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domenica 21 febbraio 2010

La nudità della fede


La terza tentazione di Gesù ci fa capire cosa sia l'obbedienza di Gesù: "un salto nel buio". Claudio Arletti nel suo commento scrive: «… La terza tentazione mina la base stessa della posizione di Gesù. Il diavolo vuole che il Cristo verifichi la propria figliolanza a fronte della promessa di Dio di proteggerlo. (…) Eppure, che cos'è l'obbedienza di Gesù se non un salto nel buio? È la vertigine della fede: credere in Colui che è presenza, senza esigere una prova immediata e tangibile. Sarà la vertigine del Golgota: là il Figlio affiderà il proprio spirito nelle mani del Padre quando esse l'hanno apparentemente abbandonato… La terza tentazione esige come unica reazione la nudità della fede. (…) La fede è attesa, dilazione nella pretesa che il Padre agisca secondo tempi e modalità che potremmo anche pretendere come legittimi proprio in base alla sua Parola. Nella terza tentazione c'è tutto il dramma della Pasqua, delle nostre preghiere inascoltate, del nostro sconforto davanti al silenzio di Dio, del nostro non comprendere».

La spiritualità del diacono ha il suo modello nel Cristo servo, in Colui che "non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti". Il dramma della croce e dell'abbandono del Figlio di Dio sono l'icona del suo "essere per gli altri", la ragione del suo operare: essere quel "nulla d'amore" che è tramite per il dono della vita che viene da Dio. Gesù nel mistero del suo abbandono è quella «porta spalancata, pienamente aperta sulla Trinità. Là dove la porta del Cielo sembra chiudersi per lui, egli diviene la porta del Cielo per tutti noi. Gesù abbandonato è la porta attraverso la quale avviene lo scambio perfetto tra Dio e l'umanità: fattosi nulla, unisce i figli al Padre. È quel vuoto (il vano della porta) per cui l'uomo viene in contatto con Dio e Dio con l'uomo» (Chiara Lubich, da Città Nuova, 2/2010).

L'esperienza che Gesù fa della morte è l'«atto ultimo di fede nell'amore del Padre, che non può abbandonarlo, (…) è l'atto più alto di conoscenza che un uomo possa fare… Atto fondamentale della nostra vita: credere che la fede è conoscenza, ed è conoscenza là dove non può arrivare la conoscenza; è fidarsi dell'altro che amiamo. L'altro non può dirmi perché mi vuol vene, e io gli voglio bene. Ecco, questo atto di amore, portato alle ultime conseguenze è l'atto di fede. "Beati quelli che credono senza vedere!"… È l'esperienza di Gesù che, abbandonato da Dio, crede in Dio, abbandonato dal Padre, si rimette al Padre…» (dagli appunti ad una conversazione di don Silvano Cola, amico e maestro, scomparso tre anni fa).


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