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lunedì 5 ottobre 2009

Una famiglia come le altre, ma…


Ripensando al vangelo di domenica scorsa (Mc 10,2-16) sul progetto di Dio sulla famiglia, mi viene spontaneo guardare alla mia, che, pur essendo una famiglia come tutte le altre con tutti i suoi limiti, le difficoltà che tutti incontrano e con tutte le sue gioie, ha ricevuto anche il dono del ministero diaconale; un dono di cui non ringrazieremo mai abbastanza.
Ho avuto modo di parlarne in questo blog: vedi per esempio gli interventi raggruppati in "famiglia diaconale" ed il primo (per conoscerci, la nostra esperienza) con cui ho aperto questo "lavoro" ed abbiamo raccontato l'inizio di questa nostra "avventura".
Il segreto è la preziosità dell'esperienza di essere, nella nostra naturale e spirituale diversità, una "cosa sola". La "stessa carne", di cui parla il vangelo, è una realtà oggettiva, ma di cui si prende progressivamente coscienza col "viverla" giorno per giorno.
Alle volte mi viene chiesto come faccio a conciliare il mio essere sposo e padre con il mio essere diacono: non è una questione di tempo da suddividere tra famiglia e chiesa, quanto piuttosto un essere, nel momento presente, la stessa realtà, sia nel pubblico che nel privato: essere me stesso, con la medesima disponibilità e il medesimo stile di servizio e di attenzione verso gli altri, sia che siano figli o moglie o persone della parrocchia o colleghi di lavoro.
Fin da quando ci siamo conosciuti, mia moglie ed io, abbiamo sentito la necessità di comunicarci sempre tutto quello che ci veniva in cuore, con molta libertà in modo da aiutarci reciprocamente anche a limare certe nostre “spigolature” che ciascuno ha. Però questo venirci incontro l’un l’altro non era uno scendere a compromessi, ma un aiutarci a scegliere meglio e prima di tutto Dio, che sentiamo avere il primo posto nella nostra vita: abbiamo avuto la fortuna di capire da subito che il nostro "essere insieme" nasceva e si sviluppava a partire dal nostro personale rapporto con Dio.
Per questo dialogo che c’era tra noi è stato spontaneo, da parte mia, comunicare a mia moglie Chiara quanto sentivo in cuore riguardo alla chiamata al diaconato. È stata una progressiva scoperta e conoscenza reciproca.
Insieme ci confrontiamo quotidianamente, sforzandoci di andare al di là dei nostri limiti, perché la forza della nostra unità nasce dalla comunione con la Parola vissuta e comunicata, con semplicità, nella gioia e nel dolore che ogni famiglia sperimenta, nelle delusioni che la nostra vocazione ecclesiale comporta e nella gratitudine per aver ricevuto un dono così grande, sperimentando così che l'essere "una sola carne" è essere "uno" in Gesù che ci ha uniti e come tali ci vede.
Solo in questo contesto si può comprendere nella sua pienezza il consenso che viene richiesto alla moglie per l'ordinazione diaconale del marito.
È straordinario costatare come le persone si accorgano se nella mia vita di diacono, nelle parole che dico, nelle omelie che faccio, è presente la persona di mia moglie; se la mia vita evangelica che cerco di trasmettere non è solo mia, ma è frutto della nostra unità.
Sperimentiamo così la bellezza della famiglia diaconale, che sentiamo speciale, perché, famiglia come tutte le altre, è però al servizio non solo della comunità in cui si è presenti, ma anche al servizio del mondo sacerdotale, per il legame profondo che attraverso il marito diacono ha con il sacramento dell'ordine.


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