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giovedì 24 novembre 2011

La famiglia diaconale, dono per la Chiesa



Dialogando con persone, che sono sposate e che si preparano al diaconato o che desiderano approfondire questa particolare vocazione, viene spesso in evidenza, soprattutto nelle spose, il coinvolgimento delle rispettive famiglie. Ad un laico, con famiglia e che lavora, anche se ben impegnato nella pastorale parrocchiale, appare evidente quanto sia totalitaria questa chiamata. E questo può provocare turbamento, sospensione, incertezza…
Certo, la vita di coppia e di famiglia potrebbero venir sconvolte ed i ritmi scombinati. Subentra allora un momento di sconforto e di apprensione. Solo un sincero rapporto con Dio può far cogliere, anche in questo un particolare momento di riflessione e di "purificazione", la bellezza di una chiamata, personale e di coppia, ad un servizio che è amore disinteressato per la Chiesa.
Se il sacramento del diaconato viene dato al marito, indubbiamente la chiamata è rivolta alla coppia: la moglie, infatti, con il suo consenso ed in virtù dell'unità derivante dal sacramento del matrimonio, fa proprio quanto viene chiesto al marito da parte di Dio e della Chiesa e vi partecipa con la sua persona, secondo modi a lei propri.
«L'arricchimento e l'approfondimento dell'amore sacrificale e reciproco tra marito e moglie costituisce forse il più significativo coinvolgimento della moglie del diacono nel ministero pubblico del proprio marito nella Chiesa» (Giovanni Paolo II, in Direttorio, 61).


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