice di vari libri per la catechesi e per l'applicazione del Catechismo "Jesus es el Senor". L'ultimo suo libro ha per titolo: "Matrimonio e diaconato nella Chiesa di comunione", edito da Claret nel 2006. […] Leggi tutto…


Poveri, piccoli e diaconi
Intervista a Mauro Albino (n° 167/2011)

Questo mese abbiamo incontrato Mauro Albino che svolge il suo ministero in Guatemala, ma è un italiano della Pia Società di San Gaetano fondata da don Ottorino Zanon (http://www. donottorino.org). Intervistarlo è stata una vera grazia di Dio. Vi invito allora a conoscerlo in questo colloquio che ha le caratteristiche di un "racconto dell'anima". Leggi tutto…


Uscire dal recinto per incontrare l'uomo
Intervista a Luigi Vidoni (n° 168/2011)
(Autore di questo blog. Intervista di cui ho già parlato in precedenza.)

Continuano le nostre interviste: storie di vite vissute custodendo il mistero con grande audacia: A colloquio con Luigi Vidoni diacono della diocesi di Frascati. Leggi tutto…



martedì 1 novembre 2011

Le Beatitudini, unità con i Santi



Solennità di tutti i Santi.
La beatitudine è comunione con Gesù, è comunione con i Santi.
Ne riporto un commento di Enzo Bianchi:

«Essere poveri nello spirito prima ancora di designare un rapporto con i beni, indica la condizione di chi è libero nel cuore a tal punto da sentirsi povero ed è talmente povero nel cuore da sentirsi libero di accettare la propria realtà, libero di accettare le umiliazioni e di sottomettersi ogni giorno agli altri.
Essere capaci di piangere significa conoscere le lacrime che sgorgano non per ragioni psicologiche o affettive, ma perché il nostro cuore freme meditando sulla propria e altrui miseria.
Assumere in profondità la mitezza significa lottare per rinunciare alla violenza in ogni sua forma, nel contenuto come nello stile.
Avere fame e sete che regnino la giustizia e la verità significa desiderare che i rapporti con gli altri siano retti non dai nostri sentimenti ma dall'essere, dal volere e dall'agire di Dio.
Essere puri di cuore è avere su tutto e su tutti lo sguardo di Dio, partecipando della sua makrothymìa, del suo pensare e sentire in grande.
Praticare la misericordia e fare azioni di pace significa essere capaci di dimenticare il male che gli altri ci hanno fatto, a immagine di Dio che non ricorda i nostri peccati (cfr. Is 43,25).
Essere perseguitati e calunniati per amore di Gesù significa avere una prova che si segue davvero il Signore, perché non tutti dicono bene di noi (cfr. Lc 6,26).

Chi si trova in queste situazioni, chi lotta per assumere tali atteggiamenti, ascoltando le parole di Gesù può sentirsi in comunione con lui e così sperimentare la beatitudine: è una gioia profonda, una gioia che si può provare anche piangendo, ma una gioia che niente e nessuno ci può rapire (cfr. Gv 16,23). Allora davvero "noi non siamo soli, ma ci sentiamo avvolti da una grande nube di testimoni" (cfr. Eb 12,1) che ci hanno preceduto, i santi».

(da Gesù, Dio-con-noi, Compimento delle Scritture, Il vangelo festivo (A), Ed. San Paolo 2010, p. 227-228).