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martedì 8 marzo 2011

La vita, come una retta


Nella casa-soggiorno per anziani, dove presto il mio servizio pastorale, incontro sempre l'amico N. col quale intrattengo conversazioni veramente piacevoli. Per suo esplicito desiderio, questo nostro discorrere non deve mai scadere nei soliti banali argomenti, ma deve essere una occasione per poterci scambiare pensieri ed aspirazioni che possano arricchire il nostro spirito.
L'amico non frequenta la chiesa, ma ha una altissima considerazione di Gesù.
L'altro giorno, in questo nostro conversare, ci siamo soffermati su una sua affermazione circa cosa ci si aspetti dopo questa vita; cioè, se effettivamente c'è un "dopo", ci deve essere anche un "prima".
Amante delle scienze e di quanto c'è in natura e nell'universo, nel contemplarne la perfezione (Dio non poteva creare di meglio!), paragonò la vita umana, non ad una semiretta, ma ad una retta. La semiretta va verso l'infinito, ma ha anche un inizio. Ed è in questo punto d'inizio che manifesta la sua imperfezione.
La retta invece è perfetta, perché è inabissata, nelle sue direzioni, nell'infinito.
Solo così Dio può aver pensato e creato l'uomo, perfetto nella sua dimensione, come la retta.
È venuto spontaneo a questo punto pensare, con una certa soddisfazione spirituale ed intellettuale, alla nostra vita, che va dall'eternità all'eternità: noi siamo da sempre nella mente di Dio, siamo entrati nel tempo nell'esperienza di questa vita, ci portiamo e consegniamo a Dio dopo la morte.
Spontanea la domanda: è vero tutto questo? Ed un altro interlocutore interviene: ci vuole la fede…
Lasciandoci, mi è venuto spontaneo rispondere: per saper e conoscere la verità, dobbiamo morire, fare l'esperienza della morte.
E tutti: la morte allora è come un parto per la vita!


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