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mercoledì 7 aprile 2010

Vivere della risurrezione, oltre ogni fede


Mi ritornano alla mente, in questo periodo di Pasqua, alcuni pensieri che l'amico Tanino Minuta ha lasciato nel suo blog:
«Gesù risorge nella tua vita, oppure sei tu che risorgi in Lui?
Fai un gesto di sempre, come prepararti un caffè,
aprire una finestra e ti accorgi di essere un altro.
Sei un altro perché qualcuno ti ha comprato, si è impossessato di te.
Guardi con i tuoi occhi gli oggetti che conosci
e ti rendi conto di essere distante dalle cose.
Cosa ti è successo?
Anche se tentassi una risposta, mai l'avresti.
Nella tua vita si è impiantato un Altro e...
paradossalmente soltanto ora la tua immagine è perfettamente a fuoco.
Questa è la tua Pasqua!».

… E la risposta di un suo lettore, Saverio, che ritiene di non avere la fede di Tanino ("Io non ho la fede che traspare dal tuo modo di vivere la vita", in "Qual è la verità?"), che scrive: "Per te risurrezione vuol dire la capacità che l’uomo ha di amare gli altri. Hai fatto centro! La risurrezione, come la fede, non è spiegabile. Si può soltanto farne esperienza".

Di fronte a questo dialogo mi viene spontaneo considerare il rapporto che può esistere tra il credente e chi non si ritiene tale, ma che mantiene rapporti costruttivi con tutti, perché ognuno, nel proprio posto, contribuisce alla fraternità tra gli uomini.

Abituati ad un approccio "teorico" della fede e della risurrezione, spesso contribuiamo ad innalzare steccati tra coloro che vivono all'interno del "recinto sacro" e coloro che, immersi nel mondo, sono alla ricerca di una luce che esprima la verità e dia seno alla vita nel suo contesto concreto.
Viene da concludere che l'importante è "vivere" in questa dimensione positiva, sapendo che "questa vita", produce speranza e dà senso all'esistenza umana.
È già fede questa? È sicuramente condizione per ricevere il dono della fede. Un non credente, quando esprime il suo vivere così, con categorie che potremmo dire di matrice evangelica, è già immerso nel fiotto di vita che circola tra coloro che credono che Gesù è risorto ed è vivo in mezzo a loro.
Una persona che si definisce non credente e che accetta di condividere con i credenti uno stile di vita che nasce dall'amore reciproco, dall'originaria "regola d'oro" di "fare agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te", ha deciso già di seguire quella luce che per i cristiani è la persona di Gesù.
A questo punto gli steccati sono già abbattuti e l'impegno nostro è quello di non lasciarsi coinvolgere dalla tentazione subdola di costruirne altri, mascherati magari dall'egoistico desiderio di difesa di una verità, di cui non siamo padroni ma della quale siamo solo depositari e di cui dobbiamo rendere conto, come nella parabola dei talenti.
Impariamo così a "convivere" con persone che non la pensano del tutto come noi, ma che sono state comunque toccate dalla luce che proviene da quel sepolcro vuoto, da una morte che è stata sconfitta.
Quante volte anche noi abbiamo vissuto e partecipato della vita di un gruppo di persone senza aver mai incontrato l'animatore di quel gruppo? Noi abbiamo creduto, senza vedere, perché affascinati dalla vita di coloro che erano portatori di quella luce.
Così è dello "Spirito" che anima una vita vissuta così, perché è vivo ed operante in una comunità, che diventa ed è il "luogo" dell'incontro e della condivisione.



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