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mercoledì 2 settembre 2009

Quel Dio che si è umiliato


Dio si è umiliato, abbassato, per indicarci la via da seguire.
Scrive sant'Agostino: «Ci ha mostrato la via dell'umiltà quella per la quale si è incamminato lui stesso. Infatti ci ha tracciato la via dell'umiltà con il suo insegnamento e l'ha percorsa fino in fondo soffrendo per noi…
"Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14). L'immortale assunse la mortalità, per poter morire per noi e distruggere in tal modo con la sua morte la nostra morte…
Lui che è grande si è umiliato, umiliato fu ucciso, ucciso risuscitò e fu esaltato per non lasciare noi nell'inferno, ma per esaltare in sé, nella risurrezione dai morti, coloro che in questa terra aveva esaltati soltanto nella fede e nella confessione dei giusti. Dunque ci ha chiesto di seguire la via dell'umiltà: se lo faremo daremo gloria al Signore» (dai Discorsi – Disc. 23 A).
Dio dunque si è abbassato… Il Figlio di Dio si è fatto "diacono" per noi…
Dio rivelandosi, manifestandosi, non può che abbassarsi: l'esperienza che possiamo avere di Dio è fondata sul fatto che Lui si è abbassato fino a noi: "Vi ho dato l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi" (Gv 13,15).
Questa è l'icona del mio essere diacono! …sapendo che bisogna morire per dare frutto (cf Gv 12,24).
Si risorge, non solo per sé, ma, come Gesù, perché tutti quelli che "ci sono stati affidati" risorgano con noi. Gesù non risorge e non ascende al cielo semplicemente perché ha vinto la morte ed ha dato senso alla nostra esistenza, ma per portare tutti noi con Sé, nella Vita.
Nell'esperienza del "già e non ancora" ogni piccola o grande morte porta con sé nella vita, nella "risurrezione", tutti noi che insieme abbiamo vinto la morte, perché abbiamo dato la vita uno per l'altro.
Il mio essere diacono nella comunità, il mio andare incontro a chi è nel dolore e nella povertà, il mio "chinarmi" verso il fratello che Dio mi ha messo accanto, ha un unico scopo: non rimanere nel dolore, nella morte, ma risorgere ed entrare nella vita, che è l'amore, assieme a quelli abbiamo amato e vicendevolmente ci siamo lasciati amare.
Se l'identità del mio essere diacono si esprime in questo "nulla" vissuto nell'amore, allora il mio risorgere, e quindi il mio "essere", si rende manifesto nella "vita" che la comunità esprime.


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