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domenica 1 marzo 2009

Ritiro: Il cammino quaresimale

Oggi, prima domenica di Quaresima, ritiro con la comunità del diaconato della diocesi di Velletri-Segni.
Il tema trattato dal vescovo mons. V. Apicella verteva su "Il cammino quaresimale".
Riporto alcuni pensieri e riflessioni.
Innanzitutto la serietà di un cammino quaresimale non fine a se stesso, con risvolti puramente moralistici o solamente individuali, ma che mi coinvolga pienamente nell'incontro col Signore Risorto, personalmente ed in relazione alla comunità che sono chiamato a servire. Il digiuno e tutte le pratiche quaresimali mi inseriscono così più pienamente nel mio servizio alla Chiesa.
Il digiuno visto, non tanto e non solo, come pratica penitenziale di mortificazione del corpo con la tentazione di sentirmi a posto dopo averlo effettuato, vanificando ogni grazia ad esso legata; ma come uno strumento adatto, affinché tutta la mia persona, corpo e spirito armonicamente congiunti, possa incontrare Dio ed in Lui l'umanità che incontro. Il corpo serve allo spirito per esprimersi e relazionarsi. In questa visione positiva della realtà il digiuno mi appare come un mezzo per entrare in equilibrio con me e con gli altri: se mi sacrifico troppo rischio di non essere presente a me stesso ed in grado di amare concretamente gli altri; come, al contrario, se eccedo nel cibo od in altro, mi appesantisco e con più difficoltà posso esprimere la mia carità.


Ci ha toccato la preghiera del diacono san'Efrem, che la chiesa d'Oriente recita nei giorni di quaresima: «Signore e Sovrano della mia vita, non darmi uno spirito di ozio, di scoraggiamento, di desiderio di potere, di parlare vano.
Ma concedi al tuo servo uno spirito di castità, di umiltà, di pazienza e di amore.
Si, Signore e Re, dammi di vedere le mie colpe e di non giudicare il mio fratello, perché tu sei benedetto nei secoli dei secoli. Amin
».
Quanto chiediamo nell'espressioni negative (ozio, scoraggiamento, potere, vaniloquio) mi hanno richiamato ad una situazione che ho costatato essere ricorrente in quei diaconi che non si sentono gratificati nel loro ministero. Infatti, quando vien loro tolto lo spazio di azione si trovano a non saper cosa fare, tentati di "tirare i remi in barca", e si scoraggiano. Ma per non morire, si creano una propria attività pastorale, un proprio campo di azione in cui "essere qualcuno", dove purtroppo molto spesso non si parla sapienza, perché manca quella carità che nasce dall'essere in comunione nella parte di chiesa in cui Dio ci ha messi a servire.
È una tentazione che spesso non superiamo! La nostra "castità" invece ci fa essere puri, limpidi, in Dio, pieni di sapienza, partecipi della castità di Dio; e quindi pieni di umiltà e di quella carità che, perché vera, porta all'unità, a costruire la comunità.


Infine le parole di sant'Agostino sulle tentazioni di Gesù ci hanno fatti sentire di appartenere all'unico Corpo di Cristo, nel quale siamo tutti, nella nostra umanità e nella nostra divinità.
«La nostra vita in questo pellegrinaggio non può essere esente da prove e il nostro progresso si compie attraverso la tentazione. Nessuno può conoscere se stesso, se non è tentato, né può essere coronato senza aver vinto, né può vincere senza combattere; ma il combattimento suppone un nemico, una prova.
Pertanto si trova in angoscia colui che grida dai confini della terra, ma tuttavia non viene abbandonato. Poiché il Signore volle prefigurare noi, che siamo il suo corpo mistico, nelle vicende del suo corpo reale, nel quale egli morì, risuscitò e salì al cielo. In tal modo anche le membra possono sperare di giungere là dove il Capo le ha precedute.
Dunque egli ci ha come trasfigurati in sé, quando volle essere tentato da Satana. Leggevamo ora nel vangelo che il Signore Gesù era tentato dal diavolo nel deserto. Precisamente Cristo fu tentato dal diavolo, ma in Cristo eri tentato anche tu. Perché Cristo prese da te la sua carne, ma da sé la tua salvezza, da te la morte, da sé la tua vita, da te l'umiliazione, da sé la tua gloria, dunque prese da te la sua tentazione, da sé la tua vittoria.
Se siamo stati tentati in lui, sarà proprio in lui che vinceremo il diavolo. Tu fermi la tua attenzione al fatto che Cristo fu tentato; perché non consideri che egli ha anche vinto? Fosti tu ad essere tentato in lui, ma riconosci anche che in lui tu sei vincitore. Egli avrebbe potuto tener lontano da sé il diavolo; ma, se non si fosse lasciato tentare, non ti avrebbe insegnato a vincere, quando sei tentato
» (dal Commento ai Salmi, Sal 60).




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