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domenica 6 febbraio 2011

Spiritualità e diaconia politica


Ho riportato nel mio sito di testi e documenti, nella sezione Diaconato, l'articolo di Giuseppe Bellia, dal titolo Spiritualità e diaconia politica (Il Diaconato in Italia, n° 163).
Ne trascriverò qui alcuni stralci, spunti per una riflessione, che mi pare assai importante per chi è chiamato ad esprimere un servizio qualificato nella comunità.

«La spiritualità è frutto dello Spirito e si dispiega nel vissuto delle persone e nella storia del mondo, assecondando il duplice movimento della memoria e della profezia, del ricordo e dell'attesa verso la conoscenza piena dell'amore di quel Dio che non si impone al nostro cuore con l'evidenza della sua onnipotenza, ma si degna di venire a noi con l'inevidenza discreta della parola, dell'eucaristia, dei poveri in cui si nasconde. La spiritualità del discepolo è quindi docilità all'ascolto, custodia fedele del cuore, prontezza di obbedienza nella sequela che si traduce, quasi da se stessa senza ricercare chissà quali mezzi (vedi Mc 4,26-29), nella vita, nella storia, in una novità di relazione con Dio e con il prossimo».

Nel particolare, l'autore dell'articolo, cita la testimonianza di Sturzo, Lazzati, La Pira e Dossetti, quale testimonianza di "carità politica" dei nostri tempi.

«La partecipazione alla vita politica è stata incoraggiata come servizio al prossimo, come esemplare esercizio di carità cristiana. Come non ricordare oggi le parole di don Luigi Sturzo: "È necessario creare o ricreare l'atmosfera della moralità cristiana nella vita pubblica e questo non può essere fatto che dai veri cristiani. Se questi, invece di cooperare, si tengono in disparte per paura della politica allora partecipano direttamente o indirettamente alla corruzione della vita pubblica, mancano negativamente o positivamente al loro dovere di carità, e in certi casi di giustizia".
Giuseppe Dossetti, commemorando quella sentinella profetica che è stata per la cristianità italiana la figura di Lazzati, aveva ricordato che l'impegno politico dei cattolici non poteva essere altro che un modo precipuo e personalizzato di servizio dettato da un instancabile spirito di conversione (cf. Is 21,11-12). Senza del quale i cattolici impegnati in politica non possono adempiere il loro compito proprio di riordinare le realtà temporali in modo conforme all'evangelo, esposti come sono al ricatto di uno sterile spirito di vanagloria che ricerca il proprio interesse e non il bene comune. (…).
Quale allora la cura, quale la disciplina per conciliare sequela e impegno politico? La risposta è netta e discriminante: una prima condizione è che non si dà una vocazione alla politica, non c'è una missione a fare, nessuno è "chiamato" a comandare; la seconda condizione è la gratuità del servizio, la non professionalità dell'impegno. Sentirsi chiamati a dirigere più che un manco di modestia è una menzogna che serve a giustificare la sete di potere; allo stesso modo, dove incomincia una professionalità dell'impegno cessa anche la parvenza di una missione e la possibilità stessa di un fare creativo. Allora diventano possibili tutte le degenerazioni. (…).
La "differenza" cristiana non consiste nell'affermare sugli altri una propria, presunta, superiorità etica, spirituale o culturale, per difendere e giustificare l'esercizio del proprio potere; ma nel riaffermare la verità di Dio "dal punto più basso" (Sal 130,1), cioè dall'estremo stato di abbassamento e di svuotamento raggiunto dal Figlio in quella condizione di obbedienza del servo crocifisso, contemplata dalla primissima fede cristiana (vedi l'inno prepaolino di Fil 2,6-11). Servire gli ultimi da ultimo e i fratelli da fratello è la condizione necessaria che permette la mediazione di una vera diaconia politica che, non operando per rivalità o per vanagloria, mira a edificare la fraternità cercando non l'interesse proprio, ma quello degli altri che poi non è altra cosa che avere gli stessi sentimenti di Cristo Gesù (cf. Fil 2,3-5).
Questa eccezionale lezione profetica, questa esemplare eredità di sapienza, questa mirabile opera di diaconia politica, oggi, da chi è stata raccolta?».

E il richiamo alla diaconia ordinata è quanto mai opportuno, riferendolo alla testimonianza di La Pira, il "sindaco santo":
«A questa singolare e benedetta opera di mediazione che annuncia la speranza si deve appassionare il ministero ordinato e la testimonianza dei cristiani.
I diaconi in particolare, come "ministri della soglia" che mettono in contatto il dentro e il fuori della Chiesa, collegandola al mondo, unendo vicini e lontani, avrebbero molto da apprendere…».
Essere sale cha dà sapore e luce che dipana le tenebre: animazione di quella diaconia che fa dei cristiani "anima del mondo"!


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