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martedì 31 marzo 2009

Dialogo e Conversione

Ho inserito un mio intervento al blog di Paolo De Martino (Centro Studi Sociali) sul tema della "conversione" in occasione della trasmissione su primantennatv di Torino, nel programma in diretta ogni martedì alle 21.

Si legge:«La conversione non riguarda solo i non credenti, o quelli che si dichiarano "laici". Tutti indistintamente abbiamo bisogno di convertirci. Convertirsi non significa tornare indietro, ma significa piuttosto fare un balzo in avanti».

Pensando al tema della conversione mi è venuto spontaneo andare oltre al luogo comune di un cammino specifico di fede, ma di considerarlo piuttosto come una condizione essenziale per la nostra convivenza umana, al di là di un determinato cammino di fede, anche se questo aspetto è molto importante e non secondario.
Innanzitutto uno si converte (e quindi fa un balzo in avanti) per il semplice fatto di essere una persona.

Ho scritto nel mio intervento: «Quando si parla ci conversione si pensa subito a qualcosa che ha a che fare con la fede e comunque con una situazione "disordinata", per cui si dice "Si è convertito… Mi sono convertito…".
Infatti, risuona all’orecchio (soprattutto in questo periodo quaresimale) il monito evangelico "Convertitevi e credete al vangelo…".
È anche così. Ma non necessariamente in questa forma, e non per tutti allo stesso modo. La conversione esige innanzitutto un cambio di mentalità, una metànoia si direbbe; e questo non implica necessariamente un percorso di fede, come comunemente si può intendere.
Se la fede è un dono di Dio, non dipende da noi. Noi, semmai, ci disponiamo eventualmente a ricevere questo dono, ne prepariamo le condizioni.
Ad ogni modo la conversione è una cosa che riguarda tutti. Tutti, perché persone, siamo chiamati a dare senso al nostro essere, al nostro esistere: non solo al senso personale, preso individualisticamente, ma al mio esistere nella relazione con gli altri.
L’uomo trova nella relazione con gli altri il senso della propria vita. È la base di ogni dialogo; è l’urgente necessità di ogni conversione, a tutti i livelli».

A questo proposito vorrei citare il pensiero di Massimo Cacciari sulla "Ricerca della verità nella relazione". Prendo alcuni passi da un articolo apparso sul numero del 20 marzo scorso del Settimanale della Diocesi di Trieste, Vita Nuova:
«"Cos’è la laicità? È un colloquio continuo con l’altro, che consente di capire al meglio la realtà e, insieme, se stessi. (…) Io mi sono mosso per anni pensando che laicità fosse la cosa di cui abbiamo parlato (...) e che religione fosse sostanzialmente superstitio, superstizione. Ma per una ragione che non voglia scadere nel razionalismo, la verità non può lasciare fuori la dimensione che eccede la razionalità. Sennò non sarebbe razionale: come faccio a concepire la verità se la verità fosse solo una parte del tutto?".
Così la verità, per il laico, non sta più solo nelle idee, ma anche nelle persone: "Anche in quella Persona lì (in Gesù Cristo). (…) E come Deus est relatio, come Dio è relazione, così il metodo della ricerca della verità è la relazione. Il concetto di relazione deve essere carne e sangue del cristianesimo".
La relazione che è metodo valido per la ragione, tanto del laico credente che del non credente: "Certo, nel credente ci sarà un’eccedenza rispetto al non credente, ma anche il filosofo non credente può approssimarsi, per via di relazione, all’essenza del cristianesimo"».


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