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lunedì 22 dicembre 2008

Verginità feconda

Riporto un passo del commento di Claudio Arletti sulla Parola di ieri, quarta domenica di Avvento (cf Vita Pastorale, n. 11/2008): Maria, invitata a gioire, è colei che è stata "graziata".

L'angelo si rivolge a una vergine di nome Maria (v. 27). Elisabetta, invece, è sterile, come tutte le matriarche dell'AT. La persona umana è sterile, perché non può produrre da sé il proprio futuro. Noi possediamo la vita, ma non siamo la vita. Noi abbiamo futuro se accogliamo Dio, vita eterna. Vergine è la persona umana che accoglie il futuro da Dio invece di cercare di fabbricarselo, rimanendo sterile. Questo separa l'irreprensibile Elisabetta dalla Vergine Maria.
La verginità allude simbolicamente anche all'attitudine per il vero ascolto. Se ci pensiamo, ogni rapporto vero nella comunicazione è un rapporto "vergine". C'è ascolto autentico quando accogliamo l'altro senza sovrapporre le nostre idee o le nostre impressioni, in maniera appunto "vergine". Così giungiamo ad avvicinarci alla sua realtà e ad accoglierla. Quando ascoltiamo davvero "concepiamo" l'altro. Ci entra nell'intelligenza e nel cuore. La vera concezione è quella dell'orecchio. Una persona esiste solo se la ascoltiamo. Colui che è ignorato è come se non esistesse.


Il "vergine" è colui che genera per davvero la VITA, perché partecipe della verginità di Dio, di cui Maria ne è il Segno meraviglioso.
Il "farsi uno" col prossimo, con l'altro che mi passa accanto, con chi condivide la mia vita quotidiana e di ministero – in una parola "essere l'altro" (che comporta il mio "non-essere") – è il genuino atteggiamento di chi accoglie Dio in sé e lo ridona non adulterato, affinché la Vita possa sgorgare in pienezza in tutti.
L'amore vero, genuino, fecondo è vergine!


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